Strozza la sposa diciottenne che grida "Me ne vado, ho già fatto le valigie"

Strozza la sposa diciottenne che grida "Me ne vado, ho già fatto le valigie" Tragica fine di un matrimonio fatto "per riparazione,, Strozza la sposa diciottenne che grida "Me ne vado, ho già fatto le valigie" Un anno di nozze e di violenti litigi - Si erano separati qualche giorno fa, l'uomo (19 anni) voleva riprendere la vita in comune - Lo accusa la suocera: "Era un violento, suo fratello è stato ucciso a rivoltellate* Una sposa di 18 anni È stata uccisa l'altra notte dal marito al termine di una terribile scena di gelosia. « Parla, parli — 10 aveva schernito interrompendo insulti ed accuse — ma non saresti capace di ammazzarmi ». L'uomo l'ha afferrata per il collo, ha stretto le mani In una morsa tremenda sino a quando 11 corpo della moglie non si è afflosciato senza vita sul letto. Poi è uscito ed ha raggiunto la casa di un amico: « Ho strangolato Sabina, vieni a vedere ». Un dramma che è maturato giorno dopo giorno in seguito ad un matrimonio sbagliato tra due persone che non riuscivano a comprendersi e stimarsi. « Eppure le loro nozze — dicono gli amici — sembravano davvero il coronamento di un grande amore ». Sabina Ascanio, non aveva ancora 17 anni quando si è sposata nel dicembre scorso con Giuseppe Gammuto, un operaio calabrese poco meno che ventenne. « Avevano voluto farsi una famiglia a tutti i costi — dicono ora fra le lacrime i genitori della giovane —. Abbiamo tentato di dissuaderli in tutti i modi ma lui era irremovibile, lei, ancor di più. Tutto inutile ». Inutile anche l'ultima carta che Giovanna e Cesare Ascanio hanno tentato durante un lungo colloquio con la figlia: « Non sai nulla di lui, della sua famiglia ». E le hanno ricordato un oscuro episodio di sangue di cui era rimasto vittima nel settembre del '72 un fratello di Giuseppe, Giovanni, di 33 anni: lo trovarono all'alba, ucciso da sei colpi di pistola in un boschetto di Pios- sasco. E nessuno seppe mai chi sparò e perché. « Ma lei, nulla — proseguono i coniugi Ascanio — voleva spo- sarto a tutti i costi ». Per ottenere un consenso che diventava sempre più improbabile i due giovani scapparono assieme: una fuga di pochi giorni, un rapimento alla maniera del Sud, il « fatto compiuto » che rende necessario un matrimonio riparatore. Dopo le nozze nel dicembre '72 sono andati a vivere in un appartamento di via Virle 17 in borgo S. Paolo: è la giovane ad arredarlo spendendo tutti i suoi risparmi di impiegata all'industria farmaceutica Farmes di via Tiziano 28. « Mobili nuovi — dicono i vicini — tende colorate. Ma quella casa non è mai stata il "nido" d'una giovane coppia ai primi mesi di vita in comune ». « Fin da allora — ricorda Giovanna Ascanio — Giuseppe è apparso per quello che era: uno sfaticato, un buono a nulla. Mai che riuscisse a tenersi un lavoro per più di qualche settimana: gli unici soldi che entrassero in casa erano quelli che guadagnava Sabina: 100 mila lire di cui 40 mila se ne andavano per Val fitto. E luì, a bighellonare nel bar di via Don Bosco o in giro con altri giovani della sua risma ». Il giorno di Natale dello scorso anno, la prima lite in cui esplodono reciproci rancori. Sabina viene picchiata a sangue, devono portarla al Maria Adelaide perché pensano che abbia qualche costola rotta. Ed ancora violenze nei mesi successivi, interventi di avvocati, esposti ai carabinieri: « Basti pensare — aggiungono in casa Ascanio — che dopo una decina di giorni di matrimonio Sabina è tornata da noi. Poi ha voluto ritentare a vivere con il marito. Ma di tanto in tanto la vedevamo arrivare piangente: "Mi ha picchiata di nuovo, non ne posso più" ». Un inferno. Alcuni mesi fa, in preda ad una crisi depressiva, la giovane inghiottì un