Perché è aumentato il " tasso di sconto" di Francesco Forte

Perché è aumentato il " tasso di sconto" Perché è aumentato il " tasso di sconto" Un importante atto di politica economica L'aumento del nostro tasso di sconto dal 6,5 per cento al 9 per cento dev'essere valutato tenendo presenti Uè elementi di riferimento: a) il livello cui sono pervenuti i tassi di sconto negli altri Paesi; b) l'aumento del livello dei prezzi che si sta verificando e che condiziona il costo effettivo del denaro, considerato in rapporto al valore delle merci e dei capitali che con i prestiti si possono comperare e accantonare; c) il tasso di interesse e di rendimento delle obbligazioni e dei titoli a reddito fisso in genere. Vediamoli per ordine. La Francia, dallo scorso settembre, ha un tasso di sconto dell'I 1 per cento; la Gran Bretagna, dal gennaio 1974, ha un tasso di sconto del 12,75 per cento; il Giappone, dal Natale scorso, lo ha portato al 9 per cento; j Paesi Bassi, dall'inizio del dicembre 1973, lo hanno fissato all'8 per cento; il Belgio, dal novembre, poco lontano, cioè al 7,75 per cento. La stessa Germania, dal giugno 1973, ha un tasso di sconto maggiore di mezzo punto rispetto a quello che noi avevamo fino a domenica scorsa. E sta ora preparandosi a maggiorazioni. Il tasso di sconto condiziona il costo a cui si presta il denaro. Infatti, esso è il prezzo a cui la Banca d'Italia dà denaro a prestito alle banche, in certe circostanze. Se tale prezzo aumenta, è chiaro che le banche saranno indotte a procurarsi il denaro a prezzi maggiorati, nelle altre circostanze. Fino a poco tempo fa era molto conveniente — anche a causa del nostro minore tasso di sconto — farsi prestare denaro in Italia e portarlo all'estero, 0 (che è lo stesso) portare all'estero il proprio denaro e impiegare in Italia denaro attinto, mediante prestiti, dal sistema bancario. Da ciò è derivato un forte esodo di capitali dal nostro Paese (naturalmente, i fattori dell'esodo di capitali sono parecchi), spesso mediante vie clandestine che hanno completamente deformato la nostra bilancia dei pagamenti. L'aumento del tasso di sconto dovrebbe modificare queste circostanze, riducendo tale emorragia e facendo rientrare dei capitali fuorusciti. Il secondo elemento da considerare, per giudicare se il livello del tasso di sconto è appropriato, è il variare nel livello dei prezzi e anche le aspettative sul suo futuro comportamento. Tutti sanno che alloggi che fino a otto mesi fa si vendevano, poniamo, a trecentomila lire il metro quadro (che è già una bella cifra), sono passati sei mesi fa a quattrocentomila, tre mesi fa a mezzo milione, e si contrattano ora per seicentomila, con prospettive di ulteriore aumento. L'oro, i diamanti, una quantità di beni rifugio salgono di prezzo. C'è gente che incamera grano, olio e ogni altra scorta di prodotti, con il risultato di rarefazioni artificiose delle merci. Ovviamente, queste operazioni sono facilitate, se il denaro che si prende a prestito costa relativamente poco. Perché a fronte del debito si pone il guadagno derivante dall'aumento del prezzo delle merci o dei capitali che si sono così acquistati. Un'economia in cui i prezzi salgono molto deve avere un costo del denaro che ne tenga conto: anche se ciò non basta per combattere la speculazione e il tesoreggiamento, perché occorre anche manovrare selettivamente il credito, rendendolo più scarso per tali impieghi, nonché adottare altre misure. Il terzo elemento da considerare è il tasso d'interesse che si paga e il rendimento che si ottiene per i titoli a reddito fisso: l'aumento del tasso di sconto fa salire tale tasso d'interesse e tale rendimento, anche se con effetti diversi a seconda della durata dei prestiti e del periodo che intercorre prima del rimborso per 1 titoli già emessi (quanto più lungo è il periodo in questione, tanto minore, in linea teorica, a parità di altri fattori, l'influenza della variazione del tasso di sconto). Questo aumento di tassi di interesse e di rendimento dipende dalle ragioni già spiegate prima: chi vuole finanziarsi, visto che il denaro presso la Banca d'Italia costa di più, sarà disposto a pagare di più anche per le fonti alternative. Tutto il denaro a prestito, così, aumenta di prezzo. Ovviamente, per i prestiti nuovi ciò significa un aumento degli interessi pagati o uno scarto maggiore delle cartelle, all'atto della loro emissione, al di sotto del valore nominale, fermo restando eventualmente il loro tasso di interesse nominale. Per i titoli vecchi, invece il rialzo del tasso di interesse dovuto al rialzo del tasso di sconto implica il deprezzamento del corso del titolo (salvo un'azione di so- spdmqpvesddpddmdm stegno apposita), per avere, in proporzione, un maggior tasso di rendimento effettivo. E' ovvio che i tassi di rendimento debbano aumentare, quando la moneta si deprezza, per indurre la gente a sottoscrivere i titoli. Anche i prestiti esteri, del resto, in queste circostanze costano di più. Il rialzo dei tassi d'interesse in Italia indurrà certamente a rivolgersi di più al mercato internazionale del denaro, con miglioramento della nostra bilancia dei pagamenti. Che il denaro sia più caro, dunque, dipende da leggi economiche-monetarie difficilmente derogabili, se non si vuole lo squilibrio della bilancia dei pagamenti, il trionfo della specula¬ zione, la patologia finanziaria. Quello che importa, però, è che esso sia dato in quantità adeguata alla produzione. Teniamo presente che vi è molto credito alla produzione a tassi agevolati che non è toccato dal rincaro del tasso di interesse o lo è solo parzialmente. E' importante che il credito in questione sia disponibile in misure notevoli (anche per le esportazioni, per le quali, negli ultimi tempi, invece, si è avuto un inaridimento dei fondi disponibili). L'importante è che l'investimento produttivo e la produzione possano marciare. Per realizzare questo punto fondamentale occorreranno però altre misure, rivolte a far affluire mezzi finanziari alle imprese. Francesco Forte

Luoghi citati: Belgio, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Paesi