Un tentativo per integrare ragazzi di ogni ceto sociale

Un tentativo per integrare ragazzi di ogni ceto sociale Ad una ad una le scuole di Torino Un tentativo per integrare ragazzi di ogni ceto sociale Nell'elementare di corso Cadore, al centro di un quartiere tutto nuovo - "La mescolanza dei ceti è essenziale. Questa scuola è un esempio di perfetto inserimento dei bambini" - Difetti: manca il giardino; ci sono scarse possibilità per il doposcuola Da una parte il Po dall'altra la Dora e nell'ansa dei due fiumi le propaggini più moderne del quartiere Vanchiglietta: « torri » a dieci piani, enormi alveari dell'edilizia popolare, file di case modeste ma decorose, una popolazione varia: operai, artigiani, commercianti, professionisti. Pochi i diseredati che hanno trovato rifugio nelle case malsane del contiguo vecchio borgo. Quasi al centro la chiesa di S. Giulio d'Orta, una grande piazza in terra battuta e una scuola con 650 alunni: è l'elementare di corso Cadore, due anni di vita, succursale della Muratori. Dice una giovane maestra: « La scuola dovrebbe cercare materia di lavoro nella vita del quartiere che è un nucleo completo, con fabbrica, supermercato, giardino lungo il fiume, classi sociali e culturali diverse. Un potenziale di idee da sfruttare con inchieste fatte dai ragazzi. I loro interessi sono là, fuori dalle mura scolastiche. Se si vuole che l'insegnamento non sia sterile, deve essere aderente alla realtà quotidiana ». Perciò i ragazzi di quinta hanno dedicato tempo e lavoro a ricerche di ogni tipo, dall'ecologia all'alimentazione, con interviste in famiglia e nei negozi; hanno compilato tabelle sul valore calorico dei cibi, comparato prezzi e pesi di prodotti acquistati in negozio o al mercato, sviluppato cronache dopo la visita di missionari laici o di giornalisti. Ma l'entusiasmo e la buona volontà di rinnovare la didattica urtano contro ostacoli insormontabili: aule sovraffollate, rotazione di maestri, abitudini dure a morire. Breve carriera Dieci allievi su trenta che frequentano questa quinta elementare hanno ripetuto almeno una classe nella loro breve carriera scolastica. Sono figli di manovali, di operai, di analfabeti, di emigrati dal Sud sui treni della speranza. Famiglie numerose (sei, persino dieci Agli) che hanno avuto una sola fortuna: ottenere una casa dell'edilizia popolare più recente. Che funzione ha svolto la scuola nel confronti di questi ragazzi? Mi dice un'alunna, 14 anni, 10 fratelli, quattro stanze, tre bocciature alle spalle: « Quest'anno finisco e a scuola non ci vengo più. Anche i miei fratelli hanno smesso in quinta, qualcuno in quarta. E con ciò? Meglio lavorare. E poi le medie costano ». L'esempio non è isolato. Quasi in ogni classe trovo ragazzi che hanno incontrato la scuola dell'obbligo già in condizioni di emarginati. Dodici anni, una famiglia di tredici persone, un solo stipendio, quello del padre operaio: Domenico è in terza. « Ha un ritardo evolutivo — mi dice il maestro — è raro il caso di figli di analfabeti bravi a scuola. Ha già fatto progressi dall'inizio dell'anno. Io glielo dico sempre: se studi, se sei bravo, ti promuovo; ma in quarta devi stare attento. Se non vai bene, ti boccio ». Un discorso sconcertante. Sul problema delle bocciature si scontrano gli insegnanti di opposte fazioni. « Dobbiamo andare verso una scuola non selettiva — sostiene una maestra poco più che ventenne —, bocciare è ingiusto e inutile. Lavoriamo su materiale umano. Non dimentichiamolo ». Un'altra maestra: « Se si riesce a stabilire un rapporto diretto con il bambino, anche i disagi di carattere ambientale possono essere superati. Il figlio del professionista non ha certo due teste; è soltanto più fortunato, ha libri, una casa spaziosa e senza problemi, ha qualcuno che lo può aiutare e seguire a casa, ma i pigri e gli immaturi si trovano in ogni strato sociale. Chi è viziato crea a noi insegnanti anche qualche problema in più: ad esempio il sabato se ne va in montagna n. L'inserimento sociale del bambino dipende in gran parte dal maestro, dalla sua carica umana, dalla sua capacità di applicare una didattica nuova che trae spunti dalla vita. In una prima convivono in allegria figli di muratori, di professionisti, commercianti e venditori ambulanti, operai, disoccupati. A metà anno scrivono e leggono tutti senza gravi difficoltà. « Sono bravi — afferma la maestra —. Importante è tener desto il loro interesse, magari parlando di panini al prosciutto, anche questo argomento, che fa venir loro l'acquolina in bocca, serve per insegnare parole ». In classe