Aziende di Stato in discussione di Mario Deaglio

Aziende di Stato in discussione Il convegno del "Ceep„ a Torino Aziende di Stato in discussione Nelle attuali tempestose vicende economiche le Partecipazioni Statali stanno perdendo buona parte del prestigio che si erano guadagnate nel corso degli anni del miracolo economico e che avevano conservato in buona parte negli Anni Sessanta. Molti sindacalisti, uomini politici e studiosi non considerano più Tiri, l'Eni e gli altri enti pubblici che complessivamente controllano centinaia di imprese, come i «giganti buoni» della nostra economia. Certe caratteristiche, inquietanti, del sistema sono balzate in evidenza e si chiede ora da più parti se l'intera formula» delle Partecipazioni Statali non debba essere ripensata o modificata. Uno degli aspetti che più si rimprovera alle Partecipazioni Statali è la segretezza del loro operare. Gli enti forniscono ben poche notizie sulle loro intenzioni e sui loro programmi. Al tempo del rinnovo dei contratti di lavoro, sul finire del 1973, il presidente dell'Iri si rifiutò di discutere con i sindacati il programma di investimenti del suo gruppo. Più di recente il presidente dell'Eni si è rifiutato di rivelare persino al suo vicepresidente il prezzo al quale le aziende del gruppo acquistano il petrolio. Parlamento e governo non hanno alcun collegamento diretto con le varie società a capitale pubblico. Possono consultare solamente i vertici del sistema delle partecipazioni, da cui ottengono dati complessivi e generali, così generali da sconfinare spesso nel generico. A questa scarsità di informazioni si aggiunge talora il fattore sorpresa, di cui le Partecipazioni Statali si avvalgono per operazioni importanti, come l'acquisto di una nuova impresa o l'ingresso in un nuovo settore: queste operazioni, condotte spesso all'insaputa del governo, vengono rese note solo a cose fatte. Un'altra critica sempre più frequente è che Tiri, l'Eni e gli altri enti di gestione, invece di agire come «bracci secolari» dello Stato in campo economico, si comportano come tentacoli disordinati, che si muovono di loro iniziativa, e spesso si fanno anche la guerra. I settori in cui ciascun ente deve intervenire sono mal definiti o non sono definiti affatto, e questo porta alla moltiplicazione dei contrasti, L'Iri litiga con l'Efim per la priorità nei programmi di rilancio alimentare; l'Egam, che gestisce le miniere, è ai ferri corti con lo stesso Efim per quanto riguarda il settore della metallurgia non ferrosa, mentre Egam e Iri sono in urto sul problema degli acciai speciali e vi sono questioni aperte tra Iri ed Eni per le iniziative in campo nucleare. Questi difetti si sono aggravati a causa delle difficoltà economiche generali. Tale aggravamento ha fatto sì che le critiche alle Partecipazioni Statali siano ormai condivise da studiosi e politici lungo un ampio arco di opinioni e di impostazioni ideologiche. Lo ha mostrato un dibattito organizzato a Torino dal Ceep, il Centro studi di politica economica, sui «Problemi di riorganizzazione e ecnlrollo delle Partecipazioni Statali». In un documento presentate in tale occasione, l'on. Giorgio La Malfa, economista e parlamentare repubblicano, e Roberto Coppola, collaboratore del Ceep, hanno proposto un rigoroso «codice di comportamento» al quale dovrebbero attenersi in futuro le imprese a porteci pazione statale: dovrebbe essere loro vietato di acquisire nuove società già esistenti o di formarne di nuove senza autorizzazione, mentre lo Stato dovrebbe imporre obiettivi specifici sulla destinazione dei fondi che loro concede e sul reddito che da questi fondi deve derivare. I bilanci dovrebbero essere più chiari e completi degli attuali mentre le imprese dovrebbero essere aperte a minuziose possi bilità di controllo. Sulle grandi linee di questa impostazione si sta delineando un vasto consenso. Pur con mol te differenze nei motivi e negli obiettivi che si propongono e nelle misure concrete che auspi cano i sostenitori dell'economia di mercato e i sostenitori di una puszzcp programmazione più incisiva sono d'accordo per lo meno su di un punto: che cioè sono necessarie da parte delle Partecipazioni Statali maggiore informazione e maggior sottomissione al controllo politico. In questo senso si sono espressi uomini politici come l'on. Peggio, uno dei principali esponenti economici del pei, il democristiano Giuseppe Gatti, che ha partecipato in rappresentanza dell'on. Bodrato, ed economisti autorevoli come Pietro Armani, Franco Reviglio e Francesco Forte. Dopo anni di silenzio e di sottintesi, il problema delle Partecipazioni Statali torna così ad essere di attualità tra i politici. Esso si qualifica chiaramente come problema di potere, di sapere cioè chi deve premere i bottoni che determinano decisioni importanti, che comportano investimenti di migliaia di miliardi e determinano strategie operative in settori chiave. La classe politica, dopo aver lasciato che i presidenti degli enti di gestione facessero in vece sua la «politica industriale», che era di sua competenza, sembra ora co- minciarc a rivendicare le prerogativa (e la conscguente responsabilità di fronte all'opinione pubblica) di decisioni che un tempo si era limitata ad avallare. E' ".no sviluppo nuovo che potrebbe portare nei prossimi mesi a modificazioni interessanti nel nostro sistema economico. Mario Deaglio

Persone citate: Bodrato, Francesco Forte, Franco Reviglio, Giorgio La Malfa, Giuseppe Gatti, Pietro Armani, Roberto Coppola

Luoghi citati: Torino