Cazzanìga: "Pagavamo senza porre condizioni"

Cazzanìga: "Pagavamo senza porre condizioni" Giornata cruciale per l'affare del petrolio Cazzanìga: "Pagavamo senza porre condizioni" L'ex presidente dell'Unione petrolifera si è presentato alla Commissione parlamentare inquirente dopo la revoca del mandato di cattura nei suoi riguardi - Il suo braccio destro, Cittadini, ha invece detto che il finanziamento ai partiti di governo era condizionante (Nostro servizio particolare) Roma, 4 aprile. Da oggi, praticamente, l'inchiesta della Commissione parlamentare inquirente sui petroli prende il via. Sono finite le reticenze, i rinvìi delle responsabilità. La grande giornata, dedicata agli interrogatori di Vincenzo Cazzaniga e di Carlo Cittadini, si è conclusa con l'acquisizione di elementi nuovi e determinanti per i successivi interrogatori e i confronti in programma. Tutti i petrolieri avevano scaricato ogni colpa su Cazzaniga, che per vent'anni è stato il presidente della Esso italiana e dell'Unione petrolifera. La maggior parte dei documenti, attestanti le presunte operazioni di corruzione politica, erano di pugno del suo braccio destro, Cittadini. Ciascuno dei due, per difendersi, ha incominciato ad attaccare. Così ne sono usciti malconci un po' tutti, petrolieri, partiti di governo, uomini politici. Si è rotta la complicità che legava gli uni agli altri. Anche fra i due personaggi del giorno si è profilata una diversa presentazione dei fatti. A sera, quando, dopo quattro ore" di interrogatorio, Cazzaniga si è allontanato, accompagnato dal suo difensore, i commissari che via via uscivano dall'edificio riconoscevano che, quella, era appena una « sospensione » nella deposizione che da lui essi attendono. Il suo arrivo a Montecitorio è stato quello di un big, che neppure da un ordine di cattura — per associazione a delinquere e corruzione pluriaggravata, revocato ieri — si lascia intimidire. Si è fatto largo fra i fotografi, avanzando con passo lesto. Corpulento e agile, aveva il viso abbronzato come chi ritorna da una lunga vacanza. Ha risposto alle domande dei cronisti senza scomporsi, con un pizzico di ironia. « Sono arrivato in Italia ieri sera — ha detto —, diciamo dall'estero. Sì, ho seguito tutta la vicenda dai giornali. Mi è parso tutto molto interessante. La mia salute? Ma sto benissimo! Ci mancherebbe anche questa! ». Anche davanti alla Commissione inquirente non ha perso smalto. E' stato più sfumato quando ha dovuto spiegare i suoi rapporti con gli uomini politici e i ministri. Non ha avuto cedimenti sul tema dei rapporti fra lui e gli altri petrolieri. Ha riconosciuto che l'Unione petrolifera finanziava i partiti di governo, « non spontaneamente, ma su precise sollecitazioni ». Ha spiegato come, spesso, queste richieste erano «drammatici appelli»: soprattutto alla vigilia delle elezioni, in particolare prima di quelle — anticipate — del '72. Ha precisato che il ruolo principale lo svolgeva la de, alla quale l'Upi versava i fondi destinati a tutti i partiti interessati. Ma ha negato (contraddicendo il suo ex braccio destro Cittadini) che quei versamenti e i provvedimenti legislativi avrebbero favorito i petrolieri. « Quei provvedimenti — egli ha sostenuto — sarebbero stati varati u- gualmente, in quanto conseguenti a fatti internazionali destinati a produrre sensibili mutamenti sul mercato petrolifero. Non era necessario fare opera di corruzione per raggiungere dei benefici, che ci spettavano comunque ». Ha ammesso che l'Upi provvide alla campagna promozionale per la realizzazione delle centrali termoelettriche. Però ha ribadito che si trattava del piano più conveniente, in quanto gli impianti termonucleari sarebbero stati ben più costosi. Ha detto di essere al corrente del famoso promemoria di Cittadini, che si è limitato, tuttavia, a definire « niente più che un'esercitazione! ». Ha accettato di essere riconosciuto come il leader della politica dell'Upi. Ma ha respinto le tesi dei petrolieri, secondo i quali nulla essi avrebbero saputo della destinazione dei fondi che versavano all'Unione e dei rapporti di questa con i partiti politici. « Siamo pazzi! — è esploso — Tutti sapevano. Tutti erano d'accordo. Le responsabilità eventuali, oggi, sono di tutti ». Ha ricordato come, ad un certo punto, alcune società abbiano cercato di svincolarsi dall'Uni tentando di stabilire rapporti diretti con i partiti di governo: è stato l'unico momento in cui sembrava stesse per perdere il suo self control, ma subito si è ripreso. Sulla guida rossa del corridoio che conduce all'aula delle sedute, Carlo Cittadini è apparso ad un tratto, verso le 9. Atticciato, elegante, è riuscito a non farsi notare grazie a un'accorta regìa dei suoi spostamenti, predisposta in anticipo. Ha preso posto davanti alla Commissione inquirente e ha esordito mostrandosi sicuro di sé, calmo. Ha perso via via prontezza, quando le contestazioni si sono fatte più incalzanti. Dopo tre ore di interrogatorio, se l'è svignata alla chetichella, eludendo la piccola folla di fotografi che lo attendeva. Ha fatto «grosse ammissioni» — come ha riferito un'autorevole fonte — sia pure bilanciate da una serie di «penso», «credo», «a quanto mi consta», con cui tendeva a ridimensionare sia il suo ruolo in tutta l'intricata rete di rapporti fra uomini politici e Unione petrolifera, sia l'entità dei fatti che lo hanno visto protagonista o semplice esecutore. Ha ammesso — è stato il primo a farlo, fra quanti sono tati interrogati dalla Comissione inquirente — che per ottenere determinati provvedimenti i petrolieri hanno pagato i segretari amministrativi dei partiti di governo, e che questa era una necessità cui non ci si poteva sottrarre. Ha tentato poi di attenuare la dichiarazione precisando di non sapere se i Liliana Madeo CContinua a pagina 2 in quarta colonna) savrdpdfaosdgtmfddcnl'utcsppp

Persone citate: Carlo Cittadini, Cazzaniga, Liliana Madeo, Vincenzo Cazzaniga

Luoghi citati: Italia, Roma