tubetto di barbiturici nella ditta dove lavorava: le compagne la trovarono con la bava alla bocca nello spogliatoio. Gelosia e sospetti portarono anche Giuseppe Gammuto al tentativo di suicidio: due mesi fa si chiuse in casa mentre la moglie era alla Farmes ed aprì i rubinetti del gas. Lo salvarono i vicini che. sentito l'odore dal pianerottolo, avvisarono i vigili del fuoco. « Ma da allora le liti non cessarono ugualmente — ricorda ancora Giovanna Ascanio —. Di tanto in tanto andavo a casa loro, cercavo di mettere pace. Ma non la smettevano mai ». Dieci giorni fa Giuseppe e Sa¬ bdlaetsianatvustAdcdfragCdalrciplsnLvgesvdsmucitsddmccc—pnvIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIII I lIlllMIMMllllllll bina hanno deciso di separarsi dietro consiglio della sorella della giovane, Maria, 22 anni, che era andata a vivere con il marito al primo piano della loro stessa casa. Lo sposo si era stabilito in via Germanasca 12 con un amico, Filippo Maraflotti, 21 anni. Dieci giorni di pace relativa, anche se interrotta, di tanto in tanto dal brusco arrivo del giovane che piombava in casa con una scusa. « L'altro ieri ho visto mia sorella per l'ultima volta — mormora piangendo Maria Ascanio —. Era depressa, mi ha detto: "Ha minacciato ancora una volta di uccidermi". Le ho risposto di stare tranquilla e di rivolgersi a noi per qualsiasi cosa ». Ma Sabina è morta senza poter avvisare nessuno. Alle 21 dell'altra sera Giuseppe Gammuto suona alla porta di casa: « Sono venuto per prendere un vestito ». Entra. In sala, c'è un certo Adolfo, amico di vecchia data di Sabina. Quattro chiacchiere, fino alle 22,30 poi l'ospite se ne va. Subito Giuseppe accusa: « Ecco ora hai una relazione con lui, non è giusto, devi tornare con me ». La moglie nega. Nuove accuse, pianti, minacce. Litigano sino a mezzanotte: l'uomo incalza, la giovane tenta di sdrammatizzare, intanto si mette il pigiama e va a letto. Prima dice: « E' tutto inutile, presto me ne vado di qui, ho già le valigie pronte ». Ribatte Giuseppe Gammuto: « Se te ne vai ti uccido ». E Sabina: « Parli, parli ma non ne saresti capace ». Il marito si getta su di lei, la colpisce con uno schiaffo. Poi le afferra il collo e stringe con tutta la forza. Quando Giuseppe apre le mani, il corpo inerte di Sabina scivola sul letto. Lui si china, rimbocca lenzuola e coperte. Poi va in via Germanasca, sveglia l'amico: « Filippo, ho ucciso mia moglie ». L'altro non sa che il compagno di camera è sposato, risponde: « Ma quale moglie? Sei ubriaco ». Giuseppe insiste: « Se non mi credi vieni a vedere, è qui a due passi ». Maraflotti si veste controvoglia e 10 segue nell'appartamento di via Virle: « Aveva la testa reclinata sul cuscino, sembrava che dormisse. Ho detto a Giuseppe che forse non era morta, che si poteva fare qualcosa ». Corrono in via Vigone 20, a casa di un parente, Emilio Schirippa. Ricorda ancora Maraflotti: « Ho suonato a lungo. Quando 11 padrone di casa è venuto ad aprire Giuseppe gli ha detto che aveva ucciso Sabina. L'altro non gli ha creduto subito: "Dai, dai, i soliti litigi". Poi l'abbiamo convinto ». Scatta l'allarme. In breve l'appartamento dei Gammuto si riempie di funzionari di polizia: il dott. Raffaeli! della notturna, il capo della Mobile dott. Joele, il dott. Fersini con il brig. Onesti. Giuseppe è in un angolo con la testa fra le mani, non riesce a dir nulla. Adesso in casa della famiglia Ascanio si vivono i momenti del dolore. La madre, nello strazio, ricorda: « Andavamo dalla polizia e ci dicevano: "Non possiamo far nulla finché non vediamo il sangue". E adesso, adesso, devo portargliela lì questa mia povera ragazza uccisa? ». Sabina Gammuto, la vittima - Il marito Giuseppe, in questura - La suocera: " Non sono mai andati d'accordo "