Libano, fulminea incursione degli israeliani nella notte di Andrea Barbato

Libano, fulminea incursione degli israeliani nella notte Rappresaglia per il terrorismo dei fedayn Libano, fulminea incursione degli israeliani nella notte L'azione guidata dallo stesso Dayan -1 reparti di Tel Aviv hanno occupato sei villaggi dai quali gli arabi si erano ritirati ed hanno fatto saltare venti case, dopo averle fatte sgomberare - Rientrati con una dozzina di prigionieri Morte due contadine che non avevano obbedito all'ordine di fuggire - La crisi di governo: si chiedono elezioni (Dal nostro inviato speciale) Tel Aviv, 13 aprile. Come ci si aspettava, e come avevano chiesto a gran voce gli abitanti del villaggio israeliano della Galilea assalito giovedì dal «commando» palestinese, la rappresaglia israeliana è stata immediata e decisa, accompagnata anche da una dura ammonizione. Sei villaggi del Libano meridionale sono stati occupati per un paio d'ore nella notte, una ventina di case distrutte con l'esplosivo, due donne (che non avevano obbedito in tempo all'ordine di evacuazione) sono morte nelle macerie del loro nascondiglio. La guerra irregolare fra israeliani e palestinesi continua a chiedere vittime alla popolazione civile, sebbene l'azione della notte scorsa non sia paragonabile né «proporzionale», ha detto il ministro della Difesa di Tel Aviv, alla carneficina dì Kiriat Shmona. Un'azione polìtica più che militare, ha insistito oggi Israele, un avvertimento al governo del Libano e alla sua popolazione, la minaccia di rendere impossìbile la vita in tutta la parte meridionale dello Stato libanese. Il Libano stasera protesta ufficialmente, e non è neppure diffi-1 Cile prevedere che i profughi attendati nei grandi campi intorno a Beirut e nel Sud accuseranno l'esercito e la polizia libanese di non aver opposto alcuna resistenza, di aver lasciato la porta aperta alle pattuglie israeliane. E' accaduto fra mezzanotte e le due. Le squadre militari israeliane hanno varcato la frontiera in più punti, quattro nell'interno e due più vicino alla costa mediterranea. Nessuna opposizione, nessun contrasto, i soldati libanesi si erano ritirati. «Forse sapevano del nostro arrivo perché avevano letto i giornali», ha detto poi con sarcasmo Dayan. Altre unità si tenevano di riserva nell'immediata retrovia, nel caso in cui i combattimenti si fossero accesi. Le pattuglie, con armi leggere, sono entrate quasi alla stessa ora nei villaggi di Dahira e dì Yarin, vicino alla costa, e in quelli di Eitarun, di Elida, di Muhebab e di Taibe, subito al di là della frontiera con la Galilea. Da Taibe si sapeva che erano partiti giovedì i tre palestinesi che avevano compiuto la strage da questa parte del confine. Dayan in persona, con il capo provvisorio di stato maggiore, generale Hofi, e il comandante del fronte settentrionale, generale Gur, seguiva da vicino l'operazione. L'ordine era di non sparare per primi. Gli israeliani, come già in altri raids, avevano indirizzi precisi, ogni pattuglia si è diretta verso le case che formavano l'obiettivo. I soldati le hanno svuota- te, hanno controllato l'identità degli abitanti spaventati, hanno preso una dozzina di prigionieri che hanno poi portato in Israele. Dopo meno di un'ora, le case sospettate d'aver ospitato guerriglieri palestinesi erano saliate in aria o erano in fiamme, e insieme a loro un deposito d'acqua e una centrale d'irrigazione. A Blida due donne, madre e figlia, sono rimaste sepolte sotto le rovine della loro casa. I Sempre senza incontrare resistenza, gli israeliani sono tornati nei loro confini: fra i prigionieri, qualche soldato e un gendarme libanese. Ora ver- \ ranno tutti interrogati, forse processati, oppure riconsegnati alla Croce Rossa. E' stata un'azione rapida, la ! più spettacolare dopo quella del febbraio scorso, ma non certo paragonabile all'incursione nel centro di Beirut o i ad altri gesti di rappresaglia del passato. L'assenza di ogni • traccia dell'esercito libanese \ (che non poteva però certo ignorare le intenzioni israelia-1 ne) ha impedito uno scontro armato. Lo stesso epMoshé ! Dayan ha fatto la sua ricom-1 parsa pubblica stamane a Tel I Aviv per spiegare ai