Precise le accuse per i "libri neri,,

Precise le accuse per i "libri neri,, Lo scandalo del Casinò Precise le accuse per i "libri neri,, 1 testi confermano le pressioni che furono fatte sul presidente dell'Ata per ottenere denaro e carriera (Dal nostro inviato speciale) Sanremo, 27 marzo. Alla seconda udienza, il processo per la vicenda dei « libri neri » del Casinò di Sanremo incomincia a dipanare l'intricata matassa dei contatti, delle pressioni e delle richieste che, nel periodo maggio '62-settembre '63, gli otto esponenti politici sanremesi imputati di concussione, avrebbero esercitato su Luigi Bertolini, presidente della società che gestiva la casa da gioco, allo scopo di ottenere denari e vantaggi di carriera a favore del personale dipendente del Casinò. A favorire la ricostruzione di quell'ambiente hanno contribuito alcune deposizioni di testi e in particolare quelle di Silvio Dian, presidente dell'ordine degli avvocati presso il tribunale di Sanremo, e dell'avv. Roberto Moroni. Entrambi facevano parte, nell'epoca in cui si svolsero i fatti, del Consiglio comunale, ed erano membri della commissione comunale di vigilanza sul Casinò, il Dian in rappresentanza del psi ed il Moroni quale esponente del gruppo msi. «Il 24 maggio 1963 — ha raccontato Dian confermando l'autenticità di un foglio del "dossier nero" — mi recai dall'avv. Bertolini in quanto ero venuto a conoscenza delle pressioni di cui era fatto oggetto da parte della Democrazia Cristiana. Gli chiesi, a nome del mio partito, di non aderire alle richieste di promozione dei dipendenti Bergonzo e Pesante, in quanto si sarebbe trattato di vantaggi esclusivamente politici e non aderenti alla realtà obiettiva della situazione. In quel periodo circolavano anche voci su passaggi di denaro dal gestore a uomini politici, ma non ero in grado di poterle accertare ». A richiesta del p.m., l'avvocato Dian afferma che il Bertolini non gli fece mai alcuna offerta di nessun genere. «Nell'imminenza dell'asta per l'aggiudicazione della gestione del Casinò — continua il teste — venni a conoscenza, assieme all'avv. Moroni, di voci relative ad una possibile esclusione di tutte quelle società che avrebbero potuto contrastare il passo all'Ata. Ci recammo dall'allora sindaco Fusaro riferendogli queste voci e avvisandolo che se si fossero verificate avremmo provveduto a inoltrare denuncia alla procura della Repubblica. Il sindaco ci rispose che avrebbe ammesso all'asta tutti i concorrenti che si fossero presentati ». Questi particolari sono stati confermati subito dopo dall'avv. Roberto Moroni, -,1 quale ne ha aggiunto degli altri: «Già dal 1961 il Bertolini mi diceva: "Io sono una mucca da mingere, ma un giorno o l'altro l'Ata rimarrà senza latte per tutti". Non mi precisò, però, nomi e cifre. Nel 1968, quando il Consiglio comunale doveva deci dere se concedere il rinnovo per 5 anni al Bertolini, la speciale commissione, di cui fa¬ cemcaremuridal'al'Aseseepnsoqtrpgmn1fecBcduinlaBqcndsdgtatiatadtadpdmm«clucntndrlefartsbtlsnrdzr cevo parte, incaricata di esaminare la conduzione della casa da gioco, espresse parere negativo. Il Consiglio comunale, invece, decise, con un solo voto di scarto, per la riconferma. Nel corso dell'indagine della commissione, l'allora amministratore dell'Ata, dott. Ruggiero, mi disse che erano corsi dei soldi, senza precisare in merito ». Vengono alla luce anche episodi di contrasti tra esponenti de, e li riferisce lo stesso Moroni accennando a quelli che sarebbero insorti tra il sindaco Fusaro da una parte e Penna, Perla e Bergonzo dall'altra, sempre in merito all'asta per la gestione del Casinò nell'ottobre 1963, quando l'Ata fece l'offerta vincente dell'83,20 per cento, che fece esclamare a Bertolini: « E' una vittoria che mi costa sangue, ma non devo ringraziare nessuno ». Domani, terza giornata di udienze, sarà dedicata quasi interamente alla lettura della deposizione dell'avv. Luigi Bertolini. Il documento, sul quale si basa l'accusa di concussione, consta di un centinaio di pagine verbalizzate dal giudice istruttore nell'estate 1970. Vittorio Preve

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