Quattro mesi di incubo per Franco Nania "preso" nella trappola bugiarda di Vinci

Quattro mesi di incubo per Franco Nania "preso" nella trappola bugiarda di Vinci Una drammatica avventura che potrebbe capitare a tutti Quattro mesi di incubo per Franco Nania "preso" nella trappola bugiarda di Vinci E' stato rinchiuso in carcere per le accuse dell'imputato principale, poi dimostratesi senza fondamento - Il carattere del professore, introverso e taciturno, si prestava all'equivoco - Rimane da scovare il vero mandante, chi è coinvolto nella vicenda - L'imputato Michele Vinci non può essere stato il solo a rapire e uccidere le tre bimbe di Marsala (Dal nostro inviato speciale) Marsala, 19 marzo. Centododici giorni di carcere perché Vinci ha buttato 11 un'accusa. Vittima un insospettabile professionista: Vinci lo ha preso per il collo e lo ha tirato nella maledetta storia di Marsala. Il 27 novembre Michele Vinci ha gridato nella corte d'assise di Trapani che lo giudicava per l'assassinio delle tre bimbette Antonella, Ninfa e Virginia: «E' stato Nania. Lui mi ha minacciato e costretto a rapirle. Franco Nania è il mandante ». Corrono a prendere il professor Nania nel suo ufficio (è direttore della fabbrica del fratello, la cartotecnica «Sangiovanni» di Marsala). «In nome del cielo, ma perché?» domanda. Vede i fotografi e dice: «Cos'è questa buffonata?». Non è una buffonata, è tutto tremendamente drammatico. Scattano le manette. Nania finisce nel carcere San Giuliano di Trapani. Cella d'isolamento. Vi resta quasi quattro mesi, fino a ieri. Ora ci si chiede: se Vinci invece di dire Nania avesse fatto un altro nome? Quello che è accaduto al professore, quell'infame accusa e quei 112 giorni di «isolamento» sarebbero potuti toccare ad altri? Perché Michele Vinci, che per due anni aveva sempre sostenuto di «avere fatto tutto da solo», improvvisamente, quando già era a un passo dall'ergastolo, ha tirato fuori il nome di un mandante, rimettendo tutto in discussione? Certo per minimizzare la propria responsabilità (anzi in questa nuova versione egli appariva addirittura come vittima) e per scrollarsi di dosso l'etichetta di «mostro». La sentenza istruttoria lo aiu¬ tava in questa manovra. Essa | affermava che Michele Vinci non aveva potuto compiere Ida solo tutti i fatti di cui egli Isi faceva carico. Il giudice ! j istruttore aveva lasciato intendere che Vinci sarebbe stato soltanto l'esecutore del rapimento delle bambine, su ordine di un'altra persona. Altra domanda. Perché Vinci, fattorino della «Sangiovanni», quando si decide ad accusare, fa il nome del suo direttore, Franco Nania? Mistero. Nessuno sa cosa c'è nella testa di Vinci, la spiegazione più coerente oggi è questa: Vinci ha paura del mandante. E' dall'inizio di questa scellerata storia che è terrorizzato, e forse non troverà mai il coraggio di indicare chi gli commissionò il rapimento. Messo alle strette nell'incalzare delle domande ( «il nome. Vinci, fuori il nome») ha detto Franco Nania. Si afferma ora che il professore, col suo carattere introverso e taciturno, si prestava all'atroce equivoco. Piangeva la sorella di Nania: «Mio fratello è un santo. Quel Vinci è un pazzo, una carogna». Ma c'erano colpevolisti e dubbiosi che scavavano nella vita privata del professore. Particolari innocenti assumevano inquietanti significati. Perché vive solo? Con le donne ci va? Perché passa le domeniche nel capannone della fabbrica, solo, a studiare e a inventare marchingegni? Perché non esce la sera con gli amici. Ma ha amici? Nella cella d'isolamento del «San Giuliano» Franco Nania non sapeva cosa stava accadendo, che cosa si diceva di lui. Per tutto questo