Dona si difende: "I soldi non mi condizionavano" di Fabrizio Carbone

Dona si difende: "I soldi non mi condizionavano" Scandalo dell'organizzazione consumatori Dona si difende: "I soldi non mi condizionavano" Il segretario dell'Unione ammette di aver ricevuto finanziamenti dalle aziende produttrici, ma, dice, senza impegni - L'inchiesta del magistrato si allargherebbe alla società telefonica per l'aumento delle tariffe (Nostro servizio particolare) Roma, 26 marzo. Lo scandalo dell'Unione consumatori si allarga: entrano in scena presunti finanziamenti da parte della Sip, l'azienda dei telefoni del gruppo Iri, a Vincenzo Dona per l'appoggio da parte del segretario generale dell'Une alla richiesta di aumento delle tariffe telefoniche. Lo rivela II Mondo nel numero che sarà in edicola domani. Questo nuovo colpo alle tesi difensive di Dona arriva dopo che si è saputo l'esito dell'interrogatorio cui è stato sottoposto il «capo» dell'Unione, in carcere da quattro giorni. Gli avvocati difensori del Dona hanno riferito che il loro cliente ha ammesso di aver preso danaro, ma ha negato decisamente di aver commesso reati di corruzione e estorsione, offrendo al magistrato «una spiegazione più che piatiscile» dei fatti. «Nel corso delle indagini, scrive Aldo Canale su II Mondo, è stato accertato che Dona ha ricevuto consistenti finanziamenti dalla società telefonica sotto forma di acquisti di quadri nella galleria d'arte da lui gestita a Róma. La contropartita sarebbe stata l'appoggio dello stesso Dona, membro effettivo del Cip, alla richiesta di aumento delle tariffe telefoniche». A questo punto l'indagine, parallelamente a quella sull'Unione consumatori, potrebbe spostarsi sulla Sip. Se il magistrato confermerà le ipotesi del pretore Catalanotti — che ha avviato l'inchiesta su Dona — non si escluderebbero indizi a carico di dirigenti di questo ente pubblico. L'aumento delle tariffe telefoniche fu deciso dal governo dopo lunga e faticosa discussione il 12 agosto 1972. E' bene ricordare che l'Unione appoggiò un'azione legale promossa da alcuni avvocati di Milano contro la Sip a proposito del problema dell'installazione dei contatori telefonici (teletaxe) nelle abitazioni dei privati. Ma la cosa finì nel nulla e dell'azione anti-Sip non si sentì più parlare. Sono indiscrezioni che emergono dal «dossier Dona». La magistratura sta indagando in varie direzioni: rapporto con industrie private (la denuncia del segretario regionale per l'Emilia-Romagna, Franco Loquenzi, fa nomi precisi); rapporti con l'Aigid (Associazione delle imprese della grande distribuzione), con l'Istituto italiano del marchio di qualità e con l'Anie (Associazione nazionale industrie elettroniche ed elettrotecniche). Nei confronti di questi tre gruppi l'organizzazione di Dona avrebbe svolto una campagna promozionale. Lo scandalo, comunque, appare di proporzioni limitate. Se i finanziamenti all'Unione saranno trovati illeciti, si tratterebbe di un «giro d'affari» di poche decine di milioni. L'Unione, non avendo una larga base d'appoggio, aveva bisogno di sovvenzioni per andare avanti: aveva un bilancio che nel '72 sfiorava i 300 milioni. Vediamo ora come Vincenzo Dona ha risposto alle accuse del magistrato. I suoi difensori hanno precisato che tre erano le accuse maggiori: corruzione per la faccenda dell'olio extravergine d'oliva; estorsione per danaro ricevuto da una grande industria di prodotti per l'infanzia; infine una, non meglio precisata, vendita di opere grafiche. Dona ha spiegato che l'Uno teneva simposi, convegni e tavole rotonde. Per questo aveva bisogno di contributi e questi arrivavano da tutte le parti. «Le contribuzioni — ha detto Dona al giudice — erano ammesse dallo statuto: i soldi non erano condizionanti». Quindi il segretario dell'Une ha ammesso di avere ricevuto danaro. «Per la storia degli omogeneizzati — ha precisato Dona — sono in regola. Avevo chiesto finanziamenti per una tavola rotonda anche alla ditta interessata. Questa — anche dopo che dissi che in alcune sue confezioni avevamo trovalo parassiti — mantenne gli impegni presi e versò il contributo». A questo punto il magistrato ha chiesto come mai Dona non denunciò il fatto all'opinione pubblica. «Sapevo che la magistratura stava conducendo urta perizia sugli omogeneizzati. Era mio dovere attendere l'esito di queste indagini prima di gettare l'allarme tra i consumatori. Il mio silenzio non era pagato». L'interrogatorio di Dona è durato cinque ore. Ora il magistrato Plotino ha cominciato a raccogliere tutti gli elementi a disposizione per stabilire l'esistenza di illeciti penali. Entro 17 giorni dovrà convalidare il mandato d'arresto provvisorio o scarcerare l'imputato. Nessuna richiesta del genere è stata finora avanzata dai difensori di Vincenzo Dona. Fabrizio Carbone

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