Nixon l'avvocato

Nixon l'avvocato DIFFICILE IDENTIKIT DEL PRESIDENTE DEGLI SCANDALI Nixon l'avvocato I suoi meccanismi di offesa e difesa sembrano ubbidire a una logica processuale C'è un Paese che attribuisce alla faccia di un uomo il valore che in altre culture si certifica con documenti e diplomi. Questo Paese è l'America. In America il cinema ha copiato dalla vita, e la vita dal cinema, la regola più importante: ognuno deve essere quello che sembra. E' il Paese che ha imparato a fidarsi o a diffidare di una faccia quando la gente era ignota, l'incontro imprevisto e le credenziali, in una vita di frontiera, non contavano niente. La maggior parte degli uomini politici americani ha « una faccia ». Quasi sempre la faccia riflette un atteggiamento, una promessa o una prova. Dai tempi di Kennedy un viso giovane, con tratti eleganti e sportivi, una certa forza fisica e una certa grazia non promette niente di buono a un conservatore. Poster Dulles non avrebbe potuto essere diverso neppure in una ruga, dal personaggio diffidente e accorto che interpretò sempre il resto del mondo come una minaccia all'America. Truman aveva la faccia dell'uomo medio Anni Trenta (i film di Bogdanovich sono pieni di Truman), un uomo alla buona, ma più conservatore e prudente del voi- to aristocratico di Roosevelt. Lyndon Johnson rappresentava bene un altro tipo di uomo medio che nasce povero, lotta duramente, impara come si vive senza dimenticare la forza fìsica, e si porta addosso una evidente energia che produce potere. Gli occhi stanno in guardia e la bocca conosce, senza tante finezze, sia la durezza che una buona risata. E ogni muscolo e osso dicono che è tutto vero, sia la durezza che la risata. Dipende da come quegli occhi capiranno la situazione. Poi qualunque decisione sarà un intervento pesante, un atto che conta. Ma qual è la faccia di Nixon? Quale vita, quale America rappresenta? Una sorta di malignità si è impiantata intorno alla sua immagine. I fotografi sembrano prediligere le pose in cui viene male. La televisione lo ha sempre battuto. Ai tempi del confronto con Kennedy si discu-1 teva se Nixon avesse patito l'affronto di tecnici o trucca-1 tori malevoli, tanto sembra-1 va evidente lo svantaggio della sua immagine sul teleschermo. Dopo la sconfitta contro Pat Brown, quando tentò invano di diventare governatore della California e poi annunciò il suo ritiro dalla vita politica, fu protagonista di uno show memorabile. Mai ripresa televisiva fu più spietata. E mai si vide un uomo più deciso a lottare per sopravvivere. Quella volta non c'era alcuna incertezza. Una collera vera mostrò il Nixon più intimo e umano che gli americani abbiano mai potuto vedere. Non è successo mai più. A volte appare confidente, tranquillo. A volte si vede bene il conflitto fra i doveri della sua immagine e l'impulso del temperamento represso. Il tremito inatteso di un muscolo, i lineamenti tirati, lo sguardo che sembra cercare intorno un punto sicuro o un amico, stanno, certe volte, per rivelare un Nixon diverso. Ma sempre, alla fine, rifiuta la regola americana di consegnare la persona attraverso l'immagine. Per queste ragioni Nixon appare, di fronte agli americani che cercano di capirlo e devono giudicarlo, un mistero. « Nixon parla solo con Nixon e si fida solo di Nixon », ha detto in questi giorni un vecchio amico, il senatore Goldwater, preoccupato della introversa solitudine del Presidente. Una vita difficile, una faccia difficile, un carattere difficile. Ma come si è formata allora la forza che continua anche adesso a sostenere questo personaggio anomalo e misterioso della vita politica americana? Nixon non è diventato mai l'uomo che arruola le periferie, raduna le masse, percorre e anima i club e i circoli del suo partito, fa il pieno nelle sale, lascia il segno con un comizio o una conferenza. Su altri