Gente smarrita in città sconosciute di Nicola Adelfi

Gente smarrita in città sconosciute NELLE SACCHE DI POVERTÀ DELL'ITALIA DEL NORD Gente smarrita in città sconosciute Per giorni sono andato in mezzo ai poveri, ho cercato di sorprenderli nei loro tuguri, con loro ho conversato a lungo, ed eccomi ora confuso tra molti pensieri, incapace di dire che cosa è la povertà, quali siano le sofferenze maggiori di chi per l'età avanzata o per infermità o perché non trova lavoro o per altri motivi vive nell'incertezza del pane quotidiano oppure assiste al progressivo sfacelo morale della sua persona e dei familiari. Forse la verità sta nel fatto che essere poveri è una tra le tante condizioni umane, e perciò si sottrae a generalizzazioni: ogni caso è diverso, ogni povero si comporta in una maniera particolare, e se molti vanno alla deriva sul mare della vita, si lasciano trascinare verso i vortici del male, soprattutto alcoolismo, prostituzione e malavita, tuttavia molti altri si raccolgono in se stessi, si contentano di vivere di briciole come uccellini, e talora forze misteriose sorreggono alcuni tra loro, li portano gradualmente a darsi un coraggio eroico o a formarsi un cuore e una mente scevri da ogni terrena impurità, come non è possibile trovare quasi mai tra chi ha molto denaro e molti agi. / bassi fondali Naturalmente, infinite e sfuggenti sono le posizioni intermedie tra chi sprofonda nei fondali più bassi della degradazione, e chi invece il vento aspro della miseria rende lieve come una piuma e trasporta sempre più in alto. Per esempio, poiché molti e sparsi sono gli enti di assistenza a Torino, pubblici e privati, laici e religiosi, molti sono anche coloro che fanno consistere il loro principale lavoro nel raggranellare qualche cosa da diversi enti; e alla fine della giornata riescono a mettere insieme un discreto mucchietto di piccoli aiuti. Chiamiamoli gli artigiani della povertà. Posseggono elenchi ciclostilati dei luoghi dove si può mangiare gratuitamente, le mense dei poveri, dove e in quale giorno è possibile avere pacchi di viveri, di indumenti o sussidi in denaro. Spesso hanno il pianto facile e si fanno accompagnare da bambini addestrati a spremere lamenti a comando. Però una mattina capito al Centro cittadino vincenziano di via Nizza e incontro un nuovo tipo di povero. Sui venticinque anni, giacca di velluto nuova e di buon taglio, pantaloni svasati sui mocassini, il ragazzo è alto, snello, per come si muove e per i lineamenti mi fa venire in mente l'attore Alain Delon. La sua tattica è la violenza petulante. Alcuni anni fa era tubercolotico, ma ora è guarito del tutto, potrebbe benissimo andare a lavorare. A sentirlo, non desidera di meglio; tuttavia se lo mettono alla prova, inventa fantasiosi pretesti per esimersi. Preferisce vivere di furtarelli nei grandi magazzini e aggredendo con minacce, sarcasmi, invettive i dirigenti dei centri di assistenza. Commediante istintivo, gestisce e parla a scatti, cercando di cogliere di sorpresa la controparte con uno scilinguagnolo irruente, dove le pause sono soste per riprendere fiato e slancio. Vuole a ogni costo dodicimila lire per pagare, dice, il fitto. Ma è una bugia grossissima: l'affittacamere non solo non si fa dare una lira da lui, ma anzi si è lasciata incantare dal giovane e spesso è lei a dargli denaro. Cinquantamila e forse più sono i poveri a Torino, e quando sfoglio i miei appunti, quando mi metto a ricordare, da ogni parte si affollano nella memoria desolati e indistinti gruppi di poveri oppure singoli volti, sguardi che è difficile cancellare dalla propria coscienza, immagini di cenci, di freddo e di vergogna che siamo abituati a collocare in un altro tempo e in un'altra Italia. E maggiore sento via via la mia incapacità a catalogare una folla così grande, cosi eterogenea, dove il bene e il male, la malizia e l'innocenza sono a fianco a fianco. Dormitori pubblici Per esempio, chi trascorre la notte in un dormitorio pubblico deve lasciarlo la mattina alle 7, qualunque sia l'inclemenza del tempo, anche quando non sa dove andare. Io non l'ho vista, ma la descrizione che mi fa suor Angela, vincenziana, è netta in ogni particolare come una fotografia. Riguarda una giovane donna meridionale che una mattina presto, appena uscita dal dormitorio, sostava in un androne inebetita dal freddo glaciale e serrandosi al petto un bambino di pochi mesi; vestita di panni leggeri, le scarpe rotte, con uno scialle di lana proteggeva più che poteva il figlioletto. Per il tremore dei denti e la mente confusa, non riusciva a parlare. Fu così che una suora la trovò per caso, al limite delle sue forze fisiche; e poi occorsero mesi di ricovero e di cure per restituirle la salute. Non è un caso raro. In genere le donne immigrate da poco ignorano l'esistenza di centri di assistenza. Arrivano, mettiamo, da villaggi dell'Aspromonte con poco denaro, si smarriscono in una città grande come Torino, il loro dialetto è incompreso, e girano smarrite, sempre più sconvolte da tensioni nervose. L'unica cosa che sanno di certo è che il marito si trova a Torino, ma non abita più all'in- I dirizzo di una volta, da mesi I non dà più notizie, e sospetI