Pesanti accuse comuniste al "piano,, per la chimica
Pesanti accuse comuniste al "piano,, per la chimica Ieri rottura nel comitato d'indagine Pesanti accuse comuniste al "piano,, per la chimica Anche Donat-Cattin dissente dalle conclusioni della maggioranza; Giorgio La Malfa annuncia un suo documento - Attacco alla Montedison (Nostro servizio particolare) Roma, 3 aprile. C'è stata oggi una generale rottura di fronte tra i deputati che compongono il Comitato d'indagine parlamentare sulla situazione dell'industria chimica in Italia. Il pei ha emesso un documento nel quale denuncia che nel settore degli investimenti chimici s'è svolta una lotta « all'accaparramento dei fondi pubblici » che, oltre a un « colossale spreco di risorse», ha condotto « a forme di degenerazione della vita democratica e a gravi fenomeni di corruzione ». Il Comitato d'indagine sulla chimica iniziò a lavorare nell'agosto '72, e concluse nel gennaio '73. Una bozza di documento finale, variamente sollecitata dagli stessi presidenti delle commissioni che avevano predisposto l'indagine, è stata presentata al Comitato dal suo presidente (il de Mole) solo il 19 dicembre scorso. Oggi il Comitato doveva pronunciarsi sul documento conclusivo. Ma l'on. Giorgio La Malfa (pri) ne ha preannunciato uno proprio, non potendo approvare quello predisposto a nome della maggioranza. Anche il de Donat-Cattin ha dichiarato di non poter approvare il testo di maggioranza. Il pei, di fronte al nuovo rinvio, ha chiesto che la prosecuzione del lavoro sia rimessa alla discussione e alla votazione in sede di commissioni riunite Industria e Bilancio. Pei e gruppo della sinistra indipendente sono anche formalmente usciti dal comitato, e hanno poi reso noto un loro parere di mino ranza, firmato da Peggio (vi cepresidente del comitato) e da Anderlini, presidente del gruppo misto della Camera Il parere di minoranza è che il '73 ha mutato la situazione dell'industria chimica italiana « con una netta prevalenza della domanda sull'offerta ». Viene ricordato che tutti i gruppi chimici avevano sostenuto che in Italia era lontana una simile possibilità, tranne Rovelli (della Sir), che aveva affermato il contrario. In seguito al nuovo andamento, che « ha determinato un aumento dei prezzi chimici eccezionale e nettamente superiore all'aumento dei costi », la stessa crisi della Montedison « è apparsa rapidamente risolta almeno per alcuni suoi aspetti ». Ma perché tanto interesse politico del pei alla chimica? In passato (e su questo appare concorde quasi tutto il Parlamento) sono state spese cifre ingenti per costruire al Sud colossali impianti con finanziamenti agevolati, che danno poca occupazione e prodotti «. poveri ». Mentre c'è stata una lotta accanita per ottenere questi finanziamenti pubblici, la produzione è stata male indirizzata, tanto che da un attivo negli scambi chimici con l'estero si è passati a un deficit enorme. Si definisce errata la fusione Edison-Montecatini. Secondo il pei sì deve programmare il settore chimico, ma non si deve giungere alla « compenetrazione tra i maggiori gruppi ». Si denuncia che « lo straordinario aumento dei prezzi chimici '73 » probabilmente dipende anche « da accordi di cartello a livello nazionale e internazionale ». Occorre invece, si dice, « eliminare la finzione » che la Montedison sia privata, creando una finanziaria pubblica che raccolga le azioni Iri ed Eni della Montedison. Lasciando le cose come stanno « si dà vita a un nuovo tipo d'impresa a partecipazione statale, sottratto alle direttive e ai controlli di legge », si crea « un nuovo tipo di organizzazione del rapporto tra potere politico e potere economico (pubblico o privato) ». Infine nel documento si osserva che « la Montedison diviene sempre più un centro di potere economico e politico abnorme, che accresce i motivi di inquietudine riguardo al corretto funzionamento del sistema democratico ». Viceversa « l'individualità » dei tre maggiori gruppi chimici (Montedison, EniAnci, Sir-Rumianca), va mantenuta e rafforzata, anche se si debbono controllare tutte e tre le imprese, che hanno ricevuto e ricevono enormi finanziamenti pubblici. « In un Paese come l'Italia, nel quale tanto esteso è l'intervento diretto e indiretto dello Stato nell'economia, l'assenza di effettivi controlli democratici sull'azione del governo in campo economico — conclude il documento — ha fatto sorgere il pericolo, sempre più grave e incombente, di uno svuotamento pressoché totale del carattere democratico che la Costituzione ha inteso dare alla Repubblica italiana ». g. mazz.
Persone citate: Anderlini, Donat-cattin, Giorgio La Malfa, Peggio, Rovelli
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