Quanti sberleffi a Montecitorio

Quanti sberleffi a Montecitorio La commedia al Gobetti Quanti sberleffi a Montecitorio "L'educazione parlamentare" di Lerici Tonnellate di madornali sciocchezze, spudorate fanfaluche, iperboliche trombonate e biechi luoghi comuni vengono scaricate senza sosta sul palcoscenico del Gobetti dove la compagnia del teatro Belli di Roma presenta, alla Rassegna delle cooperative teatrali organizzata dallo Stabile, L'educazione parlamentare di Roberto Lerici. E' un'alluvione di parole e parolacce, sberleffi e pernacchi, provocata da una seduta fiume — dura quasi cinquantanni — del Parlamento italiano avanti la prima guerra mondiale. Ahimè, per quanto «mostruosamente semplificato», avverte l'autore, è materiale storico, i dibattiti sono sostanzialmente autentici, e proprio le frasi più demenziali sono state effettivamente pronunciate. La scena di Maurizio Mammì è un emiciclo che miniaturizza Montecitorio, sui banchi siedono quattro turbolentissimi deputati (gli attori Maurizio Romoli, Libero Sansavini, Silvio Fiore e Felice Leveratto), due per la Destra e due per la Sinistra, anche se i passaggi dall'uno all'altro settore sono continui e addirittura frenetici al tempo del «trasformismo». Un quinto parlamentare invece, il deputato Otto, che è anche il solo personaggio fisso (Antonio Salines), non è chiaro da che parte penda, neppure lui lo sa. Apre la seduta, siamo nel 1867, il presidente del Consiglio Menabrea, impersonato da Roberto Bonanni, che con fregolistica bravura si tramuterà via via nei successivi presidenti, sino a Salandra, sino al 1915. Al centro dell'emiciclo, sotto le linee di fuoco degli sproloqui, delle invettive e anche dei calamai, c'è la camera da letto del deputato Otto che dubita continuamente, probabilmente non a torto, della fedeltà della moglie (Magda Mercatali) con la quale battibecca in rime soavemente imbecilli. Le corna, ecco il suo cruccio: tanto lo tormentano ' e frastornano che le mescolerà ai suoi discorsi pubblici, e con questi, a sua volta, condirà le discussioni domestiche. Otto è la borghesia dell'Italietta, o meglio la coscienza, inquieta e smarrita, di questa borghesia. Ed è naturale che alla fine il poveretto perda la virilità e sprofondi nel suo lettone sperando, chi sa, che gliela restituisca un giorno qualche uomo della Provvidenza. Di questo «grottesco», giocondamente impietoso e sfacciatamente tendenzioso, come dev'essere la satira politica, due sono le qualità più notevoli: la scrittura spiccatamente teatrale che evita, sin che può, la monotonia delle ripetizioni sdoppiando ambiente e azione su due alterni piani drammaturgici (e ci sarebbe anche un altro piano: il popolo, che sentiamo talvolta tumultuare inferocito fuori dell'aula e subito tutti i deputati, unanimi: uLc. porta, chiudere la porta!») e il linguaggio d'ambizioni rabelesiane, con sogghigni gaddiani, che impasta, trita e sminuzza il farnetico di mezzo secolo di storia in un flaubertiano dizionario nazionale delle idee correnti. Il discorso di Lerici è chiaro e, quindi, onesto malgrado la sua programmatica faziosità: la classe politica postrisorgimentale spianò, inconsciamente o meno, la strada al fascismo, e non è detto che la rinata democrazia non ripeta oggi i medesimi errori, tanto è vero che quando i deputati di Lerici discutono di alluvioni, colera, scandali, istruzione pubblica, divorzio e mafia, o magari della metropolitana di Roma, par di sentire gli echi di recenti dibattiti e si scopre, con raccapriccio, che i problemi sono sempre quelli, eternamente insoluti. Certo, non è la storia del Croce né tanto meno, per fortuna, quella dei libri di scuola, e c'è il rischio di un qualunquismo che porti acqua al mulino fascista: ma i gerarchi del ventennio non deliravano assai di più? E poi L'educazione parlamentare è una grossa farsa, dove tutto è ingrandito con proporzioni così macroscopiche che gli equivoci e i fraintendimenti non sono possibili: il bersaglio è a destra, è il fascismo, anche se mascherato o solo in potenza. E lo spettacolo, ben diretto dallo stesso Lerici, non ha diversa impronta. Oltre a tutto, il che non guasta, è davvero divertente: la recitazione di tutti è volutamente sovreccitata, ai limiti dell'infarto, la Mercatali è una delizia di finterie, smancerie e tritaggini, e il Salines così pateticamente spassoso con quei suoi baffi stanchi da ritagliarsi una grossa fetta dei calorosi consensi del pubblico. Alberto Blandi

Luoghi citati: Lerici, Roma