La Cee in "panne,,?

La Cee in "panne,,? Le incognite del Mercato comune europeo La Cee in "panne,,? Prima di rimettersi in moto, dovrà attendere che in Francia si esca dalle incertezze del dopo-Pompidou e che a Bruxelles sia affrontato il "rinegoziato" chiesto dal governo laborista inglese - Le dichiarazioni di Callaghan - I pericoli delle elezioni (Dal nostro corrispondente) Londra, 3 aprile. Ufficialmente, non si è pronunciata parola: ma ufficiosamente si è detto molto. E si sa così che, a giudizio di coloro che foggiano e dirigono la politica estera britannica, una lunga pausa calerà adesso sulla scena europea. In Francia, dopo l'improvvisa morte di Pompidou, bisognerà creare una nuova leadership: e a Bruxelles bisognerà attendere il « rinegoziato » voluto dal governo laborista inglese. In soli tre giorni, la cigolante macchina europea si è arrestata. Un alto funzionario ha sostenuto: « Forse, per Natale, cominceremo a capire in che direzione riprendere la marcia ». E' una previsione un po' troppo pessimistica: ma peraltro giustificata. I commentatori elencano le incognite. In Francia, non si tratta soltanto di eleggere un nuovo presidente: vi è tutta una situazione politica nuova, e il successore non potrà sfoderare in poche settimane la sua strategia diplomatica. Il « rinegoziato » britannico si presenta di estrema complessità, e come se ciò non bastasse è sempre possibile che il governo Wilson sia sconfitto alle elezioni generali. Queste elezioni potrebbero essere indette in giugno o in ottobr, e ogni ricorso alle urne porta sempre, inevitabilmente, un periodo, anche breve, d'incertezza. Dunque, una pausa. Ciò premesso, vi è ora un'altra domanda. Quali effetti avranno per l'Inghilterra i cambiamenti in Francia? O più schiettamente, saranno effetti benefìci o nocivi? Sembra una risposta paradossale, ma questa sera, a Londra, non si esclude affatto che l'avvento di un nuovo leader all'Eliseo faciliti il tentativo britannico di stabilire un diverso, o più conveniente, rapporto con la Comunità europea. Certo, Pompidou era un'ammiratore della Gran Bretagna, era amico dell'expremier Heath, fu lui ad aprire finalmente agli inglesi la porta dell'Europa, ma, negli ultimi tempi, il dialogo si era fatto più arduo, e velato di diffidenze. L'ascesa di Giscard d'Estaing o di Mitterrand potrebbe rasserenare l'atmosfera. Forse è un pio desiderio, un Wishjul thinking: ma è il parere di molti, e nel suo numero di domani il Times mostrerà di condividerlo. Giscard d'Estaing — si afferma — non è né ostile verso gli Stati Uniti né sospettoso verso la Gran Bretagna. Le insistenze di Kissinger e di Callaghan per più intense consultazioni dovrebbero trovare il suo consenso: e dalla nuova « comprensione » anglofrancese potrebbe nascere un più costruttivo slancio comunitario. Mitterrand, si ammette, è un'« entità sconosciuta », ma tenderebbe forse la mano ai fratelli socialisti inglesi con più cordialità di Pompidou e, senza dubbio, di Jobert. Alcuni calcoli potrebbero essere ovviamente turbati dalla caduta di Wilson e da un trionfo di Heath, che per l'Europa aveva trascurato Washington. Non è probabile, ma è possibile. Il dinamismo di Wilson, Callaghan e Healey non deve far dimenticare che questo governo è di minoranza e che, alle elezioni del 28 febbraio, il Labour party raccolse più seggi ma meno voti dei tories. Comunque, il tono è sempre quello di un'amministrazione scattante, con grinta. Criticato ai Comuni per la sua « cattiva diplomazia » a Bruxelles, il ministro degli Esteri Callaghan ha risposto oggi: « Visti i risultati ottenuti dal precedente governo, una diplomazia un po' più dura non farà male ». Nelle sue dichiarazioni, Callaghan non ha aggiunto nulla a quanto aveva già annunciato a Bruxelles. Ha ripetuto: « Stiamo cercando di stabilire se i nostri partners siano disposti ad arrivare a un'equa intesa: intesa che, dopo essere stata presentata al popolo britannico, ci permetterà di restare nella Comunità». Dopo Callaghan ha parlato Anthony Crosland, ministro dell'Ambiente. Ha confermato che resta valido l'accordo anglo-francese per il tunnel sotto la Manica. L'accordo è noto. Lavori preliminari sulle due sponde per meglio valutare le difficoltà tecniche: e, il prossimo anno, decisione finale, che naturalmente potrebbe pure essere negativa. Mario Clriello il capo dell'esecutivo intende recarsi a Mosca indipendentemente dagli sviluppi del dibattito congressuale suH'ztopeachment. Alla richiesta dei giornalisti di avere notizie più dettagliate sulle due previste mis- j sioni di Nixon all'estero, Warren non ha voluto fornire particolari di sorta, così come ha evitato di rispondere a domande relative alla possibilità che il Presidente si rechi a Parigi in occasione dei funerali di Pompidou e partecipi quindi a un eventuale « vertice » dei dirigenti europei nella capitale francese. La Casa Bianca — ha detto invece il portavoce — sta esaminando il rapporto di Kissinger sui suoi colloqui di dieci giorni fa a Mosca (missione sulla quale Warren non ha dato alcun giudizio; si sa che la Casa Bianca ha sempre minimizzato il mancato accordo sulle armi strategiche e sul Medio Oriente, mentre il segretario di Stato non aveva nascosto la sua delusione) e procede nei preparativi della visita presidenziale. Si è riaffacciata la consueta domanda sulla posizione di debolezza in cui potrebbe trovarsi Nixon nella capitale sovietica mentre incombono le procedure per la sua messa in stato di accusa; la risposta è stata esattamente quella data qualche giorno fa dal segretario alla Difesa James Schlesinger: «Il presidente non negozierà mai in posizione di debolezza. La decisione di andare a Mosca e basata esclusivamente su considerazioni di politica estera. Quando il signor Nixon partecipa a un vertice, tratta sempre da una posizione di forza, e ciò avverrà anche quando egli andrà nell'Urss». (Ansa)