Nell'eco dei classici

Nell'eco dei classici Nell'eco dei classici Le "Vite parallele" di Plutarco; il pacato pennello di Poussin L'opera completa di Poussin, Classici dell'Arte Rizzoli, pag. 136 con 54 tavole a colori e 400 ili. bianco e nero, lire 2200. Plutarco: « Vite parallele » a cura di C. Carena, Oscar Mondadori, tre volumi di pagine 532, 544, 610; lire 4000. Il secolo era fitto e assordato dai geni di Rembrandt e Rubens, di Caravaggio e Velazquez. Lui, Poussin, aveva una Casina sotto al Pincio, lavorava tutta la giornata, la sera passeggiava con qualche amico a Piazza di Spa- gna. La sua era una pittura pacata e silenziosa, lenta e compatta. « Tutte le volte che esco da Poussin » — dirà Cézanne — « so meglio chi sono 10 ». Per Poussin (1594-1655) la idea della pittura era un poco come l'idea della storia dell'uomo: che ritraeva con rispetto ma senza speranza, con una sua riflessa grandezza nella impassibile natura che lo circonda, negli immobili edifici lasciati dai padri, nelle perdute azioni eroiche, e finalmente nella morte. Se gli altri pittori, i cosiddetti rivali, erano dei roventi e geniali interpreti-protagonisti, lui era un grande autore di quella cosa nuova che era 11 Teatro e le sue storie le proiettava, bloccate al momento più alto, come sotto le lampade di un palcoscenico: Corneille, Racine e nella riflessione forse Cartesio. Alle virtù distruttrici dell'invenzione (lui, che veniva da Fontainebleau e dalla morte del manierismo) sostituiva il più avvolgente delirio della logica. Cosi trasformava la sua verità, che era sensuale e crudele, orgogliosa e inflessibile. I modelli andava a prenderseli forse più indietro e più su di qualsiasi altro e, come forse solo Piero prima di lui, nascondeva sangue fitto e coscienza tagliente in un'unica cosa liscia, mentale. Le passioni, da allora, sembreranno eroicamente dominate, le emozioni sempre corrette dalla regola e tutto vorrà essere equilibrato giudizio, calma generosità, scrupolosa pietà stoica. I neoclassici non a caso stravederanno per lui: primo a mettere in scena un Eroe laico, a inscenarlo nella Storia, a comporlo nella Natura di « Et in Arcadia ego »: anche nel sole la morte. Verso la fine quel suo Uomo sparirà addirittura, quasi un ritaglio nel paesaggio silenzioso di Esiodo, di Virgilio. La Storia è ridiventata Natura, e dunque Destino « toujours recommencé », impassibile. « Il signor Poussin » — diceva Bernini — «è un pittore che lavora di là », e si toccava la fronte. Cos'era successo, allora? Le due morti, del classico e del manierismo, contigue. Quasi una morte della storia, che non poteva oramai che ripetersi; agli artisti si apriva un enciclopedismo, un museo immaginario della cultura. Quarant'anni prima della nascita di Poussin un altro francese, Amyot, aveva tradotto uno strano libro che raccontava in interminabili esempi, a lungo dimenticati, due nobili e grandi morti ripetutesi come in un eco: la morte di Atene, la morte di Roma. Erano le Vite parallele di Plutarco, un neoclassico anche lui ma del I sec. d.C, tra Claudio, Vespasiano, Domiziano e Traiano; un greco innamorato di Roma. Per la prima volta la storia, dichiaratamente, « raccontava delle vite ». Decadente e moralista, di una curiosità enciclopedica, Plutarco presentava a coppie un grande greco ed un grande romano: eroi che affrontavano l'esistenza senza risparmio nel bene come nel male, interi sempre, meschini mai. Un'operazione « romantica » che avrebbe infiammato di esaltazione e di emulazione disperati lettori, dall'imperatore Giuliano l'Apostata al borghese Robespierre. Il libro diventava dunque la « sacra rappresentazione » di una cultura. Per i «moderni » erano questi i nuovi Santi. Dopo Amyot, nel 1570 lo traduce North in Inghilterra: e se lo utilizzano Montaigne ed Enrico IV («è il nostro breviario ») e soprattutto Corneille e Racine, anche Shakespeare ne ricava le sue « Tragedie » storiche. Letto ancora per tutto il '700, è sempre nelle mani dei protagonisti della Rivoluzione; ma anche di Goethe, Beethoven e Alfieri. Volta a volta breviario morale (o repertorio per la Pittura) un libro di non grande qualità ha così traversata la storia: l'ha perfino influenzata attraverso i suoi lettori. Oggi le Vite sembrano una collezione di ambigue maschere funerarie del Fayyum; ma chissà che non stiamo per riprodurne la disperata minuzia, la maniaca struttura, l'inchiostro fatto di ossa e sudari calcinati. Claudio Savonuzzi

Luoghi citati: Atene, Caravaggio, Casina, Inghilterra, Plutarco, Roma