Come salvarsi dalle insidie nell'immensità del Sahara

Come salvarsi dalle insidie nell'immensità del Sahara Dopo la tragedia dei quattro milanesi morti nel deserto Come salvarsi dalle insidie nell'immensità del Sahara Per affrontare le dune occorrono mezzi adeguati e molta prudenza - Esiste il rischio anche sugli itinerari più battuti - Necessaria una guida - Un viaggio che poteva essere un dramma (Nostro servizio particolare) Agades, 25 marzo. La stagione turistica sahariana sta per finire. In aprile avranno inizio le grandi piogge dell'Africa Centrale e il deserto sarà spazzato da venti tempestosi ai quali seguirà il caldo torrido. Il flusso dei visitatori tuttavia sarà frenato soltanto in parte. L'epoca meno propizia, per viaggiare attraverso il Sahara, coincide con le nostre grandi vacanze. Proprio in questa stagione, sono molti quelli che non resistono alla tentazione di approfittarne, per spingersi in questo sterminato subcontinente, più ricco di affascinanti attrattive di quanto non si immagini. Dopo la tragedia dei quattro milanesi, morti di sete a 70 km dalla pista sulla quale si erano avventurati con un solo veicolo, si deve ancora una volta ricordare che il Sahara non va preso alla leggera, sottovalutando la forza della sua immensità. Per affrontare il deserto con sicurezza occorrono mezzi adeguati e prudenza. Il rischio di perdere automezzi o addirittura la vita — anche su itinerari battuti come quello Tamanrasset - Agades, che è stato fatale ai milanesi — esiste sempre. La cosa migliore è affidarsi alle organizzazioni locali o straniere, dirette da specialisti che conoscono tutti i segreti e le insidie del deserto e dispongono di attrezzature idonee e di basi di rifornimento nei punti critici. Ad Agades, nel Niger, la porta meridionale del Sahara, si è stabilito da qualche tempo l'unico italiano che svolga questa attività: Vittorio Gioni, un romano al quale il «mal d'Africa» ha fatto abbandonare una fortunata carriera in banca. Negli anni passati ha «riconosciuto» tutte le zone di maggior interesse del Grande Sud algerino, guidando con pieno successo decine di spedizioni turistiche dai monti dell'Hoggar all'incredibile pinacoteca preistorica del Tassili degli Aggier. Ora si dedica con identica passione all'immensa fetta di Sahara giacente nella Repubblica del Niger, ricca anch'essa di eccezionali motivi di richiamo, tra i quali primeggiano i superbì monti dell'Air, il misterioso altopiano di Giado e il Tenere, il «deserto dei deserti», con i suoi fossili dì milioni di anni fa e gli immensi giacimenti paleolitici. Per quanto possa sembrare incredibile, queste zone a poche ore dì volo dall'Europa sono ancora in buona parte inesplorate. Le carte geografiche, anche militari, quando esistono, sono vaghe, mancano di riferimenti precisi. Gioni ha risolto il problema facendosi le mappe da sé. Di tanto in tanto va a Niamey, la capitale, e torna con le aerofotografie scattate durante le ricerche minerarie avviate in modo intenso anche in questa parte di Africa. Poi, quando il lavoro glielo permette, parte con il fido Abdullhay che collabora con lui da anni e un paio di Land Rover. «Va nella "brousse"», come dicono da queste parti, e ci resta anche a lungo per studiare il terreno, tracciare itinerari dove non è mai passato nemmeno un cammelliere, cercare varchi transitabili fra rocce e catene di dune. Sotto la guida di specialisti, in verità tutt'altro che numerosi, soprattutto per la passione che li anima e che sanno trasfondere negli altri, il Sahara può essere affrontato senza timori. Quando uno di questi specialisti, per esempio, decide di cambiare direzione, si può esser certi che ha intuito l'esistenza di sabbie molli, il terribile «fesc-fescn: intrappolarsi nelle quali con i veicoli può significare quanto meno spreco di tempo e di benzina. Se ordina dì fare il campo prima del previsto, vuol dire che ha «fiutato» una tempesta di sabbia, oppure che proseguire la marcia espone al rischio di finire su terreni da cui, al rapido calare della notte tropicale, è difficile districarsi. Ogni buon sahariano sa decidere nel momento giusto e mai sfida il deserto. Significa- tivo, a questo proposito, ciò che è avvenuto qualche giorno fa, mentre facevamo con Gioni, nel Tenere, la difficile traversata dei 200 km di «erg», dune, che separano l'oasi di Fachi da quella di Bilma. In quel tratto di deserto, stupendo, dai colori irreali, ogni traccia è rapidamente cancellata dalla sabbia sospinta dal vento quasi costante. Di piste, o segnali di riferimento, perciò, neanche da parlarne: sì procede in base alle indicazioni della bussola. Due giorni dopo aver lasciato Fachi, davanti a noi, a oriente, avvistammo all'orizzonte la sottile linea scura della falesia del Kawar, ai piedi della quale vi è Bilma, dove ci attendevano acqua e carburante. A quel punto ci accorgemmo che il vallone di sabbia in cui viaggiavamo piegava verso Sud, portando lontano dall'oasi, in zone in cui nessuno si è mai avventurato. Un altro avrebbe tentato di puntare direttamente verso la meta, rischiando di insabbiarsi chissà quante volte, o addirittura di rovesciarsi con il veicolo, lungo i ripidi pendii della parte sotto-vento delle dune. Gioni, no. Fece un paio di puntate con la sua Land Rover alla ricerca di un varco, ma senza molta convinzione perché già sapeva come trarci di impaccio (eravamo in 16, su quattro veicoli, comprese alcune donne che pur essendo tutte veterane del Sahara, cominciavano a tradire una certa inquietudine). Quindi ci ordinò via radio di fare dietro-front e seguirlo. Percorremmo a ritroso più di 50 km sulle tracce appena lasciate, finché potemmo uscire dal vallone, imboccare quello giusto e arrivare in poche ore all'oasi. All'occhio attento della nostra guida, durante tutto il tragitto non era sfuggita alcuna particolarità del terreno, compreso il varco per abbandonare il corridoio fra le sabbie che poteva trasformarsi in una trappola micidiale. E' questa un'avventura di poco conto, ma ha una sua morale. Il Sahara esige anche umiltà. Guai a chi cede all'orgoglio e non sa rinunciare. Aldo Vite Seguedine. Ai margini orientali del deserto del Tenere (Niger). Una donna Tebu offre in vendita giavellotti, le armi preferite dalla sua gente irrequieta, dominatrice del Tibesti

Persone citate: Aldo Vite Seguedine, Gioni, Vittorio Gioni

Luoghi citati: Africa, Africa Centrale, Europa, Niamey, Niger