incompleta per i futuri enotecnici?
incompleta per i futuri enotecnici? incompleta per i futuri enotecnici? In un futuro, forse anche abbastanza prossimo, saremo costretti a cercare all'estero i tecnici che curino praticamente le nostre vigne, preparino e conservino I nostri vini e dirigano le nostre aziende e le nostre società enologiche? Dovremo, dunque ripercorrere le orme di Cavour che, per ammodernare i suoi vigneti di Grinzane e per impiantarne di nuovi, fece venire dalla Francia lo specialista Louis Oudard? Il grido d'allarme, che veramente sgomenta chi ha a cuore le questioni della vite e del vino, si è levato, perentorio, ad Alba, dove dal 1881 funziona l'Istituto Tecnico Agrario Statale Specializzato per la Viticoltura e l'Enologia, ed è rimbalzato, ampliandosi, da Conegliano a Marsala, da San Michele all'Adige ad Avellino, da Catania a Locorotondo ad Ascoli Piceno, sedi di altrettanti Istituti ugualmente specializzati. E i timori espressi dai responsabili di tali scuole ci sembrano, purtroppo, seriamente fondati. Già essi lamentano che le condizioni in cui operano oggi gli Istituti siano estremamente più difficili che non nel recente passato a causa di una serie di provvedimenti, definiti negativi, sui quali, per ragioni di spazio, non ci è possibile soffermarci, ma guardano soprattutto con animo scoraggiato al futuro che, se certi progetti di legge verranno approvati, si presenta ancora più buio. Le tendenze di riforma della scuola secondaria superiore italiana hanno infatti una chiara impostazione •onnicomprensivlstica», per cui si prevede che tutti gli istituti Tecnici vengano ridotti ad uno solo, chiamato • Liceo Politecnico », della durata di cinque anni, dove ci sarà, per la professionalizzazione vera e propria, un corso semestrale. A questo punto, in sede competente, ci si chiede: come potrà essere sufficiente un periodo di specializzazione di soli sei mesi? Per non parlare di illustri docenti italiani che desidererebbero trasformare in biennio l'attuale corso di un anno, citiamo il prof. J. Ribéreau-Gayon di Bordeaux che, per la preparazione degli enologi francesi, ora tali dopo un biennio di studi specializzati, ha chiesto un corso triennale. Ora, i casi sono due: o noi siamo fuori posto, o nutriamo cieca fiducia, e ci auguriamo con fondate ragioni, nei miracoli della didattica moderna. A Bruxelles, sotto l'egida dell'Office International de la Vigne et du Vln, ci si è accordati in merito all'insegnamento caratterizzante le scuole formatrici di enologi nei vari Paesi della Cee e ci si è preoccupati, prima di tutto, di definire |'« oenologue ■ e di precisarne le funzioni. Questo dovrebbe essere cioè né un puro ricercatore, né un mero esecutore di ordini cui non si possono attribuire decisioni tecnologiche, bensì una figura intermedia, quale è appunto quella che attualmente esce dai nostri Istituti specializzati. Se nei futuri « Licei Politecnici » ridurremo il corso di studi da sei a cinque anni, se diminuiremo le ore di lezione rispetto a quelle attuali, se non potremo mettere a disposizione degli studenti laboratori adeguatamente attrezzati, cantine sperimentali, aziende viticolo-agrarie e le indispensabili biblioteche, potremo noi sperare di poter contare in futuro su enotecnici veramente preparati? E non sono allora veramente allarmanti le prospettive del nostro immediato futuro, in cui la vitivinicoltura dovrà ricevere un determinante impulso per una sua miglior qualificazione attraverso l'opera di tecnici ad ogni livello, soprattutto a quello intermedio, cui si fa ricorso per la sistematica attività delle cooperative, degli enopoli e delle aziende singole o associate? Paolo Desana
Persone citate: Cavour, J. Ribéreau-gayon, Louis Oudard, Paolo Desana
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