Gente alla deriva di Nicola Adelfi

Gente alla deriva LE SACCHE DI POVERTÀ NEL NORD Gente alla deriva Ancora a Torino: difficoltà materiali e morali, ma specialmente solitudine Completamente cieca, 82 \ anni, sola e con una pensione di 33 mila lire, la signora Lucia Z. non ha tempo per rattristarsi e tanto meno per annoiarsi, presa com'è da molte preoccupazioni, soprattutto quella di durare il più a lungo possibile su questa terra; e affinché così sia, rivolge al Cielo assidue preghiere. Lo la di notte tra un sonito e l'altro, e lo fa al mattino presto quando ode stridere la saracinesca di un negozio e decide di cominciare la sua intensa giornata: spolverare e riordinare il suo appartamentino, una camera e una cucina che si apre su un umido cortiletto, prepararsi il caffè, lavare qualche panno. Quando il freddo punge più del solito, una vicina le accende la stufa e poi la signora Lucia ogni tanto ne solleva il coperchio, vi lascia cadere pezzi di legno. Certe volte le sue mani di cieca non trovano subito il pomello, e si ustiona le dita sulle lastre della stufa Tutto quel che possiede di denaro è nel borsellino, me 10 mostra, 1230 lire. « E sa, signor mio, c'è il carovita ». Ne parla come se fosse un bieco malandrino, suo nemico personale. « Lo sa quanto voleva un meccanico per pulire il tubo della stufa? Si provi a dire una cifra. Sedicimila lire mi chiese quello sfacciato. Dio mio, il mondo è proprio impazzito? ». E poi c'è la storia delle cinque pagnotte che costano 380 lire. E' una storia cominciata 15 anni fa. Un suo figlio conviveva con una giovane e da lei ebbe un bambino. Subito dopo il parto si separarono, e luì si tenne il neonato, gli diede il suo nome. Una decina di anni fa sul letto di morte il figlio chiamò la madre, la signora Lucia, e indicandole il bambino disse: « Lui è innocente, la colpa di averlo messo al mondo è mia e di una certa giovane, abbine cura tu, mi raccomando ». Lei glielo promise, e ora prega con fervore il Cielo di lasciarla vivere il tempo che basti per vedere sistemato 11 nipote. Il ragazzo impara il mestiere di falegname nell'istituto degli « Artigianelli », trascorre con la nonna il sabato pomeriggio e la domenica divorando cinque pagnotte, 380 lire, « come fossero ostie, biscotti, che so 10 ». Un po' di fantasia E lei che mangia di solito? Non è gran che, ma si contenta. Mi spiega che ci sono molti modi per variare 11 gusto di un brodino con i dadi; lo si può insaporire con un porro o foglie di sedano, e poi i dadi sono di manzo, di pollo, di altre carni. Ma sempre un brodino, domando io; sempre mattina e sera, tutto l'anno? Sì, tutti i giorni; però se uno ha un po' di fantasia, non mangia mai due volte di seguito lo stesso brodino: dentro può metterci riso o stelline o capelli d'angelo. E dopo il brodino? La signora Lucia mi risponde che non ha denti e perciò il suo secondo piatto è un formaggino, uno la mattina e uno la sera. E fettine di carne? Sì, ne compera qualche volta, ma per il nipote e se ha ricevuto un sussidio dall'ente comunale di assistenza. In un angolo della cucina vedo un televisore, e la cieca mi dice che lo tiene per il ragazzo; altrimenti il sabato sera o la domenica vorrebbe andare al cinema, e sarebbe una spesa eccessiva, oppure si potrebbe unire a cattive compagnie. Così mi dice l'anziana signora, ma la mia impressione è che lei si paga il lusso della televisione per sentirsi accanto il ragazzo, tenerselo in casa il più che può. Affetti vivi Dunque la sua è un'esistenza colma di interessi e di affetti; è alla sua età, senza il bene della vista, con una pensione di poco più di mille lire il giorno che si riducono alla metà dopo aver pagato il fitto (8500 lire), la bolletta della luce, la bombola di metano, la legna per la stufa, le cinque pagnotte di fine settimana per il nipote. Le cifre sono tutte bene ordinate nella stia mente, e innumerevoli sono le cose che ha da raccontarmi. Cose soprattutto di oggi, di questo pazzo mondo; e dalla sua parlantina sciolta, ben modulata, con pause significative e improvvisi squilli di sdegno o di meraviglia, intuisco che in fondo lei cieca, lei così povera, non è soltanto per il nipote che prega il Cielo di lasciarla vivere. Vien fatto di pensare che più il mondo impazzisce, più la scandalizza, maggiore è il srio risentimento e di riflesso la sua vitalità non declina, anzi aumenta la sita gran voglia di vivere. Ma le cose stanno proprio come le immagino io? Me lo domando, non so trovare una risposta, ed ecco ad aviwrtimi che misteriose sono le vie della miseria e infiniti i sìioì approdi, ecco qui un altro caso, di un uomo di 46 anni, Umberto