c'è brusio, un po' di movimento; due bambini si scambiano un pugno ed un insulto. « Se dicono parolacce non è un dramma. Ormai è un'abitudine in ogni famiglia. Perché dovrebbero fingere di ignorarle proprio a scuola? ». Nota sul diario Anche la vecchia ed aborrita nota sul diario per i genitori non serve più. « Il colloquio è tra me e il bambino. Che c'entrano i genitori? Tutt'al più scrivo una lettera personale all'interessato. Devono assumersi le loro responsabilità ». Cristina, una bimba bionda con grandi occhi scuri, mi fa vedere una letterina della maestra: « Cara Cristina, le bambine che chiacchierano troppo come fai tu sono scolare che sbagliano spesso. Non lo sai?» Cristina mi spiega: «Io le ho risposto a voce. Ero un po' offesa con lei, ma adesso non più ». E se ne toma al banco soddisfatta. I genitori esprimono in genere giudizi positivi sulla scuola di corso Cadore. « Elisabetta è in terza — dice il padre, professo- re nelle superiori. — Non solo ci va volentieri, ma ne è entusiasta. La maestra svolge un lavoro proficuo con un aggancio concreto agli interessi degli alunni. Tutto si ricava con il ragionamento. Non c'è confronto con la scuola privata frequentata l'anno scorso dal mio primo figlio: era seria, sì, ma non formativa ». Anche l'ambiente scolastico cosi disparato è considerato un bene per i ragazzi. « Si stimola la loro socievolezza — sostiene una madre. — I più aggressivi imparano a stare in compagnia, i più viziati dal benessere scoprono la realtà della vita ». li'équipe del servizio medico psico-sociale, presente all'interno della scuola, è d'accordo: «La mescolanza dei ceti è essenziale sotto un profilo psicologico e sociale e questa scuola, a confronto con altre, è un esempio di perfetto inserimento di qualsiasi bambino. Esistono, è vero, casi difficili, che necessitano di un insegnamento individualizzato, ma non si tratta di veri e propri deficit intellettivi, quanto piuttosto di blocchi emotivi. Perciò si preferisce inserire anche ì bambini con disturbi di linguaggio o di spazialità all'interno di una classe normale. La comunità li arricchisce, li aiuta ». In una seconda troviamo un esempio pratico di queste affermazioni. Mario ha dieci anni. Dopo due anni trascorsi in una classe speciale una maestra ne ha tentato il recupero: « Il lavoro è impegnativo, faticoso. In pratica faccio una lezione per lui ed una per gli altri; ma ho insegnato ai bambini ad essere autonomi. Perciò mi posso dedicare a Mario, mentre gli altri disegnano o applicano ciò che ho spiegato. Ha fatto progressi evidenti; soprattutto ha acquistato una forma di socievolezza che gli era sconosciuta. Nella classe speciale (ne esiste una nella scuola ed ha quattro allievi: n.d.r.) non vuol più tornare. Mi dice: "DI là urlano, qui c'è tranquillità ed i compagni mi vogliono bene". Non so però se riesco a portarlo con me anche in terza. Scrive qualche cosa, conta fino a dieci. E' un successo. Ma può bastare? ». Forse il tempo pieno sarebbe la soluzione migliore. « Occorrerebbero anche classi di rotazione — asseriscono i membri dell'equipe psico-sociale — e un insegnante in più ogni tre classi ». Un miraggio per ora. Nella scuola di corso Cadore si è riusciti a completare l'insegnamento del mattino soltanto con corsi di inglese e ginnastica al pomeriggio. « Ma sono a pagamento, una vera discriminazione per i bambini più poveri — afferma una maestra del doposcuola —. Avremmo bisogno di un giardino (lo spazio attorno all'edificio c'è, ma è ricoperto di erbacce e dì rifiuti, il Comune von ha ancora provveduto al suo assestamento); lo si potrebbe coltivare ad orto, i bambini dopo la refezione potrebbero fare una passeggiata ». Invece, dal tavolo della refezione — dove ho mangiato con loro minestra di riso e patate, una grossa fetta di prosciutto cotto, purea di patate ed una mela — gli scolari passano subito al banco. Attività Integrative? « Cerchiamo di fare. Di idee e di buona voglia ne abbiamo. Ma mi dica lei, che cosa si può inventare con il materiale didattico a nostra disposizione? ». MI mostra qualche latta di vernice, fogli da disegno, una scatola di tempere, tre panetti di Das, un barattolo di colla, un archetto per modellare 11 polistirolo. Ma il polistirolo non c'è C'è invece un pacco di gomitoli di lana. I bambini 11 usano per decorare portatovaglioli ricavati da pezzi di cartone. « E' un regalo delle bldelle. Ci aiutano come possono ». Simonetta Conti I maestri di corso Cadore: « L'insegnamento deve aderire alla realtà quotidiana »

Persone citate: Simonetta Conti I

Luoghi citati: Torino