Il "caso italiano,,

Il "caso italiano,, Dibattito alla Fondazione Agnelli Il "caso italiano,, Confronto d'idee su un volume che raccoglie le impressioni sul nostro Paese di 25 firme italiane e straniere - "La crisi c'è, ma riguarda più le strutture politico-sociali che l'economia" Il prodotto nazionale italiano è sottovalutato, la popolazione attiva è molto più numerosa di quel che appare dalle statistiche, il reddito per abitante più alto, il numero dei lavoratori a domicilio che sfuggono ad ogni controllo supera largamente il milione. Se questa è la situazione, se i dati ufficiali non corrispondono alla realtà, che valore possono avere gli studi basati in buona parte su quei dati? E' la domanda che ci si poteva porre oggi, nel corso di una tavola rotonda organizzata dalla « Fondazione Agnelli » per presentare « Il caso italiano », un volume che raccoglie 25 firme italiane e straniere, ognuna delle quali si è occupata di un aspetto particolare del nostro Paese, oggi, « l'Italia degli Anni 70 ». La contestazione dei dati ufficiali è stata fatta da Francesco Forte, senza con questo voler negare anche il tema di fondo del convegno, cioè il fatto che siamo in un momento critico della nostra storia, forse il più difficile degli ultimi venticinque anni. Si vuol sapere se la crisi sarà superata, o se l'involuzione, il disgregamento sono inarrestabili; in altre parole: l'ansia è giustificata, ma lo è anche l'angoscia che si avverte ovunque, che si respira nell'aria? Dai saggi raccolti nel volume e da alcuni interventi odierni, si sarebbe portati piuttosto alla seconda, più pessimistica diagnosi. Si va allargando la forbice tra il sistema produttivo, dinamico, e il sistema politico-burocratico, statico e sempre più paralizzante. Quanto potrà durare, si è domandato Franco Modigliani, il « vero miracolo italiano », quello di un Paese che vive e si sviluppa, nonostante sia un Paese dove ci sono le leggi, ma la loro applicazione è « opzionale », lasciata al libero arbitrio di chi le rappresenta, con le inevitabili conseguenze che sono la corruzione, il clientelismo, la necessità di appoggiarsi alla classe politica, alla burocrazia? C'è l'altro fenomeno, impressionante, del vigore degli imprenditori e di chi lavora nei settori produttivi, ma anche questo mostra sintomi di rallentamento, d'involuzione. L'accumulo di capitale, ha osservato Giorgio La Malfa, che si è avuto in passato, oggi non tiene più il ritmo, non può più « mantenere » le rendite parassitarie. Gianluigi Gabetti ha sottolineato anche la « decrescente efficienza)) del sistema imprenditoriale, pubblico e privato, che tra l'altro deve sopportare i costi crescenti di un apparato che, anziché assicurare servizi, in realtà ne riceve. Gabetti ha aggiunto che nella carenza dello Stato di diritto, l'azienda ha svolto un compito sostitutivo; la carenza anche dell'impresa potrebbe portare all'involuzione totale. Anche Fabio Luca Cavazza ha insistito su quello che si potrebbe definire lo strapotere politico, per cui non c'è libertà per i cittadini o per gruppi di cittadini di organizzarsi senza dover allacciare rapporti, che spesso diventano vincoli di soggezione, con il potere politico. Lo stesso uso delle imprese pubbliche, come ha osservato Andrew Shonfield, è molto diverso in Italia che in altri Paesi. Tuttavia, l'economista inglese ha portato una prima nota di ottimismo, affermando che il costo di queste imprese non è eccessivo rispetto alla necessità dell'esistenza dello « Stato imprenditore » per lo sviluppo della società italiana. Si è aggiunta, a rinforzare la schiera di coloro che giustificano l'ansia, ma non l'angoscia, Susan Berger, che si è detta impressionata dalla straordinaria potenzialità, anche politica, esistente nella società civile e che si manifesta quando ne ha l'occasione. Ma all'economista americana ha replicato Gianfranco Pasquino, il quale vede proprio in questa contraddizione tra società civile e sistema poli tico, nella « capacità di domanda » della prima, che il secondo non sfrutta, ma tende anzi a rinchiudersi sempre di più, una delle radici del « caso italiano ». In sostanza, più o meno pessimisti, diversamente orientati nella ricerca delle cause e nel calcolarne la gravità, la crisi è stata giudicata più politico-sociale che economica da questi e da altri interventi, come quello di Mario Deaglio e di Eugenio Peggio. L'ha messo in rilievo il « moderatore », Arrigo Levi, aggiungendo che dal dibattito risultava in fondo un quadro meno « drammatico » del caso italiano di quello che poteva scaturire dalla lettura del volume. Né si può pretendere che ci dia la risposta a tutte le domande. Come tutti i libri, è simile a una bottiglia che racchiude un messaggio; sta a chi lo raccoglie trarne quanto c'è di utile per svilup¬ pare il discorso, per evitare di sentirci più malati di quanto in effetti siamo e non abbandonarci al fatalismo, sterile e pericoloso, di una decadenza irreversibile. Mario Salvatorelli Presidente dell'Istituto, on. prof. Dante Graziosi, che illustrerà il ruolo delle aziende e dei gruppi che si articolano nel contesto internazionale, influenzando l'andamento degli scambi tra i vari Paesi. Dopo la relazione del dr. Bruno Colle che riferirà sullo studio effettuato dall'Ice in collaborazione con lo Hai sulle società multinazionali nell'ambito dei rapporti euro-statunitensi, sono previsti interventi del presidente delle Banche popolari Parrillo, del Presidente della Confcommercio Orlando, del vice-Presidente della Confindustria Resta, del prof. Armani, del dr. Stampa della Pirelli, del dr. Tosato della Fiat, del dr. Colitti dell'Eni e del giornalista Zappulli. I lavori saranno conclusi con un discorso del ministro Matteotti.

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