Mediterraneo: "Lago già votato alla morte,,

Mediterraneo: "Lago già votato alla morte,, La conferenza romana sull'inquinamento Mediterraneo: "Lago già votato alla morte,, Il colera ha focolai endemici lungo le rive orientali e meridionali - Da Gibilterra alla Grecia le città vi scaricano i rifiuti - Ogni anno vengono sparse non meno di 300 mila tonnellate di petrolio - Esistono pericoli anche per la catena alimentare (Dal nostro invialo speciale) Roma, 29 marzo. Sulle rive orientali e meridionali del Mediterraneo il colera è radicato, ha vecchie radici nel vicino Oriente. Trecentomila casi di tifo o di febbri tifoidi pesano sul bilancio sanitario di sette paesi costieri. I bambini da 2 a 12 anni pagano un tributo sempre più grave ai bagni di mare, essendo esposti a malattie della pelle, otiti, congiuntiviti, gastroenteriti, micosi, infezioni da virus e da parassiti. Tutto questo si deve al fatto che il 90 per cento delle fogne delle città costiere, dalla Grecia a Gibilterra, si versa direttamente nelle acque del Mediterraneo, con aggiunta degli inquinamenti chimici, prodotti da una «delirante proliferazione di scarichi in mare che vede in testa la Francia, seguita a ruota dalla Spagna e dall'Italia». Parole del francese J. Brisou, professore di batteriologia a Poitiers, uno dei pochi esperti che non abbia presentato prudenti e generiche relazioni a questa «conferenza interparhmentore sull'inquinamento del Mediterraneo», aperta oggi a Roma presso la Fao. Che il Mediterraneo fosse ammalato lo sapevamo tutti, e da parecchi anni. I convegni italofrancesi di Nizza nel 1970, quelli italo-franco-monegaschi e italo-jugoslavi tenuti a Monaco, a Genova, a Roma, fino ai ripetuti incontri interparlamentari, avevano fornito informazioni e avevano sottolineato l'urgenza di misure drastiche. Cousteau, invitato alla conferenza a titolo personale, come Aurelio Peccei e Lord Ritchie Calder, lo ripete dal 1969: «Se non si invertono le tendenze in atta, il Mediterraneo diventerà uno stagno malsano fra venti o trent'anni». Ci aspettavamo da questa nuova conferenza interparlamentare messaggi diversi, impegni politici precisi. A giudicare dal programma, e dalle relazioni presentate, non si va oltre le denunce (raramente documentate e coraggiose), gli ammonimenti e le esortazioni. C'è stato il colera a Napoli, altro che presa di coscienza e opera di sensibilizzazione. Oggi il problema dell'inquinamento è troppo conosciuto perché si debba ancora sottolinearne la gravità. Il presidente Leone ha mandato un messaggio alla conferenza non potendo intervenire. «E' indifferibile l'impegno di attuare con urgenza tutti i provvedimenti atti a impedire l'ulteriore degradazione del Mediterraneo». Ma lungo le coste mediterranee i governi e i Parlamenti (dove esistono) sono veramente decisi a muoversi? Facciamo l'esempio del petrolio. Il relatore, P. G. Tefferey, stima in 300 mila tonnellate annue la quantità di petrolio sparsa nel Mediterraneo da fonti marine e terrestri. Ebbene, gran parte di questo inquinamento è dovuto al fatto che i punti d'attracco per le navi cisterna, in Algeria, in Tunisia, in Libia, in Egitto, in Libano, non hanno attrezzature idonee allo smaltimento delle acque di zavorra. Le navi arrivano cariche d'acqua di mare fino al porto o al terminal in cui imbarcheranno il greggio, e qualche ora prima di cominciare le operazioni si svuotano al largo, spargendo milioni di litri di residui oleosi. I governi nordafricani dovrebbero decidere subito, senza più attendere accordi internazionali o nuove indagini scientifiche, il finanziamento di impianti a terra per ricevere e depurare le acque di zavorra delle petroliere. Diversamente tutto resterà immutato, e le correnti porteranno dalle coste nordafricane al Tirreno gli idrocarburi così dannosi alla salute umana e alla vita sottomarina (le misure prese dalle compagnie di navigazione non hanno valore radicale). La salvezza del Mediterraneo dipende in buona parte anche da nuove politiche di sviluppo economico, con rinuncia all'uso indiscriminato delle materie plastiche (l'infestazione di contenitori di ogni dimensione); dipende dal contenimento delle prò duzioni chimiche di base, dal controllo dei pesticidi e dei de tersivi, fonti d'inquinamento chimico spesso non visibile ma gravissimo. Il mercurio e i pesticidi hanno la proprietà di accumularsi negli organismi marini passando in quelli umani attraverso la catena alimentare. Per ora nessuno dei Paesi rivieraschi ne ha tenuio conto; la petrolchimica viene potenziata sulle coste italiane e francesi, sta per invadere altre coste senza cautele. In più si diffondono dall'Egeo al Tirreno, al Mediterraneo occidentale, le ricerche sottomarine di petrolio, nell'assenza di leggi contro l'inquinamento dovuto a perforazioni della piattaforma continentale. Il ministero dell'Industria ha concesso licenze per ricerche di petrolio anche nelle aree di parchi marini, I sintomi dell'avvelenamento del Mediterraneo sono visibili lungo tutte le coste mediterranee. Nella relazione del jugoslavo S. Keckes, studioso del Centro di ricerche marine di Rovigno, si parla di «onde rosse» in molti porti e golfi dove il ricambio d'acqua è lento; di morie di pesci lungo le coste della Turchia, d'impoverimento del patrimonio ittico nelle acque di Barcellona, di Marsiglia, di Genova, di Trieste, di Spalato. Rifiuti acidi provenienti dalle miniere hanno avvelenato la baia di Morphon, a Cipro. Scarichi industriali causano gravi danni nelle acque di Israele. Lo sgombro è praticamente scomparso dal mare della Turchia. Lungo le coste francesi il 70 per cento dei molluschi sono contaminati da residui del cloro. Il turismo contribuisce pesantemente all'inquinamento organico con gli scarichi concentrati in pochi mesi estivi: le sole coste occidentali del Mediterraneo hanno avuto nel 1972 85 milioni di «presenze». La necessità di politiche armonizzate, proposte nella relazione Gerelli, appare evidente. Situazione senza vie d'uscita? Queste conferenze non sono inutili se ai contributi degli scienziati e degli esperti si somma la pressione dell'opinione pubblica sui politici per ottenere almeno qualche passo concreto «Non possiamo continuare spensieratamente sulla via fin qui seguita, porta alla catastrofe», ha detto l'onorevole Merli, presidente del comitato parlamentare di studio sulle acque. Le raccomandazioni finali, da votare il 3 aprile a chiusura dei lavori, saranno trasferite ai singoli Parlamenti. Questi potreb¬ bero intanto adottare le misure sottoscritte alla conferenza di Stoccolma del 1972, e armoniz- zare le rispettive legislazioni con g'i accordi internazionali: dalla Convenzione di Londra sugli scarichi nocivi alla Convenzione Imco del 1973. La lentezza del le procedure di ratifica è invece esasperante. E il tempo a dispo- sizione è scarso: il ricambio dell'acqua del Mediterraneo richiede un secolo. Mario Fazio

Persone citate: Aurelio Peccei, Cousteau, Gerelli, Lord Ritchie Calder, Mario Fazio