Catturato il "cervello,, della banda che organizzò II rapimento di Getty? di Francesco Santini

Catturato il "cervello,, della banda che organizzò II rapimento di Getty? Catturato il "cervello,, della banda che organizzò II rapimento di Getty? Clamorosa svolta nell'inchiesta sul "sequestro dell'anno,, E' Girolamo Piromalli, grosso proprietario terriero, arrestato a Gioia Tauro - Trovata in casa sua una banconota del riscatto - Le forze dell'ordine cercano Saverio Mammoliti al quale sarebbe toccata la maggior parte del denaro - I legami con i rapimenti al Nord (Dal nostro inviato speciale) ■ Gioia Tauro, 23 marzo. Girolamo Piromalli è stato arrestato stamane all'alba in Calabria: nonostante la cautela degli inquirenti c'è chi dice che sia il « cervello » della gang che l'estate scorsa rapì Paul Getty III. A sorprenderlo nella sua cascina di Gioia Tauro è stato Carlo Jovinella, un giovane funzionario della squadra mobile di Roma che dall'estate scorsa è impegnato nell'affare Getty. Sulla piana calabra, le prime luci dell'alba salivano da Oriente, quando il funzionario, con quattro uomini armati di mitra, ha raggiunto la casa, inerpicata su una pietraia, rotta dal verde delle ginestre. Nel gran silenzio, il passo degli agenti non è sfuggito all'anziano boss, che ha subito aperto. «Mi aspettavo urta nuova perquisizione — ha detto — ma non per oggi. Entrate pure, qui non c'è nulla che possa interessarvi». E' stato a questo punto che il funzionario ha estratto di tasca i documenti e ha detto: «Piromalli, stavolta siete in arresto: per voi ho un mandato di cattura del giudice istruttore di Lagonegro; l'accusa è di sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione a delinquere, lesioni gravi: insomma, il rapimento di Paul Getty». In silenzio, senza dare segni di turbamento. Piromalli ha preso un pesante soprabito, qualche camicia, le calze, e al sottuffficiale che ci ha raccontato l'arresto nei particolari ha detto: «Sono un uomo di rispetto: non c'è bisogno di manette; vengo con voi. Non farò resistenza ma, sappiatelo, sono innocente». «E' la regola — ha detto Jovinella —, date i polsi al maresciallo e andiamo; vi spiegherete con il magistrato». Per interrogare Girolamo Piromalli, che alle 17 in punto è entrato nel carcere giudiziario di Lagonegro, il giudice istruttore Matteo Casale aspetterà fino a lunedì, quando la gigantesca operazione di polizia che da stamane è in corso in Calabria sarà conclusa. Di Piromalli si è già parlato in passato: capo riconosciuto del potente clan familiare che fa riferimento alla più vasta e spregiudicata cosca dei Mammoliti, nel gennaio scorso si fece trovare in casa tre milioni di lire in contanti. Agli inquirenti la somma apparve sospetta, tanto più che l'anziano boss non seppe giustificarne il possesso e fu molto evasivo. «L'ho ricevuta — disse — da alcuni parenti che vivono in America». A confermare i sospetti venne, da Roma, qualche giorno più tardi, il responso del cervello elettronico del ministero degli Interni, che nelle banconote sequestrate individuò un biglietto da centomila lire che senza dubbio aveva fatto parte del riscatto pagato dai Getty: un miliardo e settecento milioni in banconote di tagli diversi. Perché un solo biglietto, su tre milioni?, si domandarono gli inquirenti. La risposta, ancora oggi, non è venuta e un'ombra d'incertezza avvolge l'ultimo episodio dell'istruttoria Getty, rilanciata nei giorni scorsi dai clamorosi colpi inferti su scala nazionale dalla polizia all'«anonima sequestri». Sulle responsabilità di Piromalli, il capo della Criminalpol di Reggio Calabria, dottor De Feo, sembra non avere dubbi. «E' un personaggio di primissimo piano — ci ha detto —, possiede grandi oliveti e sterminati aranceti ma, questo è indubbio, non può lasciare il "giro" che, al momento attuale, appare molto vasto e diramato». Un filo sottile e ancora incerto sembra legare ormai tutti gli ultimi rapimenti compiuti in Italia. Il procuratore della Repubblica di Lagonegro, Fanuele, su questo punto non si pronuncia, allarga le braccia e dice: «Non ho visto gli atti istruttori per il rapimento Rossi di Montelera; poco so degli altri. Sono episodi diversi, con fili comuni: ma senza gli atti in mano, chiunque si fermerebbe; possiamo soltanto supporre su elementi sfocati, come ci appaiono dai resoconti dei giornali». Le connessioni, però, sembrano ormai indubbie e il procuratore Fanuele sembra voler dire meno di quanto in realtà sa. A Roma, alla direzione generale di pubblica sicurezza, il gioco si profila più complicato e c'è chi afferma che sull'anonima sequestri del Bergamasco e, più in generale, sull'industria del rapimento in Calabria, aleggia dalla Svizzera la figura ormai inafferrabile di Luciano Liggio. Panattoni (Bergamo), Cannavale (Milano), Baroni (inizio a Lodi, fine a Milano), Getty (inizio a Roma, conclusione a Lagonegro), Rossi di Montelera (Torino-Treviglio nel Bergamasco), le istruttorie ormai si accumulano, le connessioni si complicano, i magistrati però lavorano ciascuno per proprio conto. Il mosaico appare sempre più vasto, i conflitti di competenza si profilano ormai all'orizzonte e, ancora una volta, la giustizia si prepara ad una ennesima sconfitta che un minimo di elasticità, almeno stavolta, potrebbe evitarle. Si perde del tempo dinanzi a un banditismo di nuovo tipo, che ha fatto dell'efficienza e della tecnica, delle gran turismo e dei ponti radio, i suoi strumenti di lotta contro le lungaggini burocratiche dei poteri dello Stato. E' questo, in sostanza, il parere di un alto funzionario della Criminalpol calabrese. E' lui che ha diretto la notte scorsa le perquisizioni nelle cascine dell'Aspromonte e negli edifici diroccati nella piana di Gioia Tauro, ma, si domanda, a che cosa serve il nostro lavoro se resta così frammentato? Della vasta operazione che stanotte, con perquisizioni e posti di blocco, ha setacciato il «triangolo nero» della nuova mafia calabrese (Gioia Tauro, Rizziconi e Castellace) «il fulcro — ha dichiarato il capo della Criminalpol di Reggio Calabria — era Castellace, feudo dei Mammoliti». E' qui, sulle prime pendici che dal mare salgono all'Aspromonte, che la polizia cercava Saverio Mammoliti, ritenuto da molti l'uomo-chiave del rapimento Getty. Latitante da due mesi, Saverio Mammoliti, secondo informazioni raccolte dalla polizia, sarebbe l'uomo al quale è toccata la maggior parte del riscatto, sembra un miliardo, impiegata, questo è noto, nel traffico internazionale degli stupefacenti che, dal Medio Oriente agli Stati Uniti, passa per la Calabria. Francesco Santini l Pilli Girolamo Piromalli