episodi si è costruita la sua carriera politica. Sono sempre episodi di tipo «giudiziario». Nixon impone la sua immagine come quella di un avvocato. Il suo successo dipende dalla intuizione che vi sarà una massa di sostenitori per la causa che intende difendere. Con il suo primo rivale, una deputatessa democratica, in California, Nixon non incrocia il duello del dibattito o del comizio. Crea invece un meccanismo processuale in cui appare come avvocato, non come controparte. Se le accuse risultano vere (siamo al tempo in cui sul fondo si vede l'ombra del comportamento «antiamericano») sarà la giuria — cioè gli elettori — a decidere. Uguale è l'episo¬ dio che lega il suo nome alla famosa inchiesta contro Alger Hiss, un funzionario del Dipartimento di Stato su cui gravano sospetti di spionaggio. Anche qui Nixon compare come il sostenitore di una tesi, non come la controparte o l'antagonista. Col tempo diventa la voce di un grande cliente, la parte silenziosa dell'America che in certi momenti può formare una solida maggioranza. Nixon diventa così un vote getter, un polarizzatore di voti, senza essere mai stato un leader. E diventa vicepresidente degli Stati Uniti indossando questa immagine di avvocato, voce di una maggioranza che ha in altri i suoi capi e i suoi simboli (per esempio Eisenhower) e in Nixon il suo procuratore. Il momento brillante nella sua fama internazionale — il dibattito con Kruscev a Mosca — ha di nuovo questo carattere. La causa è « il popolo americano, rappresentato da Richard Nixon, contro Nikita Kruscev e il sistema sovietico ». Nel 1968 il terreno che Nixon conosce bene, quel tipo di situazione che trasforma il confronto in un processo e il leader in un avvocato, si presenta di nuovo. Il partito democratico è spaccato dall'opposizione al Vietnam, il disordine divampa nelle università e per le strade, la guerra non si chiude e non si vince, il Paese è scon volto. Si possono costruire i termini della causa. « Il popolo americano, rappresentato da Richard Nixon, contro il disordine ». E Richard Nixon mette alle corde il leader populista disorientato (Hubert Humphrey) e vince la causa. Dopo la prima e anche dopo la seconda clamorosa vittoria, Nixon preferisce tenersi accanto al potere, piuttosto che al centro, sembra agire da tecnico impegnato a riparare cautamente una macchina che si era inceppata. Naturale che intorno ci sia discrezione e silenzio. Lui stesso diffonde e ripete la frase « tenere aperte le opzioni ». Come dire che non serve una scelta politica, ma una mano di esperto. La sociologia dei gruppi insegna che quando c'è un vuoto quel vuoto viene colmato. In mancanza di una forte immagine di governo visibile si forma il governo invisibile. Inizia la catena di fatti che porta a Watergate. Può darsi che non si scoprirà mai se Nixon ha partecipato alla conduzione della parte invisibile del governo. Di certo lo stile della sua carriera si era concentrato sul modello del procuratore d'ufficio. E ciò lo ha condotto a una sorta di impossibile sdoppiamento. L'avvocato avrebbe dovuto spostarsi al centro della scena ed essere giudice pronto e severo. Da avvocato sembra invece essersi preoccupato, per prima cosa, del cover up, della difesa. Anche se non è vero è aumentata la sua solitudine. Alcuni sospettano che persino l'attacco all'Europa sia stato suggerito dall'istinto dell'avvocato. Chiamando a ruolo una nuova causa si prepara lo spazio per il tipo di intervento che gli è più congeniale. Intanto collaboratori prestigiosi e fedeli come Laird, come Shultz, hanno deciso di andarsene. Forse avrebbero voluto un leader al centro della vita politica in crisi. Invece hanno lasciato il Presidente a passeggiare da solo nel suo ufficio, inten! to a ripetere a se stesso l'arringa. Furio Colombo Washington, 1973. Al concerto inaugurale del Kennedy Center (Telefoto Upi)