Cile: s'aprono i grandi processi

Cile: s'aprono i grandi processi La "giustizia,, dei militari contro gli uomini di Allende Cile: s'aprono i grandi processi Ministri e militari del governo rovesciato FU settembre trasferiti dall'isola di Dawson a Santiago - Principale imputato figura il generale Bachelet, morto in carcere una ventina di giorni fa - I difensori denunciano i pesanti limiti che sono posti dai "tribunali di guerra" (Dal nostro inviato speciale) Santiago, 5 aprile. I grandi processi stanno ormai sui banchi dei « tribunali di guerra » della capitale. Il regime militare sembra pronto a giudicarvi il governo rovesciato l'undici settembre con la forza delle armi. Dall'estremità australe dell'Isola di Dawson, i ministri e i dirigenti di « Unidad popular » che vi sono relegati da sci mesi saranno presto trasferiti a Santiago. Alcuni già sono qui; l'ex ministro della Difesa Clodomiro Almeyda è rinchiuso nell'accademia di guerra della forza aerea, la stessa dove restò a lungo il suo collega Jose Toha prima di morire. Gli avvocati che difendono i sessantasei militari e civili imputati nel giudizio rubricato come « Bachelet y otros » hanno ricevuto le ultime notifiche. Sarà questo il primo dei grandi processi; sebbene il suo maggiore accusato, il generale dell'aviazione Alberto Bachelet, sia morto in carcere venti giorni addietro. Per essere il primo risulterà anche esemplare. Il colonnello della forza aerea Horacio Otaiza, che lo ha istruito, dovrà verificarvi l'efficacia della sua logica giuridica. I principi sui quali si è basato fanno di lui il massimo degli inquisitori. C'è un punto chiave: contro gli accusati si procede sulla base della legge marziale proclamata con il colpo di Stato, il giorno undici di settembre, per reati presuntivamente commessi in un periodo precedente. L'aberrazione appare evidente, anche nel quadro dello stato di guerra, appena prorogalo per altri sei mesi. Il colonnello Otaiza tenta di eliminarla in una trentina di pagine dattiloscritte che introdu cono al fascicolo processuale. Egli ha intitolato tale premessa « prolegomeni » e vi fissa la filosofia dell'accusa. Le accuse Otaiza prescinde dalle procedure e punta a quello che stima essenziale. Lo stato di guerra, che affida ai militari l'amministrazione della giustizia, trova ragione di essere nell'esistenza di un nemico identificato, esterno o interno. Nel caso cileno il nemico sarebbe stalo il governo costituzionale di Salvador Allende, che i militari accusano di avere ternato di trasformarsi in una dittatura marxista. Il giudice della forza aerea tira quindi indietro tulli i tempi e conclude che questo nemico esisteva molto prima che le forze armate lo aggredissero, distruggendolo. Perciò non importa che il decreto che stabilisce lo stato di guerra porti la data dell'undici settembre e appaia sulla Gazzetta Ufficiale soltanto una settimana più tardi. Malgrado le forze armate giustifichino il « golpe » proprio con l'improvvisa scoperta di un nemico interno per l'inquisitore, la legge marziale va applicata fin da quando egli crede che siano sorte le condizioni che hanno poi portato a proclamarla. Sono i principi del processo alle intenzioni, della guerra preventiva. L'accusa fa riferimento all'articolo 245-1 del codice di giustizia militare: « Alto tradimento, per aver posto a conoscenza del nemico ordini o segreti militari di cui si era a parte in quanto membri delle forze armate ». Di conseguenza, su sei degli accusati (due capitani, un comandante di squadriglia, due sergenti e una recluta) pesa la richiesta della condanna capitale. Per gli altri ufficiali e sottufficiali in attesa di giudizio, tra i quali il generale Sergio Poblete e due colonnelli, tulli della forza aerea, le pene sollecitate vanno da cinque a Irent'anni di carcere. In pratica, tutti costoro avrebbero fornito a membri autorevoli del dissolto governo di « Unidad popular » informazioni sui gruppi militari « golpisti » e sul gioco delle promozioni ai vertici della gerarchia dell'Arma. Nel corso di interminabili interrogatori lo avrebbero ammesso essi stessi. A ricevere le informazioni sarebbero stati l'ex senatore socialista Erich Schnake e l'ex presidente del Banco Centrale, Carlos Lazo, detenuti come gli altri c pei i quali Olaiza chiede 30 anni di carcere e l'ergastolo, rispettivamente. La maggior parie degli accusali nel giorno del « golpe » non erano in servizio ed ignoravano ciò che stava accadendo nelle caserme. Il comandante Otto Becerra Schwartz fu arreslato e degradato all'istante, davanti alla truppa schierata, per essersi rifiutato di aderire alla sollevazione. Uno per il quale è stata chiesta la condanna a morte, il capitano Carlos Car- bacho Astorga, prese parte al « pronunciamiento » e guidò i suoi uomini in operazioni di rastrellamento e perquisizioni. Fu