Perché la Gazette de Lausanne è assorbita dal Journal de Genève di Francesco Fornari

Perché la Gazette de Lausanne è assorbita dal Journal de Genève Perché la Gazette de Lausanne è assorbita dal Journal de Genève Sopravvivono però le pagine con le notizie del Vallese - In questo modo il giornale può continuare la propria attività - "Noi stiamo molto attenti — dice il capo-redattore del «Journal» — perché il diritto all'autonomia e alla critica venga rispettato" - La Svizzera ha 334 giornali (Dal nostro inviato speciale) Ginevra, 2 aprile. La crisi della stampa si fa sentire anche in Svizzera: in questi ultimi anni, molti giornali hanno dovuto unirsi fra loro per sopravvivere, gloriose testate sono state soppresse, altre vivono una lenta agonia, ma la loro sorte sembra segnata. Un esempio: nel Cantone di Neuchàtel, una decina di anni fa c'erano ancora quattro quotidiani, oggi sono solo due. Si tratta di una situazione irreversibile: i costi aumentano, gli editori cercano di ridurli procedendo a fusioni, utilizzando gli stessi servizi, acquistando in comune. Si cammina verso la concentrazione, verso una minore originalità: le esigenze economiche dettano legge ed a farne le spese sono, per ora, i piccoli giornali, specialmente quelli a sfondo politico. Il 1973 era stato fatale ai fogli editi dal partito socialista, quest'anno la crisi minaccia invece i tradizionali giornali di orientamento borghese. Giorni fa, la Gazette de Lausanne, fondata nel 1798, è stata praticamente assorbita dal Journal de Genève, il cui primo numero risale al 1826. Entrambi di tendenza radicale-liberale, questi due giornali collaboravano già dal novembre '72, ma questa fusione rischia di fare scomparire dalla scena la Gazette, la cui redazione viene praticamente smantellata: dei dieci redattori, due verranno assunti al Journal (un redattore sportivo ed il corrispondente da Berna), tre continueranno la loro attività come collaboratori esterni, due (il direttore Francois Landgraf ed il corrispondente da Parigi) sono stati licenziati. Soltanto tre rimarranno negli uffici di Losanna per curare le pagine locali. La notizia della fusione dei due giornali è passata praticamente inosservata: in merito, l'associazione dei giornalisti svizzeri non ha rilasciato nessun comunicato, fra qualche giorno il direttore della Gasette assumerà l'incarico di capo-ufficio stampa al ministero delle Finanze di Berna, il 5 aprile i due giornali usciranno identici nella forma e nel contenuto, ad eccezione delle pagine riservate ai fatti delle province di Ginevra e del Vallese. «La Gazette diventa praticamente un nostro cliente — dice Claude Monnier, capo-redattore del Journal — ma non per questo cessa d'esistere. Sarebbe stato peggio se fosse scomparsa: in questo modo, invece, il giornale può continuare la propria attività». Monnier esclude che la concentrazione delle testate possa pregiudicare la libertà dell'informazione. «Se la fusione avviene fra giornali di uguale idea e formazione, questo pericolo non esiste. Noi stiamo molto attenti, perché il diritto all'autonomia ed alla critica vengano rispettati. La libertà di stampa nel nostro Paese è assoluta, i nostri giornali fanno da intermediari tra autorità e cittadini in piena indipendenza. Nessuno, per esempio, può costringerci a pubblicare un comunicato ufficiale, se non lo riteniamo opportuno. In una stessa redazione, si possono trovare sovente giornalisti con idee politiche contrastanti, che scrivono liberamente secondo le proprie convinzioni. Anche il Journal, di tendenza liberale, non è il riflesso di un partito, non ha delle posizioni fisse. Ci leggono tanto a destra quanto a sinistra». La Svizzera è una delle nazioni del mondo in cui escono più giornali, in rapporto al numero degli abitanti: 334, con una tiratura complessiva di due milioni 620 mila copie. Con una popolazione di 5,9 milioni di abitanti (come risulta dal censimento del 1967), si ha dunque un giornale ogni 17 mila 800 persone, una copia ogni 2,27. I quotidiani sono 118: soltanto due (il Tages-Anzeiger ed il Blìck di Zurigo) hanno una tiratura superiore alle 200 mila copie. Tutti gli altri sono al di sotto delle centomila. La Gazette de Lausanne non raggiunge le 13 mila copie, il Journal de Genève supera di poco le 17 mila. «Ci sono troppi giornali: ciò è antieconomico», afferma Claude Monnier. Per un quotidiano con una tiratura di diecimila copie, quattro telescriventi rappresentano una spesa quasi insostenibile. Nella Svizzera francese, 13 dei 23 quotidiani vengono ancora stampati a macchina piana. «Impossibile in questo modo essere competitivi con gli altri: oltre al fattore economico, esiste anche quello del prestigio: con lo sviluppo della tecnica la stampa è costretta ad aggiornarsi. Se un giornale non ha mezzi per farlo da solo, meglio che si appoggi ad un'altra testata», dice il caporedattore del Journal. E' il caso della Gazette: tempo fa, per ridurre le spese, era stata soppressa la pagina culturale e molti fra i migliori redattori se n'erano andati, ma il rimedio si è confermato peggiore del male. In Svizzera, i giornali non possono ricevere sovvenzioni dal governo, ma l'anno scorso il consigliere Lee Schuermann ha presentato al Consiglio di Stato un progetto di legge, per offrire contributi alla stampa al fine di «evitare situazioni di monopolio nel dominio della stampa e dell'informazione». Il progetto è ancora in discussione: forse, se fosse già stato e ...provato, la Gazette non avrebbe dovuto accettare la fusione, poiché il consigliere Schuermann, presentando l'approvazione, aveva sottolineato proprio la necessità di garantire ai .giornali «la possibilità dì assicurare la propria esistenza». Per ora, la crisi sembra limitata soltanto ai fogli politici. Ma anche i quotidiani di informazione cominciano a sentirne gli effetti. Eccessivamente conservatori, dopo anni di immobilismo stanno attraversando un periodo di mutamenti alla ricerca di formule nuove che meglio si adattino alla realtà d'oggi. Nell'insieme, tuttavia, i giornali elvetici rimangono seri, diffidenti verso la retorica, volti verso il concreto, un poco austeri. «C'interessa offrire un'immagine onesta e realistica della vita, senza aggredire i lettori con titoli e notizie sensazionali», afferma Claude Monnier. Il Journal de Genève dà largo spazio alle notizie di politica estera, economia, alle informazioni culturali. Gli affari interni sono «la parte più debole del giornale», come precisa il caporedattore. E' uno dei pochi quotidiani che continua a pubblicare gli articoli di fondo in prima pagina e le ultime notizie in ultima: una caratteristica alla quale la maggior parte dei giornali ha ormai rinunciato. Monnier giustifica questo conservatorismo affermando che «la stampa è l'immagine del Paese, ne rispecchia la mentalità e le preoccupazioni». Ma le esigenze del pubblico sono cambiate: Blick, un quotidiano lanciato circa 15 anni fa a Zurigo, è diventato il giornale svizzero di maggior tiratura. Il fenomeno è stato considerato scandaloso, ed ha dato origine ad aspre polemiche. Blick ha uno stile spregiudicato, un modo aggressivo di presentare gli avvenimenti. Non teme l'ironia e non è politicamente impegnato. Questa formula è piaciuta ai lettori: la miglior prova che risponde ad un bisogno, ad un'attesa. Francesco Fornari

Persone citate: Claude Monnier, Francois, Monnier, Vallese