La vita di "suor Pagliuca": un inferno di 20 anni per i bambini che ha curato

La vita di "suor Pagliuca": un inferno di 20 anni per i bambini che ha curato Rievocata dalla parte civile al processo di appello La vita di "suor Pagliuca": un inferno di 20 anni per i bambini che ha curato Entrata in convento a 15 anni, fu espulsa dall'ordine religioso nel dopoguerra - L'istituto Santa Rita: un "lager" per subnormali su cui si sono accumulati decine di rapporti infamanti (Nostro servizio particolare) Roma, 26 marzo. Perché nessuno impedi le attività di Maria Diletta Pagliuca? Perché le amministrazioni locali che affidarono i bambini subnormali al «Santa Rita» non si presero cura di conoscere le capacità della ex suora e le condizioni igienico - sanitarie del suo istituto? Come si affronta in Italia il discorso sui minorati, recuperabili o irrecuperabili? Questi sono gli interrogativi che si dovranno porre i giudici popolari dopo aver ascoltate oggi la lucida esposizione di fatti resa dall'avvocato di parte civile, Fausto Tarsitano. Abbiamo ascoltato la cronistoria degli avvenimenti; ci è stata raccontata la vita della Pagliuca (oggi assente). A 15 anni Maria Diletta entra in convento. A Roma, pochi anni dopo, ottiene il diploma per assistere ciechi e sordomuti. Passa il tempo e suor Colomba diventa superiore delle «Elisabettiane». Nel biennio '34-'36 è ad Assisi presso l'istituto serafico per ciechi. Nel '45 viene messa sotto processo per furto continuato e aggravato. Nel '51 il tribunale di Perugia interrompe il giudizio per intervenuta amnistia. Viene trasferita e dimessa dall'Ordine religioso per il suo carattere e la sua moralità poco convincenti. Viene denunciata a Pietrasanta di Roma dai carabinieri perché vestiva abito monacale. Fonda l'associazione nazionale per i bambini sordomuti e ciechi; a Conca dei Marini apre il «Santa Rosa». Trasferisce questo istituto ad Amalfi e cambia il nome in «Santa Rita». Questo malgrado non avesse mai ottenuto alcuna autorizzazione. Il 23 novembre del '49 il prefetto di Amalfi dispone la chiusura dell'istituto: 82 ragazzi vengono restituiti alle famiglie. Nel '50, nella villa dell'onorevole Tupini (de), apre a Grottaferrata il «Santa Rita». Da questo momento in poi ecco un elenco minuzioso di visite alla «Casa madre» della Pagliuca, disposte dall'Onmi (Opera nazionale maternità e infanzia). 1951: «Esiste un sedicente istituto in cui sono ricoverati tre giovani», dice un verbale. Nel '53 la Pagliuca chiede il riconoscimento ufficiale del «Santa Rita». «Ma questo riconoscimento — ci ha detto in aula l'avvocato Tarsitano — la donna non lo ha mai ottenuto fino al momento in cui la casa fu definitivamente chiusa». NU '56 da Bologna vengono trasferiti a Grottaferrata 6 bambini. Poco dopo l'asessore alla sanità invia una missione di medici al «Santa Rita». L'impressione è penosa e i medici, nonostante l'opposizione della Pagliuca, riescono a riportare a casa i bambini. 8 giugno '57: «Non ci sono parole per descrivere il pessimo stato di abbandono del sedicente istituto», scrive l'ispettrice dell'Onmi. Il 25 ottobre del 1960 il medico provinciale di Roma arriva al «Santa Rita». La descrizione di quello che vede è agghiacciante: «Di una bella costruzione non resta che una sordida catapecchia adibita all'abbrancamentc di infelici bambini subnormali. Il refettorio è maleodorante e sporco. C'è un locale in condizioni igieniche talmente precarie da dubitare che mai, da molto tempo a questa parte, il locale abbia avuto l'onore di conoscere l'acqua per la pulizia. L'acqua è stagnante sul pavimento insieme a residui di cibo, fango e altre delizie del genere». Secondo capitolo. La donna riapre il «Santa Rita» nel '62. Il prefetto ne dispone la seconda chiusura il 19 maggio '65. Per la terza volta l'ex suora riapre «la casa di rieducazione». Proseguono le ispezioni, tutte negative. Nel '68 l'Orimi scrive alla prefettura dicendo che l'istituto «non è idoneo ad accogliere neppure minori sani». Il 7 giugno del '69 c'è l'ispezione a sorpresa: 12 bambini sono legati con le catene due per letto. Il medico Zucchini, ripresosi da conati di vomito, li visita tutti. Presentano cicatrici, piaghe, ecchimosi, solchi longitudinali. La Pagliuca viene arrestata e comincia l'inchiesta. «Con un cervello poliedrico come il suo — ha continuato Tarsitano — l'ex suora aveva fatto del "Santa Rita" una miniera d'oro. I soldi entravano dai canali più diversi. Con l'opuscolo "Il miracolo del tempo" che veniva spedito a tutti (dai ministri, agli enti amministrativi e locali, alle industrie private e di Stato). Con le cartoline che 80 collaboratrici della Pagliuca vendevano per tutt'Italia. Affittando la parte migliore dello stabile a studenti stranieri, pellegrini, turisti. Dalle tournées americane e canadesi, da lettere personali a Robert Kennedy, Johnson e Rockefeller. Con una ditta di Firenze la Pagliuca aveva stipulato un contratto per cui venivano messi in vendita a totale beneficienza un'infinità di prodotti con lo stampiglio "Istituto Santa Rita": insetticidi, deodoranti, cere, saponette, creme, pagliette per cucina, schiuma da barba». Con questi e altri mezzi la Pagliuca versava nel suo conto in banca ingenti somme: due milioni nel '62, undici nel '63, nove nel '64, sedici nel '65, diciotto nel '66, venti nel '67 e tredici e mezzo erano stati versati al 7 giugno '69 quando l'attività della Pagliuca fu bloccata. I soldi aumentavano progressivamente nel conto ma le cure mediche e il mangiare per gli assistiti era sempre lo stesso: misero e insufficiente. Fabrizio Carbone Maria Diletta Pagliuca