Buon esempio a Roma

Buon esempio a Roma I CENTRI STORICI RESTITUITI AI PEDONI Buon esempio a Roma Piazze e strade chiuse al traffico riprendono una nuova vita - Ma è solo un inizio (Dal nostro inviato speciale) Roma, aprile. Per una volta elogiamo la capitale. Dopo aver espulso le automobili private da Villa Borghese e dopo aver creato le piccole « isole » di piazza Navona, di piazza S. Maria in Trastevere, e di via dei Coronari, l'amministrazione capitolina sta facendo un grosso sforzo (anche se in modo disorganico e improvvisato) per restituire l'intero centro alla dimensione pedonale. Quella del cittadino che riconosce camminando i limiti fisici e i valori del quartiere, che si sposta a piedi da casa a un luogo pubblico, a un negozio, a un ufficio, ricorrendo al mezzo di trasporto collettivo per i trasferimenti più lunghi. La vecchia Roma sulla sinistra del Tevere è stata divisa in sette zone. La prima e la seconda, da piazza Venezia a via Condotti, sono già chiuse all'interno. La terza, da piazza di Spagna e via Condotti a piazza del Popolo, dovrebbe essere chiusa al traffico privato dal 21 aprile. Nell'estate seguirà la quarta, molto estesa e comprendente una serie di punti nevralgici: piazza Colonna, Montecitorio, il Pantheon. Entro l'anno il pedone libero, non più vittima nevrotica, potrà aggirarsi dal Parlamento a piazza Farnese e Campo de' Fiori, dal Ghetto a via Giulia. Un'aria diversa Si respira un'aria diversa, da riscoperta di Roma, camminando nei dintorni della piazza Fontana di Trevi e nel quadrilatero racchiuso fra piazza di Spagna, via Condotti, il Corso, il Tritone. Le strade che per prime furono «pedonalizzate », come via Frattina, hanno l'aspetto di una fiera perenne. Ma le traverse più tranquille del Corso, oggi separate con appositi marciapiedi dall'arteria principale, lasciano stupiti come se qualcosa di imprevedibile fosse accaduto. Si innesca, visibilmente, il capovolgimento di un sistema urbano stravolto dall'uso insensato dell'automobile; anche di un costume, di un'idea della città e del mezzo a motore che ave*va nella capitale le rappresentazioni più violente e volgari. « Alma Roma, immenso garage » recitava Raphael Alberti. Questo immenso gara¬ ge, teatro della caccia al pedone da parte di automobilisti strombettanti fino ai 90 decibel (la soglia del dolore) ritorna un insieme di comunità in cui gli individui non tendono più a isolarsi e nascondersi ma si affacciano sulle piazze1, si incontrano, discutono, scambiano esperienze umane? Uso il punto interrogativo perché gli elogi agli amministratori pubblici romani vanno sempre accompagnati da qualche riserva. Alla mancanza di un piano per il centro storico e per la viabilità, si somma l'incertezza sull'applicazione dei provvedimenti parziali. Per cominciare, i divieti sono sempre elastici. Le zone proibite alle automobili vengono aperte alle otto di sera, sicché i fragorosi caroselli notturni possono continuare. I permessi speciali piovono in abbondanza, con mille pretesti, e il groviglio dei sensi unici obbliga le automobili autorizzate (cominciando dai taxi) a compiere tortuosi itinerari nelle viuzze tranquille, aumentando lo spavento dei pedoni che si credevano dominatori indisturbati. Persino a piazza Navona, salotto e teatro da molti anni, si riaffacciano le motorette dei fracassoni abusivi, favoriti dalla scarsa sorveglianza. Roma dispone infatti di 3750 vigili urbani, e ne occorrono almeno 4800 (ma quelli in servizio, come è noto, devono preoccuparsi soprattutto di non « avere grane» per eccesso di zelo). Un altro fatto lascia dubbiosi: lo scoraggiamento del traffico privato nel centro di Roma non è riferito a un piano urbanistico. « La difesa del centro storico è il fulcro della pianificazione urbana », affermava il piano regolatore del 1962, ma tuttora manca un disegno preciso per il restauro e per gli usi della vecchia Roma per il blocco dell'intera città alle dimensioni attuali. La « pedonalizzazione » pura e semplice rischia di accentuare le tendenze rovinose in atto da alcuni anni. Le case situate lungo le strade e le piazze liberate dal traffico aumentano di valore, vengono freneticamente comprate e rivendute, attirano uffici, sedi commerciali, boutiques e istituti di bellezza, mentre i residenti a basso