arrestato il 24 di settembre, mentre slava di guardia all'importante stazione ferroviaria « Mapocho », nel centro della vecchia Santiago. « Noi ci batteremo, pur negli angusti limiti del codice militare, perché quanto meno venga seguila la procedura dei tempi di pace; poiché in pace eravamo quando gli accusati avrebbero compiuti gli atti che adesso vengono loro addebitati. Ma i familiari sono convinti die soltanto la presenza di osservatori internazionali potrà garantire un minimo di legalità al procedimento, almeno rispetto alle stesse leggi di guerra», dichiarano gli avvocati difensori. La documentazione che offrono gli organismi internazionali presenti a Santiago alimenta certi timori. Risulla che sono ancora decine di migliaia i cileni rinchiusi nei campi di Chacabuco, Putrc, Isla Riiesco, Isla Ciricina, Pisagua, dal Nord al Sud del Paese; c ancora nelle carceri, nei commissariati, nelle caserme dei diversi reggimenti e nelle innumerevoli case private in cui si muovono i « Servizi segreti di intelligenza militare » (Sim) al coperto dell'anonimato. L'enorme maggioranza di qucsli prigionieri non è accusala di niente, né avrà un processo. Non li ha arrestati il potere giudiziario, bensì quello esecutivo in virtù dei poteri eccezionali conferitigli dallo « stato d'assedio ». I loro parenti spesso non sanno neppure dove stanno: dei 118 ricorsi di « habeas corpus » presentati nella sola provincia di Santiago, non uno è sialo accollo. La paura Le testimonianze di quanti sono passati per questo calvario suonano monocordi nel loro continuo, identico ripetersi. Racconti di giorni trascorsi bendati, stretti ad una sedia da una cordicella di nylon che sega i polsi e fa gonfiare le mani. E l'attesa dell'incognito, con i nervi e la fame che strangolano lo stomaco. Ogni ingresso del carceriere può significare l'annuncio della liberazione, oppure nulla, un controllo di più. Molti giurano ancora oggi di non sapere perché furono arrestati. L'interrogatorio arriva d'improvviso. Per i più vuol dire il panico; parlano, parlano e dicono ciò che gli inquisitori neanche si aspettano. Confessano qualsiasi cosa, anche se non l'hanno mai fatta né vista fare. Nella mente e nelle carni di ciascuno c'è il terrore della tortura. I processi finora svolti non confortano gli avvocali. Un caso: Pablo Domingo Marlinez, impiegalo, 30 anni, sposato, con due figli, condannato a 25 anni di fortezza per avere svolto attività sindacale con un'organizzazione di estrema sinistra. Racconta la moglie, Janinc, professoressa di letteratura francese: « Lo arrestarono in dicembre per la strada. Fu una sfortuna. Poi un suo conoscente, anch'agli detenuto, nella speranza di salvarsi lo accusò di essere un diligente del "Movimiento de Izquierda Revolucionaria", il Mir. Dopo due mesi di completo isolamento Pablo riuscì a vedere l'avvocate, al quale diedero 48 ore per preparare la difesa. L'accusa era di "avere svolto lavoro asociale" per conto del "Frente Trabajadores Revolucionarios", appendice sindacale del Mir. Mio marito è sempre stato soltanto un simpatizzante socialista ». Le minacce In giudizio, l'avvocato presentò una serie di obiezioni: « La militanza dell'imputato nel Frente non è stata provata e si basa sull'unico testimone di questo processo: comunque, nell'epoca cui risale appariva del tutto legittima. Né il Mir né il Frente arano allora illegali. Il "Fiscal" istruttore non ha convocato alcun testimone, ad ec¬ cezione di quello su cui poggia l'accusa. Quelli prodotti dalla difesa non riuscirono a farsi ascoltare, sebbene si siano presentati cinque volta in tribunale, infine dovettero rinunciare perché sul posto di lavoro li minacciavano di licenziamento se si fossero assentati ancora. Né i difensori né l'imputato hanno potuto rivolgere, neppure in dibattimento, domande all'unico teste dell'accusa. Il giudizio non offre le garanzie previste dalla "Dichiarazione universala dei diritti dell'uomo" e dal "Patto internazionale dei diritti civili e politici", quest'ultimo sottoscritto dal Cile nel dicembre 1966, sebbene non ancora ratificato ». Alla sentenza si arrivò in un solo giorno. Dice testualmente: « Si considera provata l'accusa, il consiglio di guerra condanna il presente Pablo Domingo Mar¬ linez, detenuto, a 25 di presidio». Gli avvocati difensori non riescono ad ottenere una copia del dispositivo della sentenza, per formale divieto del magistrato militare di zona. Ciò rende loro assai difficile anche la formulazione e l'inoltro di una richiesta d'indulto, nei termini voluti dalla procedura. Assolutamente sicura del proprio diritto e della propria verità, la giustizia dei militari non consente appello. Livio Zanotti Santiago. Detenute politiche nel campo di Pisagua, dove sono prigioniere oltre millecinquecento persone (f. Miguel)

Luoghi citati: Cile, Santiago