Adesso i pronostici si complicano di Giovanni Arpino

Adesso i pronostici si complicano Adesso i pronostici si complicano Pazzo, crudele, beffardo, acefalo, anomalo: questo campionato ha già fatto una provvista di titoli come nessun altro. Lo si diceva in autunno, indicandolo diverso proprio perché preludio a un anno « mondiale ». Lo riconferma di domenica in domenica, via via esaltando, deludendo, spropositando con altalene di risultati che neppur i maghi professionisti (non di panchina) osano interpretare. Zio Ferruccio scruta ansioso nella sfera di vetro: ora sta rinascendogli tra le mani addirittura un Bertini. Ma vogliamo dirgli subito: a Monaco deve venire con noi anche un certo signor Giubertoni, stopper o terzino che sia, che non teme anima viva al mondo, fosse Netzer sommato a Mueller. E anche quell'Oriali che darebbe spinta a un carro di buoi, sia terzino o mediano o con la maglia numero undici. Li seguiamo da tempo, meritano fiducia e posto nel clan azzurro, che non potrà approdare in Baviera con gente troppo smunta. Mancano otto giornate alla fine, chi si azzarda a metter la mano sul fuoco? La Lazio vince ma fa storcere il naso agli intenditori concedendo un profluvio di occasioni-gol al Cagliari. La Juve suda freddo e caldo per difendere uno zero a zero a Verona, il Napoli si avviticchia con la Roma ma non ottiene più di un pareggio. Frana e si squaglia il Milan, la Fiorentina pare limitarsi ormai all'accademia, l'Inter scatena tuoni e fulmini ma ha un « handicap » di cinque punti che fa smaniare di rabbia tutti i suoi seguaci. Genova tutta piange, e ride soddisfatta la platea del Cesena, fedele alle sue oneste promesse. Dopo il derby meneghino, Milano strepita. Da parte rossonera è autentico stridor di denti. La squadra che fu di Rocco non esiste più. Diceva già il gran Nereo l'anno scorso, pur capitanando la classifica: « No gò nisun. No gò squadra ». Vinta una Coppa, si disintegrò a Verona. I paragoni di quanto accade al Milan da un anno all'altro appena torna da Salonicco sanno tanto di malignità tifosa (vero, avvocato Prisco?). Il segreto è questo: dietro Giovannino Rivera fu costruita da Rocco, anni addietro, la famosa « Maginot », capace di contrastare, filtrare con massicciate di stinchi e porgere al suo capitano. Oggi la <■ Maginot » è scomparsa e il verde Orlali s'avventa all'attacco trafiggendo le retrovie rossonere come un Buffalo Bill tra innocui bisonti. Così l'Inter, a distanza di secoli, ripete un risultato da Nyers e Skoglund, ma su ritmi altissimi e mentre gli avversari trotterellano sfiatati, senza un'idea, vittime di schemi elementari che la possa di Bertini o lo sfrecciare di un Fedele ridicolizzano. Ci pensino bene Maldini e Rivera stesso, che hanno in programma un certo Borussia in Coppa Coppe. Cos'è l'Inter? E' il frutto del rinnovato accordo tra i vari « capataz », del lavoro sensato di Masiero, è la ritrovata misura dei Bertini e del citato Oriali. Oggi HH rivendica a sé il merito dei prodigi nerazzurri: cosa patetica, sulla quale è doveroso stendere triplici lenzuoli di silenzio. La verità suona: per mesi e mesi la squadra di Fraizzoli si è risparmiata, perché priva di convinzione e quindi di volontà agonistica. E' stata schierata in campo secondo quattordici formazioni diverse: oggi recupera un Bertini e un Oriali che HH si guardava bene dal gettare nella mischia. Sono le due pedine che hanno ridato ordine e polmoni al gioco nerazzurro, il quale si vale, tra l'altro, del calo altrui. Più del re (cioè HH mago) potè Bertoldo, cioè Masiero. Il campionato interista è cominciato poche settimane fa. Quanto farà ancora vedere? La risposta può venire da Roma, domenica prossima. Se la Lazio cede ancora un punto o due (ai giallorossi nel derby e poi al Napoli) ecco l'Inter, freschissima, belva furibonda, rientrare nel gioco. Sennò giocatori e tifosi del clan nerazzurro dovranno rodersi fino ai gomiti per il tempo perduto. La salute attuale dell'Inter, in testa per il numero di gol segnati, frontegg'a la difesa laziale, che ha incassato il minor numero di reti. In mezzo ecco la Juventus, che vede il suo « jet » inclinato, più aliante che reattore. Contro gli uomini di Cade i bianconeri non hanno ottenuto il massimo, bensì rischiato oltre misura. E li aspetta un derby incredibilmente difficile. Fossero stati al meglio, gli juventini avrebbero sotterrato già il Milan sotto una caterva di gol. Oggi debbono pensare con intensi¬ tà al Torino, che ha ripreso convinzione dalla vittoria sul Vicenza (in calcio, l'unica medicina è pur sempre vincere). Le due squadre torinesi, volenti o nolenti, sono in fase d'evoluzione, come maturità d'uomini, come invenzione manovriera, come raccordo tra centrocampo propulsore e attacco realizzatore. Questa evoluzione è piovuta sui due club nel pieno del campionato, e va accettata perché misure alternative non esistono. Bettega è oggi un diverso Bettega rispetto al Bobby di ieri l'altro, come Rampanti è un nuovo Rampanti: ecco solo due esempi del mutamento accaduto per forze naturali nel «giro» del calcio torinese. Alcune incongruenze difensive o di rapidità registica hanno subito rettifiche di notevole importanza. Il passaggio da un gioco all'altro non sempre è avvertibile (tutti, compreso il critico togato, tendono a vedere le forze in campo come fossero ancora quelle di ieri), ma procede e non si lascia correggere, quando il « collettivo » è ormai diverso da ciò che fu. Lo ha dimostrato la prima Inter spaesata di HH, lo dimostrano Juve e Toro in questa stagione, che sembra¬ va ricca di ben più chiare prospettive. La Juventus di Verona è mancata in zona-gol. Ma forse poteva conservare in squadra, accanto a Capello, la forza fresca di Viola. E' il solito discorso del poi, ovviamente, ma sappiamo tutti che è la linea portante bianconera a stimolare le sue « punte » con rifornimenti continui. Se manca quella, ecco smarriti gli Anastasi e i don José. Diamo all'Inter quel che è dell'Inter, una forza inarrestabile che schiuma di rabbia dietro il recinto di cinque punti di distacco. Vedremo dai due derbies, a Torino e a Roma, cosa possono ancora vendemmiare Lazio e Juventus. Ma attenzione: Torino e Roma, ritrovando trame e fiuto del gol, possono far sconquassi, o quantomeno imbarazzare moltissimo le due pretendenti allo scudetto. E in questo caso godrà la nobile banda dei Mazzola, dei Boninsegna, di Giacinto Magno e Burgnich: mai hanno avuto a loro disposizione una truppa volonterosa ed affamata di gloria come quest'anno. L'ultima domenica del marzo folle a chi porterà tempesta? Giovanni Arpino