Notti d'ansia per la vita del giovane Fazio Longhi

Notti d'ansia per la vita del giovane Fazio Longhi Le indagini sull'"Anonima sequestri,, Notti d'ansia per la vita del giovane Fazio Longhi I rapitori non si fanno vivi - Si teme che il ritrovamento di Montelera li abbia indotti ad abbandonarlo nella sua cella Il nostro inviato ci telefona da Milano: « In questa casa da quarantadue giorni regnano angoscia c sllenzlo. I contatti col mondo i esterno sono interrotti, è come | se esistesse una barriera. Ci alterniamo accanto al telefono ventlquattr'ore su ventiquattro. E non abbiamo neppure il coraggio di domandarci: " Perché non chiamano? " ». Bruno Chiniballl, cugino della madre di Fazio Longhi, ultimo ostaggio ancora in mano al rapitori al Nord, ha occhi gonfi e rossi per la nottata in bianco. Una delle tante. Ha 36 anni, è impiegato, abita a Milano con moglie e figli: dalla sera del dramma non si e allontanato da villa Longhi, a quartiere San Marco. « DI quella notte nessuno parla più, si aspettano solo notizie che non vogliono arrivare ». Nella villa non si odono rumori anche la servitù cammina in punta di piedi. Giovanna Ciamballi, madre del ragazzo, passa ore chiusa nella sua stanza. Aspetta un segno, e ogni sera ripete a se stessa e agli altri: « Domani forse, sarà II giorno buono ». Quando passa davanti alla camera di Fazio, che non è stata più toccata dal giorno del rapimento, non si ferma, preferisce voltare il capo dall'altra parte, certo temendo di cedere. Il padre, Aldo, tenta di reagire lavorando: « Va In fabbrica una 0 due volte al giorno, non più di mezz'ora — dice Bruno Ciamballi — cerca di distrarsi, di scambiare parola con i collaboratori; ma bastano pochi minuti perché torni silenzioso. E allora, riprende l'auto e rincasa. Quando arriva getta un'occhiata al telefono e non domanda neppure più se ci sono novità ». Nella villa entrano solo i familiari più stretti, Piero e Gianni, 1 fratelli del padre, e un fratello della madre. Ormai neppure i curiosi sostano davanti al cancello ai piedi della collinetta su cui sorge la casa. Timori sulla sorte del ragazzo ne esistono, e parecchi. Se è vero come assicurano 1 familiari, che nessuno si è ancora fatto vivo, il comportamento del rapitori è assolutamente insolito, come inconsueta fu la tecnica del ratto. Fazio con i genitori e i due fratelli, quel 12 febbraio era andato a cena a casa dello zio Piero, poco distante. Al ritorno quando l'aute di Aldo Longhi varcò il cancello, Bella, la cagnetta di casa, le balzò incontro abbaiando furiosamente: era un allarme ma nessuno le prestò attenzione. Un minuto dopo il padre del ragazzo, sceso per azionare il meccanismo elettrico di apertura del garage, si trovò sotto la minaccia delle armi di due gangster. Altri quattro circondarono l'auto su cui era rimasta la famiglia. Tutti vennero condotti in casa. Prima di andarsene con Fazio, i banditi attesero alcuni minuti, parevano in- lllllIIIIIIIHIllllllIllllIllllllllllllll Illllltllllllll certi e mostrarono più volte di essere sul punto di perdere il controllo dei nervi. « SI comportarono come un gruppo di prtn "pianti, ben lontani dalla fredda efficienza dimostrata In altre occasioni da " colleghi " dipendenti dalla " anonima sequestri " », dicono gli inquirenti. Un sequestro atipico, compiuto da una banda improvvisata di ex-rapinatori: parrebbe provarlo il modo di agire dei gangsters, la brutalità gratuita di certe azioni. E proprio perché, forse, non si tratta di un rapimento fatto su commissione della « onorata società » oggi si nutrono timori più grossi per la sorte del ragazzo. Gli inquirenti temono che 1 guardiani, spaventati dal ritrovamento di Montele¬ ra, abbiano rinunciato a chiedere riscatti e abbiano abbandonato il prigioniero chiuso in qualche cella. Le Indagini sul rapimento non sembrano aver fatto progressi. Dalla procura di Monza mancano notizie, carabinieri e polizia garantiscono di non averne. A cascina Colleonl di Calvenzano, ultimo carcere di Rossi di Montelera sono continuati ieri gli scavi nel sottoscala iniziati l'altro giorno. Si cercano con ostinazione le banconote del riscatto Torielli, ma forse gli inquirenti danno la caccia anche a una partita di droga che, nel suo viaggio di trasferimento dall'Oriente ai « mercati » francesi ed americano, si sarebbe fermata nel « magazzino » della cascina. Ricerche frattanto sono state fatte in vari uffici del catasto: il nome di Giacomo Taormina, il « capofamiglia » scomparso mezz'ora prima del ritrovamento di « Luigino » non figura. Ufficialmente non possiede nulla o quasi. Le cascine, i campi, gli appartamenti sono a nome della moglie e dei fratelli. Il suo conto In banca è stato definito dagli Inquirenti « assolutamente normale ». Non ci sono cifre da capogiro. Oltre ai nomi dei Taormina, degli Ugone e dei Guzzardi, il fascicolo chiuso in un armadio dell'ufficio istruzione, ne contiene altri e, si dice, « tutti scottanti ». Si tenta di collegarli, ma l'impresa non è facile. Nel corso di vaste battute, intanto, nelle mani degli inquirenti sono finiti « Indizi significativi ». A Fara d'Adda, nella cascina di proprietà del clan di Montelepre i carabinieri hanno scoperto una autobotte: era stata rubata lo scorso anno al contadino Giacomo Grittl, di Cisemo. Nella cabina è stato trovato un tappeto persiano anch'esso rubato mesi or sono: ai « carcerieri » di Rossi di Montelera sarà inviata una comunicazione giudiziaria per i due furti. Anche la «500» di Giuseppe Taormina, il minore della famiglia, è stata rintracciata a Zingonla, a 10 chilometri da Treviglio: era abbandonata lungo una strada. Secondo gli inquirenti sarebbe questa e non la « 128 », l'auto usata da don Giacomo per allontanarsi. v. tess.

Luoghi citati: Calvenzano, Milano, Montelepre, Monza, Taormina, Treviglio