R., poverissimo e che si sente già vecchio; interiormente distrutto, senza più speranze, un rottame alla deriva. Eppure, a giudicarlo dell'aspetto, l'uomo è sano, robusto. E la sua abitazione si presenta decorosa: i mobili sono dì serie ma non ordinari, c'è il televisore e il telefono. E allora? Perché mai l'idea della morte si è insediata nella mente di Umberto R. con suggestioni attraenti, liberatorie? I motivi immediati sono la disoccupazione e la povertà. Cinque anni fa Umberto R. era un meccanico che lavorava molto, guadagnava bene, aveva l'automobile e quanto basta per una vita senza privazioni. Qualche anno prima si era diviso dalla moglie (« La colpa non fu né mia né sua, solo che non ci intendevamo e ci separammo senza litigare »), e viveva con la madre e una zia. All'improvviso, forse per l'eccessivo lavoro, ebbe un collasso nervoso e fu ricoverato in una clinica psichiatrica. Ne uscì guarito, ma era come se portasse un marchio repulsivo sulla fronte per via del ricovero in clinica, e nessuno se la sentiva di assumerlo. Tuttavia, poiché è bravo, siccome è robusto, una ditta spesso lo mandava a chiamare per lavori saltuari, e così riusciva a tirare avanti sia pure tra molti stenti. Ora è disoccupato da quattro mesi. La madre ha 80 anni ed è malata, la zia ne ha 91 ed è cieca: ricevono ognuna una pensione di 19 mila lire. Quando lo vado a trovare, Umberto R. ha in tutto e per tutto 150 lire. La mattina legge sul giornale le offerte di lavoro, esce di casa ed è sempre la stessa storia: gli dicono che a 46 anni è troppo vecchio per fare il meccanico. E a furia di sentirselo dire, se ne è convinto anche lui, si sente come una pianta appassita. A volte va a offrirsi come guardiano notturno in una autorimessa, e allora lo respingono dicendo che è troppo giovane: per quei posti le autorimesse preferiscono ì pensionati perché costano di meno. « Sto aspettando che le cose succedano », mi dice. Ma quali cose? Non lo sa neppure lui. Lui aspetta, lasciandosi macerare ogni giorno di più dall'avvilimento, dall'opprimente senso di vecchiaia, dalla tentazione di scrollarsi di dosso ogni suo problema nella maniera più semplice, più spiccia, uccidendosi. Lo avrebbe già fatto, mi dice, se a trattenerlo non fosse il pensiero del destino delle due vecchie, la madre e la zia, sorelle vissute sempre insieme e che, lui morto, finirebbero chissà dove. Quando si scende nel pozzo della miseria, non si tocca mai il fondo; si trova sempre qualcuno che se la passa peggio, martellato da una sfortuna caparbia, devastatrice. Questo è il caso di Antonio B., cinquantenne, e della sua famiglia, la moglie e quattro figli. Alcuni anni fa il primogenito, dopo un acquazzone estivo, andò a bagnarsi in una roggia e annegò. Allora Antonio B. faceva il manovale e sia pure poveramente riusciva a far campare la famiglia. Dopo la morte del figlio, il dolore e la miseria lo resero sempre più insonne, taciturno. Poi fu una specie di vortice a trascinarlo via via più in basso. Gli si riacutizzò un'ulcera gastrica e si rese necessario l'intervento del chirurgo. Uscito malfermo dall'ospedale, presentò i documenti per avere la pensione di invalidità, ma intanto non c'era una lira in casa. Una notte ingerì trenta capsule dì barbiturici, la moglie fece in tempo a chiamare un'autoambulanza, e all'ospedale riuscirono a salvargli la vita. Ora Antonio B. è ricoverato in una clinica psichiatrica, ha trasferito il suo furore di morte contro la moglie e i figli, e ripete spesso, anche nel sonno: « Quando torno a casa, li uccido tutti ». Nella clinica lo tengono sotto stretta sorveglianza perché temono che possa fuggire e commettere una strage. Famiglia unita A causa di una forma grave di artrosi alle braccia, la moglie non è in condizioni di lavorare. E tuttavia considerate un momento quanto ìllimintate siano le risorse della natura umana: la donna, anche se vive sotto l'incubo che d'un tratto possa apparirle davanti il marito ossesso dalla mania omicida, tiene unita la famiglia, cerca di dare serenità ai figli, la sua casa è pulita, un cucciolo abbaia festoso, da una stanza attigua mi giunge il cinguettio di canarini. Il maggiore dei figli, quindicenne, era tra i primi della classe, l'anno scorso lasciò la scuola e andò a fare l'apprendista meccanico, adesso guadagna 15 mila lire la settimana. V importante è resistere, mi dice la donna. Certo, in situazioni come la sua, stare nella quiete di una tomba può apparire più comodo che vivere. Ma che ne sarebbe dei quattro figli? Perciò stringe i denti, e tira avanti guardando al futuro. Nicola Adelfi

Persone citate: Lucia Z., Umberto R.

Luoghi citati: Torino