tano si sia unito con un'altra j donna. A volte è proprio così. ! Tuttavia le abbandonate di ! solito si rifiutano di tornare \ indietro, al paese natio, perI che laggiù non avrebbero di I che vivere, e anche per un j senso di vergogna. E così, I accanto ai mestieranti della | povertà che sanno come raci! molare parecchio correndo tutto il giorno da un centro di assistenza all'altro, trovia-1 mo molti che neppure imma-1 ginano di poter essere assisti-1 ti a sopravvivere. Ogni povero, si diceva, è un caso particolare. Una sera vado in una viuzza del centro storico, entro in un cortile che gronda vecchiezza decrepita e marciume da ogni parte, e nel buio devo stare attento a dove metto i piedi. Il Comune ha dichiarato «pericolante» l'edificio e due coniugi ottantenni sono gli unici superstiti tra gli inquilini. I padroni della casa non provvedono neppure alle riparazioni più urgenti, forse sperando che l'edificio crolli per poi vendere il suolo a buon prezzo. Anche le scale sono sconnesse, strette e scure. L'interno dell'appartamento è persino peggio: tremolanti i pavimenti e i soffitti, i muri pieni di crepe, larghe macchie di umidità dappertutto. Lui sta mangiando un pugno di riso in un liquido brodoso; lei, colpita da trombosi, è a letto, non ne vuole sapere di farsi ricoverare all'ospedale. Insieme hanno 88 mila lire di pensione il mese, e quando faccio il gesto di porgere del denaro, ne ho un rifiuto accorato: «No, no, non sarebbe giusto, ci sono poveretti più | bisognosi di noi». E non c'è ! modo di convincerli ad accetI tare. Il loro assillo è un altro, è l'assillo forse maggiore di innumerevoli persone a Torino, è quello della casa. Lui, il marito, mi dice che una notte piovve a lungo, dagli infissi sconnessi l'acqua invase la cucina, di lì scivolò sotto la porta nella camera da letto, e con la moglie gravemente inferma lui non sapeva che fare, da dove cominciare. E ora quando piove, quando la pioggia scende a scrosci, lo pren-1 de una grande agitazione. Lo stesso avviene se soffiano raffiche di vento. Lui e la moglie tengono allora gli occhi fissi al soffitto, lo vedono oscillare, vedono le crepe allargarsi nere, minacciose, l'intonaco cadere, e stanno sempre col fiato sospeso, nel timore di finire seppelliti sotto le macerie. Una esistenza grama, di due vegliardi che si direbbe aspettino solo di morire, chissà come, e tuttavia anche lì sopravvive un lumino di speranza: ed è che un giorno possano avere un'altra casa, nelle vicinanze del Lingotto, dove abita la famiglia dell'unico figlio, un figlio molto affezionato e che, quando può, va a trovarli, la sera tardi, sottraendo ore al riposo. Giudicare è difficile Andare in mezzo ai poveri è un'esperienza sempre singolare. Ogni volta si scoprono aspetti ignoti, e più si allarga il campo delle conoscenze, più si esita a formulare opinioni generali, a pronunciare giudizi. Per esempio, noi siamo portati a considerare l'uomo come il pilastro più robusto della famiglia. Però non è così. Quando la miseria si insinua in una casa e comincia la sua opera di demolizione, spesso è la donna a rivelarsi la più forte. Sarà l'istinto materno, sarà il millenario condizionamento a sentirsi la custode del focolare domestico, saranno altri i motivi, sta di fatto che la donna di fronte alla miseria dimostra molte volte una più elastica capacità di adattamento dell'uomo, una resistenza più paziente, infine una più ostinata forza interiore. Più o meno lo stesso può dirsi degli anziani rispetto ai giovani. Spesso gli anziani non considerano la povertà come il male maggiore, riescono a costruirsi un loro piccolo mondo e vi si adagiano con rassegnazione. I giovani invece sono inclini a ribellarsi contro la povertà, e molti tra loro si lasciano irretire dalla prostituzione o dalla malavita. Però ho conosciuto cinque studenti d'ingegneria abruzzesi che vivono in una stessa stanza pagando un fitto di 35 mila lire il mese: lì dormono, lì cucinano, lì studiano. Alcuni ricevono da casa appena 20 mila lire il mese. Vivono praticamente tra la loro stanza e l'Università, non fumano, non entrano mai in un cinema, spesso percorrono a piedi chilometri per risparmiare sull'autobus. Ogni tanto arriva dal paese nativo un cesto di olive affumicate o una forma di formaggio, e allora si nutrono un po' più del solito. Andare tra i poveri per capire che cosa è la povertà è dunque una ricerca paragonabile a quella di Diogene che andava con un lanternino tra gli uomini per capire che cosa è l'uomo. Parimenti il grande Murri (mi pare fosse lui) diceva che non esistono le malattie, ma i malati: un raffreddore per esempio può essere un disturbo da niente per un organismo, ma può cagionare una bronchite, una polmonite o peggio in un altro organismo. Così è anche per la povertà: è un termine generico, può significare infinte cose, ma i poveri invece sono realtà precise, sono il nostro prossimo, e tuttavia di loro sappiamo molto poco, caso per caso, e non facciamo quanto sarebbe umanamente necessario, caso per caso, anche laddove la società può permettersi consumi elevati, persino grandi sprechi. Nicola Adelfi

Persone citate: Alain Delon, Diogene, Murri

Luoghi citati: Italia, Torino