"Pezzo da novanta,,

"Pezzo da novanta,, "Pezzo da novanta,, (Nostro servizio particolare) Reggio Calabria, 23 marzo. Fino alle prime ore di stamane, quando la polizia è penetrata nella casa di Girolamo Piromalli, in via XX Febbraio, al centro di Gioia Tauro e lo ha arrestato per il rapimento di Paul Getty, in Calabria si diceva: «Non si muo ve foglia che don Mo'mrt j non voglia». «Don Mommo.) è lui, questo «boss» di 56 anni, tarchiato, grossi baffi, sempre rnlto elegante, due figli che studiano al liceo, un patrimonio che secondo i più è nell'ordine di miliardi. La magistratura così lo descrive in un rapporto di alcuni anni fa: «Il mito di un Mommo Piromalli energico e a capo della onorata società è stato spesso sottolineato dagli organi di polizia che gli attribuiscono una posizione di preminenza nella organizzazione mafiosa calabrese ». Un capo in piena regola, insomma, la cui «carriera» comincia molto presto, quando ha appena 21 anni. E' processato più volte, il 30 dicembre del 1949, la corte di assise di Palmi lo condanna a 8 anni di carcere per tentato omicidio, ma l'anno successivo torna in libertà e uccide, probabilmente per vendetta, un certo Francesco Ippolito. La stessa Corte di assise lo assolve per questo delitto perché ritiene che abbia ucciso per legittima difesa, ma i giudici di secondo grado lo condannano a 10 anni e 4 mesi, che egli non sconta completamente: il 24 settembre del 1959 è nuovamente libero. Il mito di questo «pezzo da novanta» cresce proprio in questo periodo: ormai «don Mommo» è al vertice della mafia calabrese. In provincia di Cosenza è stato arrestato, il 16 maggio del 1973, il fratello, Giuseppe, la figura più complessa del clan dei Piromalli. La polizia 10 ha trovato a Paola, un paese della costa tirrenica, con una donna, forse la sua amante. Gli inquirenti stanno ora indagando sui rapporti esistenti tra i due «boss». Tra i molti episodi della sua carriera c'è anche il soggiorno obbligato per due anni all'Asinara e per tre a Capistrello, in provincia dell'Aquila: ve lo mandarono nel marzo del '67, quando fu arrestato dopo un periodo di latitanza. Stamane quando la polizia ha bussato alla sua porta, «don Mommo» era a letto. Si è lasciato arrestare senza opporre resistenza. Nonostante 11 suo aspetto ancora molto robusto, il «boss» di Gioia Tauro è da tempo ammalato. «Dieci anni fa — dicono — non lo avrebbero preso». I suoi interessi illeciti sarebbero molteplici. Pare abbia controllato a lungo il contrabbando delle sigarette, ma le sue attività erano molteplici. Di un vero «boss» come don Mommo Piromalli è difficile sapere molto. Si va per supposizioni, con il rischio di non arrivare mai al punto giusto. «Un pezzo da novanta calme lui — affermano a Gioia Tauro, la piana dove è concentrata la grossa mafia calabrese — può sbagliare soltanto quando è giovane, poi diventa inesplorabile». All'apparenza è un vecchio gentiluomo di campagna, una bella casa, possedimenti un po' dovunque, i figli che si avviano all'università. Ci si accorge che quest'uomo è potente incontrandolo per strada dalle riverenze che gli fa la gente, dai cappelli che si levano in segno di ossequio; dal modo come le persone si fanno in disparte al bar per dargli più spazio. Il rapimento di Paul Getty, con la scoperta del milione e mezzo circa nel suo casolare vicino a Gioia Tauro, lo colloca definitivamente al vertice. Ormai non vi sono più dubbi che il vero indiscusso capo in Calabria è lui, questo enigmatico personaggio dalla salute malferma, che da oggi è nuovamente in carcere con il sospetto di avere organizzato il più grosso sequestro finora avvenuto in Italia. Elio Fata