Divorzio: distensivi i socialisti e Fanfani di Giovanni Trovati

Divorzio: distensivi i socialisti e Fanfani Verso l'inizio della campagna elettorale Divorzio: distensivi i socialisti e Fanfani II comitato centrale del psi ha approvato la linea di De Martino: non allargare lo scontro - Il segretario della de afferma che la consultazione dev'essere limitata al divorzio: "Se tutti faranno così, l'esito, qualunque sia, non inciderà sulla vita del governo" (Dal nostro corrispondente) Roma, 5 aprile. Il referendum oggi è stato oggetto di dibattito al comitato centrale socialista, dov'è emersa un'unica linea, che vuole il partito schierato per il no, ma differenti interpretazioni sulle conseguenze possibili della consultazione popolare e sulle intenzioni della de. Le divergenze si sono viste tra la relazione del segretario De Martino e l'intervento del presidente Nenni. «Nessuno può dissimularsi i gravi rischi che il referendum comporta e la possibilità che esso determini un forte deterioramento dei rapporti politici tra il nostro partito e la de, con conseguenze imprevedibili per la crisi economica in atto», ha detto De Martino, subito avvertendo però di non credere che Fanfani intenda «porre la premessa per una grave involuzione politica e perfino un mutamento di regime in senso autoritario, o semplicemente un consolidamento del potere personale o il successo dell'integralismo». Nenni, invece, ritiene che sia una pura presunzione, o addirittura un «deliberato inganno» affermare, come fa Fanfani, che la de intende preservare il quadro politico democratico, perché la battaglia contro il divorzio «è una battaglia di retroguardia clericale» e per combatterla «si è costretti a sollecitare il concorso dei settori più chiusi ed arretrati dell'elettorato e a rimettere le decisioni nelle mani dei fascisti». Il comitato centrale ha approvato all'unanimità la relazione di De Martino, quindi anche la preoccupazione di non rendere subito difficile la collaborazione di governo. Della sua relazione si possono mettere in evidenza ancora tre punti. Il primo è l'invito a non allargare lo scontro «ad argomenti 'molto complessi e delicati che non sono attuali e che non sono stati nemmeno adeguatamente esaminati nello stesso campo democratico di sinistra, come quello dell'aborto» (e l'invito è a gruppi del suo stesso partito, perché dal psi sono partite proposte di legge per legalizzare l'aborto). Il secondo, la richiesta di affrontare, dopo il 12 maggio, «la revisione del concordato e l'esigenza inderogabile di un più moderno ordinamento della famiglia». Il terzo è il timore che il referendum si riduca all'urto tra de e pei, «lasciando nel l'ombra i socialisti e gli altri partiti laici». E' un timore tutt'altro che infondato. Anzi, c'è chi arriva a dire che il re ferendum finirà per costringere i due partiti maggiori, che sono appunto la de e il pei, in particolare se la crisi economica non trovasse un argine sufficiente, a venire a trattative che potrebbero preludere prima o poi ad un compromesso storico. Il referendum è una macchina che, una volta messa in moto, non si sa a quali sbocchi porti. La risposta ai principali interrogativi posti dal comitato centrale socialista è venuta, pronta, da Fanfani con una intervista ad Oggi. Per la de, afferma, il referendum dev'essere limitato al divorzio e il partito scende in campo con il solo intento di chiarire a ogni cittadino tutti i dati perché possa fare una giusta scelta. Per la de, continua, non c'è alcuna «surrettizia proposta» politica e se tutti faranno così «l'esito del referendum, qualunque esso sia, non inciderà sulla vita ed azione del governo in carica e quindi non indebolirà la coalizione tra i partiti democratici». Quel «se tutti», fa presumere che anch'egli veda il timore che il referendum possa, pur contro le iniziali volontà dei partiti, arrivare ad alterare i loro rapporti. In ogni caso, ripete Fanfani, «restiamo tra i primi interessati a non far risorgere e a non incoraggiare altri a far risorgere an¬ tichi steccati, quale che sia la tentazione che potesse nascere da forti scarti di voto nell'uno e nell'altro senso». Personalmente è convinto che, allo stato attuale, non si possa prevedere un forte scarto di voti. Il segretario della de risponde anche alla domanda ricorrente: che cosa intende fare dopo il 12 maggio? Come «anziano» non ritiene che tra i suoi compiti ci sia quello di proporsi alla ribalta «tra gli aspiranti alla gestione del potere». «I saggi, se tra gli anziani ci sono, dovrebbero favorire l'affacciarsi alla ribalta di giovani personalità ». Ancora una volta dice no al compromesso storico, convinto che la vitalità del sistema parlamentare poggi sulla netta distinzione tra maggioranza e opposizione. Sul problema d'una revisione costituzionale, dichiara di diffidare della facilità con cui si sente affacciare richieste in tal senso, tuttavia non esclu¬ de che qualche «ritocco» sia utile, se sono d'accordo tutti i partiti che furono «i formulatori» della Costituzione (esclusi quindi i missini). Tuttavia, anche senza ritocchi, già qualcosa si potrebbe innovare: ad esempio alle elezioni i partiti dovrebbero portarsi con le indicazioni di alleanze e di programmi, sì che una coalizione con quel programma possa durare un'intera legislatura, anche se durante i cinque anni si possono mutare i singoli uomini «incaricati di attuare il progrdmma comune ». Le odierne dichiarazioni di Fanfani sono le più pacate che sinora abbia pronunciato, ben lontane da quell'accenno, sicuramente infelice, ad un nuovo «18 aprile 1948». Mentre del massimo interesse potrebbero essere le sue idee, chtì per oyi sembrano gettate lì, per 'ìdere «meno ricorrenti le crisi di governo». Giovanni Trovati

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