Rassegnati agl'imbrogli di Ennio Caretto

Rassegnati agl'imbrogli SENZA DIFESA IL CONSUMATORE ITALIANO Rassegnati agl'imbrogli Per il controllo sulla qualità, la quantità, il prezzo dei prodotti siamo in coda all'Europa: lo ammette lo stesso governo E' diffìcile persino la messa al bando dei medicinali nocivi - Contro gli abusi occorrono anche iniziative dei compratori (Dal nostro inviato speciale) Roma, marzo. Un viaggio nell'Europa del consumatore porta alla conclusione che quello italiano è il meno protetto e il peggio informato di tutti. Tanto sembra accidentale la sua difesa quanto costante la sua capacità di adattamento all'abuso. Già otto anni fa, in Strategia delle riforme, Francesco Forte osservava: «Non abbiamo una moderna legislazione di tutela del consumatore dalle pratiche commerciali e promozionali che turbano le sue possibilità di scelta». Oggi, parlandomi nel suo studio, il ministro del Commercio estero Matteotti aggiunge: « Il nostro è un cattivo consumismo, diseducato e non di rado aperto a speculazioni». Vi sono in Italia le premesse per un equilibrio economico: grandi imprese private e pubbliche, enti locali e sindacati, associazioni di categoria. Ma in questi poteri è ancora forte la tentazione corporativa, né li sorreggono sempre istituzioni statali rispettose del cittadino e meritevoli del suo rispetto. « Produciamo talvolta beni che restano inutilizzati » dice Matteotti « abbiamo consumi-feticcio. Mancano controlli sulla qualità e sui prezzi. E' in difetto anche il consumatore, incapace di elaborare una sua filosofia e di trovare dei termini di paragone ». Se in Europa esiste un Paese dove la battaglia del consumatore si svolge ad armi ineguali, esso è l'Italia. Che cosa avviene da noi e che cosa avviene nel resto del Mercato Comune? Questa casistica è forzatamente frammentaria, ma ba- ,„e,«yr£,«»jc,»«,w, '»« sta ad illustrare le nostre anomalie. Rispetto allEuro- pa, noi conserviamo sistemi anacronistici di vendita; se sono discrezionali, non introduciamo i meccanismi protettivi del consumatore; adottiamo duplicità di comportamento a seconda se operiamo sul mercato interno o su quello estero. A volte, non si applicano nep- pure le leggi: nelle parole della commissione di Bruxelles, persino le direttive contro la tossicità di alcuni prodotti vengono attenuate o dall'incuria dei funzionari o in omaggio agli interessi j finanziari. Qualche esempio, SolQ Vagricoltura italiana e obemta daRa tara.mercet J cìoè dalvinclusione del con. tenitore nel peso del prodotto. Secondo calcoli dell'Unione nazionale dei consumatori, « l'incidenza dei profitti illeciti lucrativi della tara-merce supera forse i 40 miliardi di lire annui»: «più di un miliardo di chilogrammi in legno vengono impo¬ sti ai dettaglianti.a una media di 130 lire l'uno ». Un esempio d'altro genere. L'aspirina, che è tra gli otto medicinali più venduti in Italia, può causare disturbi nell'apparato digerente, disfunzioni renali e così via in or¬ ganismi a essi predisposti: j in Francia, le autorità sanitarie hanno costretto i produttori a segnalare questo pericolo; in Italia, l'aspirina è definita « innocua ». La differenza tra le condizioni del consumatore europeo e quello italiano è compiutamente riassunta dalle etichettature. Prendiamo la stessa scatola di pomodori ti made in Italy ». Su quella che ci viene venduta è scritto « grammi 800 », su quella che viene venduta in Germania « grammi 480 ». Perché? Perché in Germania la legge richiede che sia indicato il peso al netto del liquido, in Italia no. Oppure prendiamo la stessa scatola di biscotti. Per l'acquirente italiano, tra gli ingredienti figurano «aromi naturali », per quello inglese « artificial flavours », cioè aromi artificiali. Perché? Perché il nostro ministero della Sanità considera naturali anche le sostanze aromatizzanti riprodotte « per sintesi chimica » (per inciso: l'Inghilterra esige altresì che si elenchino gli additivi e i coloranti). «Res publica res nullius»: questa è forse la chiave interpretativa della benevola negligenza di taluni nostri amministratori nei confronti del consumatore. E' il caso dell'olio di colza. Da un anno, l'Europa è in allarme perché esso contiene il 50 per cento di acido erucico, una sostanza che favorisce \ l'aborto, la sterilità e disturbi cardiaci. Alla fine di gennaio, il nostro ministero della Sanità ha stabilito che a partire dal primo aprile la concentrazione di acido erucico nell'olio di semi e nella margarina non possa superare il lS°'o. Ma, contemporaneamente, ha concesso ai produttori sei mesi di tempo per smaltire le scorte con percentuale molto