giornali- sti gli scopi e le conseguenze dell'operazione notturna. Ha voluto così anche riproporsi ■ come l'uomo che sa cosa biso- ì gna fare nei momenti gravi, e che sa interpretare lo stato d'animo popolare. In abito civile, ma circon-' dato dai generali, Dayan hai spiegato che non è stata usata né l'aviazione, né l'artiglieria, e che non si è voluto arrivare fino ai nascondigli dei capi palestinesi. Non si è voluto neppure, secondo Dayan, compiere una vendetta, colpire in proporzione al massacro di giovedì. «Volevamo far capire al popolo e al governo del Libano che, se noi siamo responsabili dell'incolumità dei nostri cittadini al di qua della frontiera, loro sono responsabili di ciò che accade i al di là. Noi non siamo la polizia libanese; sappiano dove sono le basi dei palestinesi, come lo sanno i libanesi, ma raggiungerle è affar loro. L'obiettivo era politico, non militare». Tuttavia, Dayan ha aggiunto che «sarà impossibile vivere nel Libano meridionale» se i libanesi non impediranno le azioni dei guerriglie-1 ri. Se l'avvertimento non sarà accolto, allora non si useranno più modesti mezzi militari, ma «una parte del Libano, sarà distrutta e resa inabita- ! bile». E' inaccettabile che i quartieri generali palestinesi siano a Beirut indisturbati, ha detto Dayan e ha aggiunto ' che le vittime civili sono morte «non per azione diretta e, deliberata israeliana». Le considerazioni politiche di Dayan sono forse più importanti: ha detto infatti che', il problema palestinese non si può considerare aggravato, \ perché i protagonisti non sono palestinesi, ma «assassini comuni». «Se fossi un palestinese, non mi assocerei con loro». L'elogio che la stampa egiziana ha concesso al «commando» suicida della Galilea «non interferirà con i nostri rapporti con l'Egitto», ha det to il ministro della Difesa. Infine la Siria, che certo fa pressioni sul Libano, «non conquisterà Beirut se le cen- trali del terrorismo venissero distrutte». Dayan ha insomma cercato di circoscrivere la portata degli ultimi avvenimenti. La frontiera stasera è tranquilla, l'esercito libanese è finalmente ricomparso per constatare i danni, i contadini non sono tornati sui campi degli israeliani (Tel. Upi) perché non si sentono sicuri. Di qua, la tensione in Galilea si è in parte placata, ma non si può escludere un'altra mossa dei Fedayn. Politicamente, Israele vive invece una vigilia inquieta. \ Domani il Presidente della Repubblica comincia a con¬ sultare i gruppi politici, ma non si vedono soluzioni indolori par sostituire il governo della signora Meir, caduto dopo soli 34 giorni di potere. Il laborista Sapir, che molti vedono come possibile succes sore della Meir, ha negato in- vece dì essere un candidato, e ha chiesto elezioni immediate Il conservatore Begin si è detto favorevole ad un nuovo governo che includa il suo gruppo, e che sia magari presieduto da lui stesso. Peres, l'uomo di Dayan, ha concesso uguali probabilità all'ipotesi di elezioni, di un governo di coalizione o di un ritorno alla formula che teneva in vita il governo dimissionario. Da Peres viene comunque l'unica dichiarazione ottimista della giornata: «Israele uscirà da questa crisi più forte di prima». Ma i commentatori politici concordano nel dire che tutto si è fatto più complicato, l'empirismo che ha dominato finora la vita politica israeliana non basta più, la fiducia popolare è incrinata. Il movimento delle masse, che ha assunto chiari caratteri extraparlamentari, penetra fino all'interno dei gruppi politici, contesta aspramente le direzioni storiche dei partiti e i loro leaders tradizionali. Questa vasta ondata di dissenso potrà portare a riforme del sistema politico israeliano, ma forse anche a un rovesciamento del sistema stesso. E' la più grave crisi israeliana in un quarto di secolo, e stavolta i problemi sono interni, non al di là delle frontiere. C'è un massimo di 84 giorni per sapere se qualcuno è in grado di formare un nuovo governo, e l'unica alternativa è il voto. Ma si dubita che l'una o l'altra soluzione possano davvero ridare ad Israele stabilità politica e compattezza sociale. Andrea Barbato Beirut. Uno dei villaggi libanesi colpiti dalla rappresaglia