reddito devono trasfe¬ rirsi in periferia gonfiando la richiesta di alloggi sovvenzionati e la spesa comunale per i trasporti, i servizi sociali, la viabilità, l'assistenza. Nel centro di Roma abitavano 370 mila persone ridotte a 85 mila, secondo una stima di Piero Maria Lugli. Oggi l'esodo è accelerato dal fortissimo rialzo dei fitti, ed è parallelo all'ingresso di una nuova classe di residenti, abbastanza ricchi per pagare 800 mila lire il metro quadro un buio appartamento in via Borgognona, da rifare completamente. Si parla di cifre da capogiro: affitti da mezzo milione nei dintorni di piazza di Spagna, per poche stanze modeste. Più iniziative « A Roma si ripete quel che è avvenuto all'estero, nelle città che hanno creato isole pedonali in funzione dei commerci. Le isole di Filadelfia, di Essen, di Liverpool, di Rouen, sono veri e propri santuari del consumismo, affollati nelle ore degli acquisti, deserti e privi di contenuti quando i negozi chiudono », mi dice Renato Bazzoni, uno degli esperti più informati e attenti. La « pedonalizzazione » viene discussa attraverso le risposte dei commercianti (clamorosa l'iniziativa della associazione « Trinità dei Monti » che ha fatto ricorso al tribunale amministrativo contro le restrizioni al traffico privato), ignorando i cittadini. E' invece indispensabile un piano per il mantenimento della molteplicità degli usi dei quartieri antichi: abitazioni dei residenti tradizionali (l'esempio di Bologna), botteghe artigiane a Roma numerose, servizi sociali, ristoranti e caffè, mostre, biblioteche di quartiere. Sarebbe un'impresa relativamente facile nelle città italiane ancora ricche di piazze e di angoli fatti apposta per invitare alla sosta, alla partecipazione corale. La scalinata di Trinità dei Monti è un perfetto teatro spontaneo all'aperto, che nessuna « new town » è riuscita a imitare. Bernardo Rossi Doria mi fa osservare giustamente che piazza Navona, appena liberata dalle automobili, ha assunto con naturalezza i compiti attribuiti con tanta fatica ai « centri civici » delle « città nuove », ornati da fon¬ tane aiuole, sedili, ma spesso privi di vita. « Piazza Navona è parco-giochi per i bambini nelle ore diurne, è salotto e sede di discussioni alla sera. E' pista di ciclisti, mostra di pittura, teatro per comizi e manifestazioni civili. La sua vita comincia al mattino, non si spegne che a notte alta ». E' importante programma re la « pedonalizzazione » al l'interno delle « isole », ed è urgentissimo fare un piano per i trasporti pubblici ai loro bordi. Il « microbus » non serve se non è collegato a una rete. La Roma ottocentesca e la periferia potrebbero esplodere, letteralmente, se i mezzi collettivi non rispondessero alla domanda dei 300 mila che ogni giorno vanno a lavorare nel centro storico da abitazioni lontane, sommandosi ai turisti e ai compratori. I tram sono soltanto 195, gli autobus 1969 (velocità media 13 kmh.) e ne occorrono almeno 3000 (340 dovrebbero arrivare entro ottobre). La metropolitana raggiungerà chissà quando lo sviluppo di 24 chilometri, povera cosa se si pensa che ne occorrono più di cento. C'è un piano per il traffico e la viabilità pronto da tre anni a cura di scienziati e di esperti illustri; ma il Comune non li paga, e il piano resta in cassaforte. Nessuno può dire oggi con certezza quale sia il fabbisogno romano di trasporti pubblici, dal centro ai quartieri abusivi. E' evidente che le zone « a traffico limitato » non risolvono i problemi delle città, anche se vanno incoraggiate per i loro effetti positivi. In primo piano la riduzione degli inquinamenti (in Largo Goldoni l'ossido di carbonio superava di cinque volte i limiti tollerabili, nel centro la frequenza delle malattie polmonari era doppia rispetto alla periferia) e dei consumi di carburante. Il piano Aci per la chiusura dei centri sto rici, attualmente allo studio del sottosegretario on. Sarti, si fonda su due dati statistici: il 41,2 per cento del carburante viene consumato in città, soltanto il 22 per cento è destinato a gite e vacanze. Il risparmio sarebbe enorme, a patto di moltiplicare i mezzi pubblici e di creare sistemi urbani efficienti. Mario Fazio

Persone citate: Bernardo Rossi, Mario Fazio, Piero Maria Lugli, Raphael Alberti, Renato Bazzoni, Sarti