Dopo l'austerità

Dopo l'austerità Dopo l'austerità Un primo bilancio, ovviamente provvisorio, sugli incidenti stradali del «ponte» pasquale in Italia, parla di morti (per fortuna un numero inferiore alla « media » degli esodi) e di feriti. Le cifre del dolore possono cambiare, ma la triste realtà rimane sempre la stessa, il consuntivo — che è appunto una sommatoria di dolore, di danni materiali e morali, di responsabilità civile e sovente penale — dei giorni di vacanza, ripropone ogni volta uguali motivi di riflessione. Una pausa appena più lunga dei consueti weekends, attesa con gioia come rituale occasione rigeneratrice in coincidenza con l'inizio di una sia pur incerta primavera, ed ecco ripresentarsi i problemi consueti degli spostamenti di massa sulle strade. Protagoniste immutabili le tre componenti del traffico: l'automobile, la strada e soprattutto l'uomo al volante, arbitro e responsabile — individualmente e collettivamente — delle conseguenze del traffico stesso, del grado di sicurezza o pericolosità della circolazione, del concorso nelle premesse degli incidenti. Tuttavia, questa volta si inserisce nel quadro un elemento nuovo e non casuale, che può contribuire a dare una risposta ai molti «perché» rimasti sospesi nelle cronache del giorno dopo e probabilmente anche nei ver bali delle forze dell'ordine (nulla che non sia scontato: sorpasso imprudente, mancato rispetto della segnaletica o delle precedenze, abbagliamento notturno stato di ebbrezza, etc). Il fatto nuovo è questo, che il lungo weekend di Pasqua è stato il primo con circolazione liberalizzata dopo i molti mesi di austerità festiva, assoluta o parziale: un momento atteso con impazienza e immediatamente tradotto nella fuga massiccia dalle città. Quasi un improvviso ritrovarsi fuori dal tunnel delle ri¬ nunce (a dispetto del caro-benzina e del caro-svago), una specie di ubriachezza collettiva forse irrazionale ma comprensibile. Ed ecco proporci la domanda: vale questa motivazione a spiegare il numero di incidenti degli ultimi tre giorni, oppure le cifre vanno interpretate in freddo senso statistico, cioè in termini numerici (quantità di veicoli circolanti) e di percorrenze individuali, con conseguente diretta influenza sul rapporto veicoli-incidenti? Data per scontata quest'ultima ipotesi, ch'è legge statistica immutabile (la legge dei grandi numeri), non ci può essere dubbio che nel determinismo dei sinistri pasquali un certo valore di causa-effetto sia individuabile nelle ragioni psicologiche accennate. Per i più, non si è certo trattato di una sorta di « dissuefazione » alla guida in presenza di traffico intenso, ma è lecito ammettere che la riscoperta della libertà di circolazione abbia innescato negli individui psichicamente più fragili comportamenti irragionevoli o arbitrari. Lungi da noi l'idea di fare noiosi sermoni, ben sapendo come siano accolti con indifferenza, se non con fastidio, su come ci si deve e non ci si deve comportare sulla strada. La casistica degli incidenti basterebbe da sola a suggerire le norme di prevenzione dei pericoli della circolazione, ma genericamente occorrerebbe convincersi che la pura fatalità non esiste o quasi: dietro di essa c'è per solito un errore umano, un'imprudenza, una precisa responsabilità. Per tanti motivi ci si augura che al più presto possano venire abolite le parziali restrizioni al traffico automobilistico, ma si vorrebbe pure che del tempo di sacrifici non si rimpiangesse almeno questo elemento positivo: il numero delle vittime della strada risparmiate. Ferruccio Bernabò

Persone citate: Ferruccio Bernabò

Luoghi citati: Italia