Pastori "violenti" di Mario Guerrini

Pastori "violenti" Un convegno sul crimine sardo Pastori "violenti" Riunione di studiosi a Nuoro - La nuova malavita avrebbe le sue radici nel rapporto tra pastori e città (Dal nostro corrispondente) Nuoro, 20 marzo. Accanto al banditismo tradizionale, quello che si identifica con i sequestri di persona a scopo di estorsione, emergono nuove manifestazioni deliquenziali a carattere anche mafioso. E' l'inquietante conclusione cui sono giunti a Nuoro crimmologi di tutta Europa al termine di un convegno di studi sui fenomeni di criminalità in Sardegna. Racket, ricatti, protezioni sono gli elementi nuovi di una delinquenza che sembra crescere parallelamente con lo sviluppo industriale dell'isola. Il sequestro di persona, il reato che ha le sue radici nel banditismo sardo, è stato comunque al centro di discussioni. Dal 1966 sono stati 54 i rapimenti nell'isola, con una cadenza ritmica cosi impressionante e sconvolgente da indurre il Parlamento ad istituire una commissione d'inchiesta (formata nel 1969), che terminò la sua indagine dopo tre anni, affermando che «le cause profonde della tipica criminalità sarda dipendono dall'ambiente economico e sociale delle contrade interne dell'isola». Per questo, sostiene nella sua relazione conclusiva la Commissione parlamentare, «il problema primario in rapporto alla criminalità è rappresentato dalla riforma del sistema pastorale». A questo scopo fu predisposto un disegno di legge per il rifinanziamento del piano di rinascita della Sardegna e la riforma dell'assetto agro-pastorale dell'isola, per l'attuazione della quale si prevede uno stanziamento di mille miliardi. Questo disegno di legge non è stato tuttavia ancora posto in discussione al Parlamento. Un'indagine condotta dal Centro regionale di profilassi del crimine, diretto dal professor Raffaele Camba (che fu componente della Commissione parlamentare) afferma che «nell'area rurale sarda il fattore povertà non sembra configurarsi come elemento determinante della criminalità». E' un'affermazione che corregge in certo modo le conclusioni stesse della Commissione parlamentare. In effetti, hanno affermato anche altri criminologi, certi risvolti della criminalità sarda vanno ricondotti all'impatto violento fra la società agro-pastorale delle zone interne dell'isola (e più precisamente della Barbagia) e quella di tipo industriale. La cultura barbaricina non si integra con quella della civiltà dei consumi, ma la respinge talvolta con reazioni violente che si esprimono appunto nel sequestro di persona. C'è chi ha inoltre sostenuto — e i fatti sembrano dimostrarlo — che alla malavita tradizionale che opera i rapimenti (cioè quella dell'area pastorale) se n'è affiancata un'altra proveniente da altri ceti e aree. Sarebbe, cioè, avvenuto una specie di impasto fra i tessuti criminali della città e della campagna, che si sono talvolta intrecciati per perseguire lo stesso fine, quello del sequestro di persona a scopo di estorsione. E tale ipotesi è suffragata dalla comparsa, accanto alla figura tradizionale del pastore bandito, di nuovi personaggi: procuratori legali, professionisti, studenti universitari. «Oggi però — ha rilevato il procuratore della Repubblica di Nuoro, dottor Fodde — si è tornati al sequestro tipicamente pastorale. Agiscono, cioè, soltanto gruppi di pastori, che hanno come bersaglio piccoli proprietari locali. Aumenta, invece, l'abigeato, e questo è motivo di preoccupazione, perché è proprio dal furto di bestiame che discendono le tante conseguenze che portano alle varie forme di crimine. Tanto è vero che si sta anche manifestando una notevole recrudescenza degli omicidi». Se tutti sono stati concordi nell'indicare nel risanamento socio-economico del Nuorese la base per la eliminazione delle cause di fondo del banditismo, contro questa tesi si è levata la voce autorevole di Maurice Le Lannou, del College de France, un parigino noto in Italia per avere scritto lavori di grande interesse sociologico sulla mafia e sullo stesso banditismo sardo. Quarant'anni fa Le Lannou venne in Sardegna e girò l'isola a cavallo, scrivendo poi un libro, Pàtres et paysans et la Sardaigne, che resta ancora una pietra miliare della letteratura sui costumi sardi. «La condotta violenta dei pastori sardi — egli ha detto durante un intervento — va ricercata nelle modalità con le quali la pastorizia è ancora condotta nell'isola. La transumanza per la ricerca del pascolo è a monte di tutti i problemi perché determina nel pastore uno stato costante di esasperazione e crea una permanente conflittualità fra pastori e contadini. In Corsica, una terra che ha molte affinità per tradizioni con questa, pastori e contadini non si combattono perché essi sono un'unica persona, in quanto il pastore è anche contadino. savcapnspB Per questo non c'è abigeato, per questo non c'è il sequestro di persona. Ma resta un altro reato tipico delle comunità pastorali montanare: la vendetta. Tuttavia — ha concluso Le Lannou, riferendosi alla legge dei mille miliardi per il rifinanziamento del piano di rinascita — esprimo il mio scetticismo sui risultati che con tutti questi soldi si vogliono ottenere. Dico questo perché la storia ci ha fino ad oggi insegnato che è impossibile correggere ed educare le comunità pastorali». Il professor Portigliatti Barbos, della Società italiana di criminologia, ha chiarito invece i termini di differenza fra il sequestro di persona in Sardegna e quello delle città del Nord del Paese. «In Sardegna sono in prevalenza pastori ad agire — ha precisato — e comunque il fenomeno ha le sue radici quasi esclusivamente nell'area pastorale. Nell'Italia settentrionale operano invece altri tipi di criminalità, e tra queste quella mafiosa. Il sequestro di persona, inoltre, sta diventando anche uno strumento di pressione politica, come recenti episodi dimostrano, ad imitazione dei modelli sud-americani. Occorre pertanto un'analisi più vasta e complessa forse di quella che si richiede per il banditismo sardo». Mario Guerrini

Persone citate: Maurice Le Lannou, Portigliatti Barbos, Raffaele Camba