Informazione e libertà di Franco Giliberto

Informazione e libertà Il dibattito al convegno di Milano Informazione e libertà Secondo gli oratori che sono intervenuti è necessaria l'autonomia economica per l'indipendenza dei giornali - Esaminato il problema dei costi e del prezzo (Dal nostro inviato speciale) Milano, 30 marzo. Ogni settimana che passa l'indebitamento globale dei quotidiani aumenta di un miliardo e mezzo di lire e si av via, entro l'anno, al traguardo dei cento miliardi. Come si può pensare ad una libertà di stampa se esistono, e si aggravano, i bilanci deficitari delle aziende giornalistiche? Come si può credere all'autonomia ideologica di chi dovesse elemosinare le risorse finanziarie per difenderla? La seconda giornata del convegno su « Informazioni e libertà », promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi, ha ancora una volta posto l'accento su questo tema, il più grosso nodo della crisi della stampa quotidiana. I numerosi partecipanti alle tavole rotonde del convegno hanno in verità esaminato vari altri aspetti della crisi della carta stampata: dai problemi della pubblicità a quelli del rinnovamento tecnologico. Ma ogni relatore (da Baldassarre Molossi, direttore della Gazzetta di Parma, a Riccardo Di Corato, direttore della Publikompass, da Luigi Barzini al direttore del Messaggero Veneto, Vittorino Meloni, da Giorgio Colzi, segretario della Federazione poligrafici e cartai, al direttore amministrativo del Corriere della Sera, Lorenzo Jorio, da Roberto Cortopassi, presidente della Confederazione nazionale della pubblicità, a a ei iv o si à gri ? ooe a eraoo o a leasi oloa o a e gi seeire re a na a Carlo Pelloni, amministratore delegato del Resto del Carlino) ha compiuto analisi specialistiche senza mai perdere di vista il nocciolo della questione: l'economicità dell'azienda, premessa alla sua indipendenza. Fra i provvedimenti concreti, che dovrebbero essere presi rapidamente, Carlo Masseroni, direttore amministrativo de La Stampa, ha indicato lo sblocco del prezzo dei quotidiani: « Soltanto portandolo a 150 lire — ha commentato —, oggi si può riequilibrare in parte la situazione dell'editoria quotidiana sull'orlo del collasso ». In una successiva analisi dei sistemi distributivi dei giornali, Masseroni ha elencato quante difficoltà bisognerà superare per « liberalizzare » i punti di vendita, sull'esempio dei Paesi anglosassoni. Il sen. Giovanni Spadolini, nell'ultima delle tavole rotonde della giornata, ha definito quella odierna come la più grave crisi che mai abbia colpito la carta stampata. Ha fatto intendere che esistono delle responsabilità: « Attentando alla libertà economica dei giornali, si attenta alla loro libertà, politica ». Ma chi vi attenta? Il prezzo politico imposto ai quotidiani, costretti a perdere 50-60 lire per ogni copia venduta, è una delle incongruenze che rientra in una deliberata manovra di soffocamento? Giovanni Giovannini, am¬ e o e i i à » . , e i e : . o 0 , e ¬ ministratore delegato de La Stampa, ha affermato: «C'è da chiedersi che cosa fa il governo. Di recente, è stato scritto: "L'unica spiegazione, non giustificazione, che si può intravedere in questa condanna dei giornali ad una lenta agonia, è che il governo sia fautore del detto "Il silenzio è d'oro" e che preferisca veder morire i giornali che essere disturbato dalle loro voci. Tanto più che, anche se i giornali muoiono, il popolo non rimarrà senza notizie: ci sono sempre la radio e la televisione. Vuol dire che queste, oltre ad avere il monopolio dell'etere, avranno anche quello dell'informazione scritta" ». Giovannini ha continuato: « Certo, l'autore di queste righe è il primo a non credere ad una simile ipotesi. Infatti la espone quasi in termini paradossali, di sfida. Ma, paradosso o no, è una sfida che chiediamo al governo, a questo governo Rumor, di raccogliere con urgenza e con chiarezza. Siamo stanchi noi, sono intollerabili per tutti altri rinvìi, confusioni, inazioni. Sarà per deformazione professionale, ma siamo profondamente convinti che nel nostro settore, nel settore della stampa, prima e più drammaticamente che in qualsiasi altro, si giochino le sorti della libertà e della democrazia in Italia ». Franco Giliberto

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