maggiore: un espediente, questo, a cui non s'è fatto ricorso in altri Stati europei. L'assenza di una politica razionale del consumatore in Italia appare ancora più grave se paragonata ai progressi compiuti in questo campo da Paesi come la Svezia e l'America. Seguendo metodi diversi, essi sono riusciti ad agire su due fronti: hanno mobilitato l'opinione pubblica, e hanno riformato il codice. In Svezia esiste oggi un « tribunale di mercato », in America sono state varate diciassette leggi speciali. Il consumatore è divenuto una forza politica che né il governo né l'opposizione possono ignorare. Sarebbe tuttavia ingiusto considerare l'Italia il purgatorio dei consumi in Europa. Anche da noi c'è una casistica positiva sulla protezione del consumatore. Sia pure nei limiti modesti del bilancio e delle circostanze, il governo, in particolare il ministero dell'Agricoltura, ne fa prevalere spesso le ragioni. I « pretori d'assalto », soprattutto quelli di Genova e Trieste, non esitano a colpire abusi e soprusi. Ci sono associazioni e riviste attente, tra le altre cose, alle violazioni del codice di lealtà pubblicitaria. A parere del ministro Matteotti, il passaggio da misure empiriche a un sistema organico di difesa del consumatore in Italia, è inevitabile e imminente. Ma non può prescindere, mi dice, da una presa di coscienza popolare, una pedagogia civile, un nuovo modello di comportamento e un diverso ordine socio-politico di precedenze. Il ministro confida anche nella preparazione di una parte della classe imprenditoriale italiana, che ritiene non inferiore alla migliore europea; parte imprenditoriale non sorda a considerazioni di progresso e di prestigio, né cieca a motivi oggettivi di coincidenza tra l'interesse collettivo e quello dell'industria. In realtà, mentre è impotente o quasi di fronte alla semiparalisi del Parlamento, della giustizia e di altre isti¬ tuzioni, il cittadino italiano dispone di un notevole margine di manovra nel campo dei consumi. Qui egli può dimostrare la propria maturità, esercitare le pressioni più forti, partecipare alla gestione pubblica. Dove un diritto non gli viene riconosciuto, lo impone, perché è nei suoi mezzi. E che la sua volontà conti lo conferma un episodio dell'anno scorso, quello dei « farmaci inutili se non dannosi », prima tolti pei reinseriti nel prontuario dell'Inam. L'anno scorso, una missione medica presieduta dal professor Silvio Garattini di Milano accertò che oltre 500 specialità approvate dall'ente mutualistico erano obsolete oppure nocive. L'Inam le abolì tutte, ma dopo poco ne ripristi¬ com- nò 357. Tra le 357, v'erano composti di insoprotenerolo, pericolosi per gli ammalati di asma, e di cloramfenicolo, che possono alterare il sangue. In capo a qualche settimana, tra oscure dichiarazioni dell'ente e vaghe promesse del ministero della Sanità, lo scandalo sembrò « insabbiato ». Garattini si dimise e la commissione si sciolse. Ma incominciarono allora le proteste ai giornali e alla Radiotelevisione. Mi dice adesso lo scienziato che « la mobilitazione del consumatore a causa dello scandalo ha dato frutti ». « Il ministero della Sanità ha riattivato un vecchio organismo per il controllo dei farmaci, eliminando un certo numero delle specialità sospette. E gli stessi industriali si sono messi d'accordo per ritirarne volontariamente altre nel quadro di una generale riduzione delle confezioni in commercio da 20 mila a 16 mila circa ». Alla Farmunione mi precisano che l'SO per cento dei medicinali « inutili se non dannosi » dovrebbero essere ormai scomparsi. « Rimane il fatto che molti dei nostri farmaci non hanno comunque diritto di cittadinanza in una nazione civile » conclude Garattini. Vi è un'osservazione da fare su questa vicenda. Nei Paesi più progrediti del Mercato Comune, ad esempio l'Inghilterra, essa non si sarebbe conclusa qui, ma sarebbe servita semmai da spunto per la razionalizzazione dell'intero settore. In Italia, ogni anno muoiono 4000 persone per intossicazione da medicinali; quasi 600 ditte realizzano per le specialità un fatturato di poco meno di 1000 miliardi di lire; delle cinquemila nuove sostanze chimiche che vengono a contatto dell'uomo se ne collaudano a fondo non più di 500. Quello dei farmaci non può essere considerato soltanto un mercato consumistico. Purtroppo in Italia, a differenza che altrove, l'apparato a disposizione del consumatore è mal delimitato e debole: un po' per colpa sua, ma non solo per colpa sua, il consumatore non sa a chi rivolgersi, da dove incominciare. Ennio Caretto

Persone citate: Francesco Forte, Garattini, Inam, Matteotti, Silvio Garattini