I club dei "veri credenti" di Furio Colombo

I club dei "veri credenti" LA TRASFORMAZIONE DEI PARTITI IN CONSORTERIE CHIUSE I club dei "veri credenti" Soltanto uno scrittore di fantascienza sensibile al minimo segno avrebbe colto il momento in cui il fenomeno ha cominciato a verificarsi. Molto di quanto è successo dopo dipende da quel momento. Immaginiamo un dialogo fra uno chiunque di noi e un amico o collega o compagno impegnato « da dentro » nell'attività di un partito. E' un partito dell'arco democratico, naturalmente, un partito che vive, per le ragioni nate nella Resistenza, proprio nel cuore della nostra vita civile. A un certo punto slitta nel discorso un impercettibile «voi». Chi sta dentro l'apparato di un partito, come per un lapsus, si lascia sfuggire quel « voi ». Intende dire « gli altri », quelli che stanno fuori, che presumibilmente non sanno, che alla fine non contano. Un cristallo comincia a calare dividendo due gruppi. Dentro l'acquario stanno coloro che « fanno » politica, dirigenti, funzionari, deputati, correnti. Fuori gli altri. Nasce l'ordine separato dei « veri credenti ». I « veri credenti » militano a tempo pieno e giudicano il mondo come un cappotto si giudica dalla fodera. Il fenomeno dei « veri credenti » — cioè il modo in cui i partiti si sono trasformati fino a chiudersi in se stessi (parlo di una tendenza), fino a giudicare ogni aspetto della realtà con una diffidenza profonda per ciò che non si vede da dentro — è importante e vale la pena di discuterlo. L'area culturale C'è stato un tempo in cui si immaginava che la cultura del Paese fosse divisa in molte aree diverse. All'interno c'era l'organizzazione dei partiti. Essi tendevano a nutrirsi di queste aree, lasciando i confini aperti e incerti, in modo da favorire un certo ricambio del sangue, in modo da respirare con polmoni più ampi della propria burocrazia. Per esempio i democristiani respiravano col polmone cattolico, i comunisti col polmone della cultura di sinistra. A intervalli i partiti si impegnavano in due azioni che allora sembravano importanti per la sopravvivenza: alla base il tesseramento, ai livelli medi e medio-alto (raramente al vertice) la cooptazione. Persone dell'area venivano accostate e coinvolte, così come alla Dase si cercavano nuove confluenze per rafforzare le file, senza trop¬ pa paura di incorporare qualche diversità e qualche contrasto. Con il primo centro-sinistra, che pure aveva il proposito di allargare l'area di partecipazione al potere, sono calate le sbarre di alcuni passaggi a livello. Si cominciò a considerare le aree come zone separate e concorrenti nella realtà del Paese. Per esempio: cattolici e non cattolici. Proprio nel momento di una svolta importante, voluta da una grande maggioranza e carica di speranze, giunge pressante l'invito a dichiarare senza mezze misure il proprio ceppo di appartenenza, come una razza. Laici che erano stati attratti per affinità umana o professionale nella zona cattolica sono respinti, un po' per simmetria di strutture, un po' perché comincia ad affiorare un certo rigore. C'è anche uno scambio di ostaggi. O sei cattolico o non lo sei. E alcuni (non solo funzionari dell'apparato pubblico ma anche intellettuali, scrittori, liberi professionisti della cultura) si trovarono iscritti in liste separate e concorrenti. Intanto venivano lentamente al pettine nodi che ci si era illusi di avere lasciato alle spalle, nell'entusiasmo di co| munanze professionali, affinità di lavoro, ricerca e impegno per mettere in piedi un Paese nuovo. Cito la « fedeltà ai valori della famiglia », l'aborto, il divorzio. Accanto resta il globo della cultura marxista, impegnato con una mano a respingere i piccoli ma furiosi attacchi intestini, e con l'altra a mantenere a rimbalzo tre palle insieme: i cattolici, inevitabili interlocutori di massa, i socialisti, tramite dalla sinistra verso il centro, e gli indipendenti di base. Però l'esame del sangue rivela che il tasso di diffidenza è salito. Ciascuno vuole uomini suoi e non intende fare credito di fiducia a nessuno. L'impressione di un'accessibilità non più tanto remota al potere sembra rendere necessaria una selezione abbastanza spietata. Professionisti delle più diverse estrazioni, abituati a competere con altri professionisti, vengono messi in gara in un gruppo molto più stretto. Dato il posto A, la scelta potrà avvenire solo fra due specialisti del gruppo X. Dato il posto B, il confronto avrà luogo, e all'ultimo sangue, solo fra due tecnici del gruppo Y. E cosi via. Avrebbe dovuto porsi il problema: potrà un simile tipo di selezione portare ogni persona esperta e competente nel posto adatto per funzionare? Prima della risposta venne la crisi. La crisi politica di una formula di governo, la crisi tecnica di