tempo non ha mai avuto contatti con i parenti e con i suoi difensori, gli avvocati Seminara, Barraco e Pellegrino. Diceva l'avvocato Seminara: «Contro Nania c'è soltanto la parola di Vinci. Abbiamo I chiesto subito la formalizza I zione dell'inchiesta, che se da ! un lato costringe il mio clien- te a rimanere in carcere più a lungo, dall'altro gli consente una completa riabilitazione». Era questo il solo modo per uscire bene dal nefando imbroglio e senza ombra di sospetti. Per tutto questo tempo i magistrati, dott. Paino e dott. Troise, hanno proceduto con prudente fermezza. Ci sono stati confronti tra Vinci e Nania in un clima di forte tensione; il primo si rosicchiava le unghie e gridava con voce stridula le stesse accuse, il professore non perdeva la calma e ripeteva gelido: «Sei pazzo, Vinci, e il tuo tentativo di imbrogliare il gioco per salvarti è semplicemente ridicolo: ti è andata bene una volta, ma al nuovo processo sarai solo». In questi 112 giorni Franco Nania non ha mai avuto momenti di disperazione. Era certo che tutto si sarebbe chiarito, ha aspettato con fiducia. I giorni scorsi Vinci ha tirato fuori un altro nome, quello di Nicola De Vita, affermando che il De Vita sarebbe appunto l'uomo che, per incarico del «mandante» Nania, lo aveva sollecitato a rapire le bimbe. Questa accusa è subito apparsa poco credibile e tre giorni di indagini sono infatti bastati per togliere il De Vita da questa infernale trappola. Di conseguenza è stata subito messa in discussione l'altra accusa, quella più sconvolgente, che riguardava il professor Nania. Altri interrogatori, un accurato esame degli elementi emersi in questi quattro mesi e ieri sera la resa dei conti. Per Franco Nania è caduto ogni indizio di colpevolezza. 1 fratelli e i suoi difensori erano ad aspettarlo all'uscita del carcere. «E' stata dura. ma adesso è finita. Sapevo che sarebbe finita così» ha detto Nania. Pareva il più calmo di tutti. «Su su. Non siamo bambini», diceva alla sorella. Almeno la verità nei confronti di Franco Nania. E Vinci? Vinci resta nel mistero. Si dice: «Sembra ormai impossibile cavargli dalla bocca qualcosa che non sia una bugia, un cinico raggiro. Forse farà altri nomi, continuerà a confondere le idee». Diceva qualche settimana fa il suo difensore, avvocato Esposito: «Anche se il professor Nania risultasse estraneo alla vicenda, rimarrebbe sempre il problema di trovare l'altro o gli altri che sono implicati in questa storia». Che ci siano «altri» è anche l'opinione dell'avvocato Marrone, che rappresenta i genitori di Antonella Valenti: «Dalle verifiche che hanno permesso di scagionare Nania, è emersa anche una realtà incontestabile: Vinci non potè commettere da solo tutti i reati per i quali è stato rinviato a giudizio, non è certamente l'unico responsabile della morte delle tre bambine, ha avuto necessariamente dei complici che ha protetto e che continua a proteggere sia con il silenzio, sia con rivelazioni contrastanti, frutto di una mente adusa alla simulazione». Ha aggiunto l'avvocato Marrone: «Tutti questi elementi ci prospettano un'amara realtà, una constatazione scoraggiante: quella dell'impotenza del sistema, della giustizia ad affrontare e risolvere un dramma così grave. Certo la soluzione non è delle più semplici, considerando le difficoltà ambientali e l'omertà della gente, ma il risultato è che, alla ripresa del processo, avremo un Vinci solo, sia pure, a nostro giudizio, parzialmente confesso, mentre i veri responsabili, i mandanti e gli esecutori, rimarranno fuori». Luciano Curino Marsala. Michele Vinci tra i carabinieri durante un trasferimento (Foto U. Lucas)

Luoghi citati: Marsala, Virginia