Cattane! interroga cinque "petrolieri" di Liliana Madeo

Cattane! interroga cinque "petrolieri" Parlamento: il via all'istruttoria Cattane! interroga cinque "petrolieri" Avrebbero tracciato una linea di difesa omogenea ammettendo i rapporti coi partiti - Dicono: i soldi sarebbero stati dati ma non pretendevano una contropartita, quindi non si compiva opera di corruzione (Nostro servizio particolare) Roma, 26 marzo. I petrolieri hanno incominciato a sfilare davanti alla Commissione parlamentare inquirente per i procedimenti d'accusa. Tre, questa mattina: Domenico Albonetti, presidente dell'Unione petrolifera e della Total; Nicolò Pignatelli, presidente della GulfItalia; Giovanni Theodoli, presidente della Chevron. Due nel pomeriggio: Aldo Sala, presidente della Esso, e Nino Rovelli, presidente della Sir. L'inchiesta sulla corruzione che i petrolieri avrebbero messo in atto per ottenere provvedimenti legislativi favorevoli, e sugli uomini politici che si sarebbero dimostrati « compiacenti » ha preso oggi il via. Lo scandalo era scoppiato alla fine del gennaio scorso, quando tre pretori di Genova misero le mani su un'imponente documentazione che indicava oscure complicità; le indagini erano, quindi, passate per competenza alla procura di Roma; tutto, poi, era stato trasmesso al Parlamento, quando erano emerse responsabilità a carico di ministri, e, tre settimane' fa, la Commissione inquirente aveva deciso di procedere nei confronti dell'ex ministro delle Finanze, Valsecchi (de), e dell'ex ministro dell'Industria, Ferri (psdi). L'apertura formale dell'istruttoria è avvenuta alle 10. I 20 membri della Commissione hanno preso posto intorno a un tavolo a ferro di cavallo, collocato in una sala adattata per l'occasione. Alle loro spalle erano disposti gli stenografi, quattrodici, che si davano il turno. Due gli « estranei » consentiti: il sostituto procuratore Bracci, che aveva affiancato il dottor Siotto quando le indagini le conduceva la procura di Roma, e il colonnello della Guardia di Finanza Amato, con cui i colleghi di Genova avevano completato nella capitale il loro lavoro. Alla sommità dell'emiciclo sedeva il presidente Cattanei. Di fronte a lui, all'altro estremo dell'anfiteatro, era stato sistemato un tavolino per l'indiziato di turno (ne sono previsti, per ora, circa cento) e il suo avvocato. II primo a entrare è stato Albonetti. Gli altri petrolieri sedevano in una saletta antistante, tutti insieme, affiancati dai loro difensori. Le misure per tutelare la segretezza dei lavori della Commissione erano severe. Nessuno poteva accedere fino a questi locali, che si trovano nell'ala « Servizio e prerogative » della Camera. I camerieri, che, poco prima delle 14, hanno portato panini e bibite, hanno deposto i pacchi davanti all'aula. I fogli di carta carbone, usati per battere a macchina i verbali delle deposizioni, venivano adoperati una sola volta e poi distrutti. In 150 fogli dattiloscritti sono raccolte le deposizioni di questa prima giornata di lavoro. In questi fogli è sintetizzato il metodo di lavoro della Commissione, e la linea difensiva che i petrolieri chiamati in causa sembrano decisi a portare avanti. Ha diretto gli interrogatori l'on. Cattanei. Tutti i commissari possono intervenire e sollevare contestazioni: ma oggi soltanto i comunisti sono stati battaglieri e polemici. Non c'è stata, nella commissione, uniformità di vedute. Cattanei avrebbe voluto dedicare la mattinata ai 6 convocati (oltre ai 5 che poi sono stati sentiti, c'era anche il direttore generale dell'Unione petrolifera, Patricolo), e riservare il pomeriggio all'esame di questioni procedurali. Alcuni avevano proposto di incominciare gli interrogatori da Carlo Cittadini, il braccio destro di Cazzaniga, che in un suo memoriale ha spiegato i meccanismi della corruzione e i vantaggi ricavati dai corruttori. Ma le deposizioni si sono protratte più del previsto. Cittadini, per il momento, non è stato convocato. Sull'eventuale revoca dell'ordine di cattura spiccato contro Cazzaniga, che si trova in America, non è stata presa nessuna decisione. I petrolieri indiziati di reato hanno praticamente sviluppato, senza grosse difficoltà, il copione che coi loro difensori avevano concordato. Albonetti è parso il più scaltro di tutti, Pignatelli forbito, Theodoli poco brillante, Sala intelligente. Rovelli sicuro di sè. Sala ha detto di aver assunto la direzione della Esso nel maggio '72, quando i fatti contestati erano già avvenuti; Rovelli ha precisato di aver versato all'Unione petrolifera soltanto i normali contributi. Tutti hanno scaricato le maggiori responsabilità sul conto di Cazzaniga. Sono state le voci che si sono distinte dal concerto delle altre. In generale, la linea difensiva è stata omogenea. I rapporti con i partiti sono stati ammessi. I nomi di politici emersi sarebbero quelli già noti. I soldi sarebbero stati dati, e a più riprese: ma non erano vincolanti, non pretendevano una contropartita, quindi non si compiva opera di corruzione. La ragione di queste elargizioni è una sola. « Viviamo in un Paese democratico — ha detto Albonetti — e questo assetto ci si confà. Affinché nulla cambiasse, e per garantire i nostri affari, finanziavamo i partiti democratici. Era una cosa logica, per il bene e la tranquillità di tutti ». Liliana Madeo

Luoghi citati: America, Genova, Roma