energie e di risorse, la crisi di dubbio sulla possibilità di governare e di mantenere armonia nel sistema. I più feriti devono essersi sentiti gli operatori interni dei partiti e delle varie correnti. Insegna Amitai Etzioni, il grande esperto della vita e della morte dei gruppi, che ogni nucleo minacciato tende a chiudersi. Quel piccolo «voi» con cui i funzionari di partito cominciarono a rivolgersi ai loro vicini di cultura e di impegno sarà forse stato il segnale. Porte sbarrate Ci vuole del tempo per raccogliere il senso di certi messaggi, che forse sono inconsci anche per chi li manda. « Intellettuali di area », ex cooptati e anche volontari, sinceri « part-time » della partecipazione politica, continuarono a premere da fuori contro le porte chiuse dei luoghi di decisione partitica, in cerca di udienza e magari desiderosi di offerta. Ma sempre scambiati per postulanti. Le basi smisero di essere sollecitate dal proselitismo. Si sente dire che i partiti, anche quelli di massa, non danno più tessere. Non sarà vero. Di certo non lo fanno più con la passione di un tempo. I tecnici non vengono più cooptati Gli apparati si sentono svincolati da quella specie di impegno culturale a scegliere il « miglior specialista » anche fuori. Ora lo specialista si cerca dentro. E' l'appartenenza stessa che specializza. Nascono i « veri credenti ». Assistete a una riunione fra due gruppi di area diversa, all'interno di una delle grandi strutture pubbliche in cui si svolge gran parte della vita italiana. Diciamo: alcuni cattolici e alcuni non cattolici. Poniamo che questi due gruppi abbiano lavorato insieme da molto tempo e abbiano cercato insieme certe strade, certe affinità, certi impegni comuni. All'improvviso notate che, in ciascuno dei gruppi, emerge un « vero credente ». Assume una brusca leadership che prima non gli spettava. Può farlo perché il suo legame va dritto al cuore di un apparato chiuso che cerca soprattutto per se stesso. A poco a poco la funzione professionale — il bravo tecnico, il bravo giornalista, il bravo docente — si disfa del peso del proprio professionalismo e raccoglie le sue energie intorno al solo dato che conta: la fede. Voi, dice senza mezzi termini il « vero credente » a chi si identifica con la sua professione, pensate ai dettagli. Alla decisione finale (che discende dalla fede) pensiamo noi. I « veri credenti » delle varie parti si capiscono a sguardi. Ma quando un gruppo si chiude e blocca il proselitismo e la cooptazione, dice Amitai Etzioni, il rischio che diventi sterile si fa molto grande. Arriva sempre meno sangue al cervello. Il metabolismo Idei gruppo si fa lento e ingolfato, gira e rigira sempre le stesse scorie. Ha il malumore di una pessima digestione. A questo punto esplode un altro fenomeno, che sembra a molti una sorta di rimedio. I partiti si sono richiusi intorno a consistenti zone di controllo e di potere, anche economico. Alcuni non devono più chiedere finanziamenti. Se mai finanziano. Ad impedire che la chiusura diventi sbarramento, il processo di cooptazione tende a invertirsi. Gruppi economici e organizzazioni di produzione si domandano: non sareobe meglio avere fra noi un « vero credente » che ci garantisca i contatti con...? Nasce un tipo di « agente segreto » che funziona sotto mentite spo garanzie i glie professionali. Il nuovo cooptato è scelto in quanto trasporta un legame, e persino una delega, con la zona chiusa dei « veri credenti », come una volta si prelevava un bravo direttore di marketing con tutto il suo indirizzario. Nei corpi dello Stato può succedere che i funzionari tentino di recuperare o agganciare rapporti mostrandosi sottobanco i fidati corrispondenti delle informazioni attendibili. Tre posizioni Il gioco rimane bloccato su tre posizioni: quella dei « veri credenti », quella degli agenti segreti e quella degli esclusi. Il talento di ogni genere, di cui il Paese è affamato, risulta disperso fra reticolati protettivi ma immobili. Ciascun gruppo è in posizione di tensione e difesa, dunque in equilibrio preca¬ rio, proprio nel momento in cui è necessario un fiume di immaginazione. Ma i partiti sono anche milioni di voti di gente intelligente e attiva che paga ogni giorno di persona e insiste nell'andar via da un passato peggiore di cui non ha nostalgia. Il suo futuro lo ha affidato alla rappresentanza politica, e intende continuare su questa strada. Ma perde il filo quando i « veri credenti » intrecciano in cifra i loro misteriosi discorsi, voltando le spalle. Quello fra i partiti che sbloccherà per primo una ta- le situazione di rischio avrà il grande merito di avere ga-rantito la crescita della no-stra democrazia, imperfetta ma irrinunciabile. C'è qualcuno che sa dire come questo avverrà? Furio Colombo

Persone citate: Amitai Etzioni