Prudenza nell'uso di alimenti sospetti
Prudenza nell'uso di alimenti sospetti Prudenza nell'uso di alimenti sospetti Fino a qualche anno fa l'olio di colza, estratto dai semi di una pianticella a fiori gialli largamente coltivata in Italia settentrionale e in particolare nel Veneto, veniva impiegato solo come lubrificante, come olio da illuminazione, nell'industria del sapone, nella tempera dell'acciaio e in numerose altre lavorazioni industriali. Poi si è scoperto che anche l'olio di colza, opportunamente raffinato e miscelato ad altri olii di semi per mimetizzare il suo sapore un po' aspro, può diventare commestibile. Qualche mese fa, la doccia fredda degli scienziati sull'entusiasmo dei consumatori, che se ne servivano soprattutto per il suo prezzo sensibilmente inferiore a quello dell'olio d'oliva. L'olio di colza, affermano concordi gli esperti della nutrizione, provoca danni alla salute. La responsabilità maggiore ricade sull'acido erucico, che con gli acidi oleico e linoleico ne costituisce la parte principale. L'acido erucico è contenuto in bassa percentuale anche nell'olio di rapa, in quello di fegato di merluzzo, in quello di senape e di altre crocifere. Nell'olio di colza, invece, la j sua percentuale è assai mag-1 giore e può arrivare al 39-51 per cento. Di qui la pericolo-1 sita dell'olio di colza e delle miscele commerciali che lo contengono. In seguito ai primi allarmi degli scienziati, nel dicembre 1972 il ministero della Sanità aveva limitato la vendita a quegli oli di semi nei quali la percentuale di acido erucico non superava il 10 per cento. Successivamente (gennaio 1974) tale percentuale veniva elevata al 15 per cento. Gli esperti affermano però che questo limite significa ben poco, dal momento che l'effetto dell'acido erucico dipende dalla quantità d'olio ingerita e dalla durata del suo consumo. Gli esperti aggiungono, inoltre, che i danni possono scaturire dalla sommazione di effetti ancora in parte sconosciuti, dalla diversa sensibilità degli organismi che se ne cibano (bambini, adolescenti, donne e vecchi) e dalle particolari condizioni fisiologiche (gravidanza e allattamento) o patologiche (anemie, malattie del fegato e del cuore). Per adesso — lo ripetiamo — non ci sono ancora indicazioni conclusive. Ma è fuor di dubbio che i risultati già ottenuti sugli animali da laboratorio bastano ad invita- re chiunque alla prudenza nel consumo di un alimento perlomeno sospetto. b. gh.
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