Petrolio: la Shell ammette le "richieste,, dei partiti di Liliana Madeo

Petrolio: la Shell ammette le "richieste,, dei partiti Davanti alla Commissione inquirente Petrolio: la Shell ammette le "richieste,, dei partiti "Ma credevo che fosse una prassi normale", ha detto il presidente della società - Voci di dissensi tra i parlamentari che conducono l'inchiesta (Nostro servìzio particolare) Roma, 27 marzo. «Norman Bain, scozzese»: con un'inchino e un'espressione di compunta ironia sul volto rubizzo, il presidente della «Shell Italiana» si è presentato, questa mattina, alla Commissione parlamentare inquirente per i procedimenti d'accusa. Vestiva di scuro, con un fazzoletto di seta viola che gli spuntava dal taschino. E' stato brillante e preciso nelle risposte. Ha fronteggiato, senza momenti di smarrimento, le contestazioni più «cattive». «Intelligente, questa domanda)), ha commentato, a volte. E' stato, soprattutto, esauriente. Ha ammesso i contatti con i partiti, le quote versate, le richieste che si facevano sempre più esose. «Ma credevo che fosse una cosa normale — ha detto ai commissari —; mi era stato spiegato che questa è la prassi seguita in Italia. Che i partiti sono tanti, con tanti problemi e pochi soldi. E ho pagato anch'io, secondo i criteri che Cazzaniga stabiliva. Non sono sceso a patteggiamenti non ho avuto rapporti diretti con la classe politica. Pensavo che si trattasse di normali finanziamenti ai partiti, come avviene negli altri Paesi dove queste spese vengono rese pubbliche e trascritte sui bilanci delle società ». Ha proseguito il suo racconto con distacco: «Soltanto una volta i versamenti passarono attraverso l'Italcasse: nel '72, per la "faccenda Enel". Normalmente il tramite era la Publiprop, collegata con la democrazia cristiana. La Shell registrava sempre quelle uscite e ne contabilizzava anche Vige. Ci sono le ri- cevute che lo testimoniano. Sulle fatture risultano i desiinatari delle somme versate: l'Umanità per il psdi, Il Popolo per la de, Z'Avanti! per il psi». Dal maggio del '69 al '73 la società ha «speso» in questo modo circa 3 miliardi di lire, (Anche se dal documento Cittadini la Shell, più volte sollecitata, risulta morosa per centinaia di milioni). «Ci facevano pagare di più perché eravamo fra i più forti», ha ammesso mister Bain. Ma ad un certo punto — ha fatto capire — alla direzione generale tale flusso di denaro è comin ciato ad apparire eccessivo. La filiale italiana della Shell è diventata la più deficitaria in Europa. La decisione di venderla all'Eni, come poi è avvenuto, è maturata sulla scorta di questa situazione. Tempo un mese ormai, per completare le ultime formalità, e anche lui lascerà l'Italia e Genova — la città dove è vissuto per tanti anni — nonché la carica di vicepresidente dell'Unione petrolifera, che ricopriva dai tempi di Cazzaniga. Se l'interrogatorio di Bain è stato il più vivace della giornata, non meno «interessanti» sono stati definiti dai membri della commissione gli altri personaggi ascoltati oggi: il direttore generale dell'Unione petrolifera, Manlio Patroclo; il presidente della Fina, Giacomo Caldana; il presidente della Texaco, Anthony D'Alessio; l'ex presidente della Shell, Diego Guicciardi. Anche l'amministratore dell'Api, Aldo Peretti, era stato convocato per oggi, ma è ammalato e ha ottenuto un rinvio dell'interrogatorio. Nei corridoi che conducono all'aula dove si svolgono le sedute della commissione, illustri avvocati scivolano via con aria frettolosa. Neanche i loro clienti, i petrolieri, hanno una gran voglia di parlare: si limitano a ribadire la tesi difensiva che l'intera categoria sembra aver adottato, ripetono che i soldi li hanno dati ai partiti (le prove ci sono), ma che la corruzione non c'è stata (mancano le prove). Si mostrano sicuri di sé. Precisano che non sono mai stati messi in difficoltà dai commissari. Si guardano bene dallo scendere nei dettagli degli interrogatori, sulle contestazioni mosse loro e sulle prove documentali della loro presunta colpevolezza. Lasciano capire piuttosto che ben diverso è l'atteggiamento dei commissari a seconda del partito a cui appartengono, come se — in alcuni — meno vivida fosse la volontà di indagare e di arrivare a una qualche verità. Lo schieramento della Commissione inquirente sembra in realtà tutt'altro che compatto. Nonostante il riserbo che il segreto istruttorio prescrive, filtrano voci diverse. C'è chi critica la procedura seguita dai pretori nella prima fase dell'inchiesta; chi sostiene che la documentazione è carente e che la magistratura ordinaria avrebbe dovuto inviarla più completa; chi auspica la disposizione di nuove indagini, promesse dalla presidenza della commissione, ma non ancora eseguite; chi ritiene più che sufficiente il materiale raccolto per inchiodare alle loro responsabilità i protagonisti della vicenda. «Proseguiamo negli interrogatori dei già indiziati, ha detto uno dei commissari; questo ci impegnerà fino al 9 aprile. Poi esamineremo queste testimonianze. Allora, forse, la vera inchiesta prenderà finalmente il via». Alcune decisioni, intanto, sono state prese. I petrolieri cui era stato ritirato il passaporto vengono via via autorizzati — dopo essere stati sentiti — a chiedere un documento sostitutivo, valido a tempo determinato. L'ordine di cattura di Gregorio Arcidiacono, vicepresidente dell'Unione petrolifera e amministratore delegato della «Garrone» romana, è stato revocato oggi. Liliana Madeo Roma. Il presidente della Shell, Bain (foto Team)

Luoghi citati: Europa, Genova, Italia, Roma