Due distinti processi? di Guido Guidi

Due distinti processi? Due distinti processi? (Dal nostro inviato speciale) Catanzaro, 18 marzo. Il processo a Pietro Valpreda è cominciato. Ma ha fatto soltanto pochissimi e timidissimi passi per compiere un paio di formalità assolutamente indispensabili: costituzione della corte, appello degli imputati e degli avvocati. Poi, è stato rinviato di nove giorni. Un attimo prima di decidere che tutti sarebbero dovuti tornare nell'aula mercoledì della prossima settimana (27 marzo) il presidente della corte d'assise, Celestino Zeuli, aveva solennemente annunciato, invece, che i giudici intendevano «procedere alla trattazione del processo utilizzando eventualmente anche la festa di San Giuseppe, senza sospensioni». Come inizio, non c'è male davvero. Ma questo processo andrà avanti? Per il momento l'interrogativo è senza risposta: ma senza alcun dubbio è quello che domina l'intera situazione. La notizia che il giudice istruttore milanese ha disposto il rinvio a giudizio di altri imputati (Freda e Ventura) per gli stessi reati (strage di piazza Fontana, a Milano, e attentati a Roma) contestati a Valpreda ha posto un problema che pure è necessario risolvere: è logico ed è giusto, infatti, celebrare due dibattimenti separati, ovvero è più opportuno riunirli per avere un quadro unitario e completo? Il rinvio del processo a Valpreda, oggi, ufficialmente è senza una motivazione plausibile. Nella realtà è soltanto un pretesto per prendere tempo (al mattino la notizia era rimbalzata da Milano a Catanzaro soltanto in modo ufficioso) e affrontare così fra nove giorni, la questione nella sua interezza e nella sua importanza. La legge in questi casi (stessi reati, imputati diversi) prevede la riunione dei processi. Ma dove questa riunione deve avvenire: a Catanzaro o a Milano? La discussione che caratterizzerà l'udienza di mercoledì della prossima settimana sarà impostata su questo tema. Tutto lascia supporre che i magistrati calabresi vogliano giudicare Valpreda e, semmai, anche Freda e Ventura. Tutto qui dal punto di vista organizzativo è stato fatto con notevole dispendio di mezzi: aula vasta; amplificatori perché gli interventi di tutti siano ascoltati facilmente; impianti telefonici nuovi; riprese televisive a circuito chiuso per consentire di seguire le fasi dell'udienza anche a chi non trovi posto in aula. Molti difensori (ad eccezione di quelli degli imputati maggiori) e soprattutto quelli di parte civile non intendono rimanere a Catanzaro: il processo, secondo loro, deve tornare a Milano o per lo meno nelle sue vicinanze. «La legge lo prevede, la logica lo impone», ha commentato l'avvocato Odoardo Ascari della parte civile. Oggi, dunque, soltanto qualche semplice formalità. Tre gli imputati presenti: Pietro Valpreda, Roberto Gargamelli e Mario Merlino. Gli altri nove sono rimasti a casa prevedendo che tutto, questa mattina, si sarebbe risolto in una semplice presentazione e in un rapidissimo rinvio come poi è avvenuto: Emilio Borghese (strage); Emilio Bagnoli ed Enrico Di Cola (associazione per delinque re); i familiari di Valpreda, cioè la madre, la sorella, la zia e la nonna (falsa testimonianza); Stefano Delle Chiaie e Olivo Della Savia. Quest'ultimo, anzi, ha preannunciato che non intende presentarsi mai. «Non sento alcun bisogno di giustificare la mia assenza nella nuova fase della farsa», ha detto in una lettera inviata alla corte affidandola al suo difensore di fiducia, avvocato Giuseppe Dominuco. «Il processo, ha aggiunto rivolgendosi ai giudici, è un affare che riguarda voi e non me {...). Se ieri non potei sottrarmi perché costretto, con la forza e con le manette ai polsi, al ruolo di imputato (...), oggi però posso sottrarmi al ruolo che mi si vuole imporre: quello di marionetta connivente di buonavoglia che si lascia tirare i fili dai nuovi giullari del potere di sempre». Olivo Della Savia è un anarchico al quale l'accusa ha contestato il reato di aver detenuto materiale esplosivo a Roma prima di fuggire all'estero, materiale che sarebbe stato poi rilevato dal Valpreda per compiere la strage di Milano. Questa mattina, per un evidente disguido postale, si è trovato rappresentato da due avvocati, ognuno dei quali non sapeva dell'incarico affidato all'altro: si tratta di un pope—gcpvsd problema che sarà risolto fra otto giorni. Tutto, oggi, si è ridotto a poco più di un'ora: il tempo perché i giudici popolari (6 effettivi — fra cui 2 signore — e 4 supplenti) prestassero giuramento; e perché si procedesse all'appello degli imputati, e al controllo degli avvocati di difesa e d'accusa. Poi, un rapidissimo discorso programmatico del presidente che ha invitato tutti «alla collaborazione più completa nello svolgimento del processo»; che ha ricordato che «i diritti di ciascuno saranno sempre garantiti» e che non sarà consentito che «alcuno leda il diritto che ciascuna persona ha al rispetto della propria personalità»; che ha invitato gli avvocati ad essere sintetici nel discutere le questioni di diritto evitando di proporre eccezioni «che non potranno essere accolte»; che ha concluso preannunciando il proposito della corte di lavorare a ritmo sostenuto «senza sospensioni». Un attimo dopo, smentendosi clamorosamente, su richiesta dell'avvocato Taddei, di parte civile, e dell'avvocato Sotgiu, della difesa (il programma era stato studiato nei dettagli un attimo prima in camera di consiglio), ha disposto il rinvio a mercoledì della prossima settimana. Che cosa avverrà quel giorno è prevedibile: si discuterà se riunire i due procedimenti (quello di Catanzaro e quello di Milano) o se rivolgersi alla Cassazione perché decida dove riunirli. «La corte d'assise, avrebbe confidato il presidente ad un amico, fino a quando la Cassazione non avrà deciso andrà avanti comunque in questo processo». Le reazioni alla notizia che a Milano era stato predisposto il rinvio a giudizio di Freda e Ventura sono state immediate. «La decisione del dottor D'Ambrosio, ha detto il professor Guido Calvi, difensore di Valpreda, è un punto fondamentale nell'accertamento della verità sulla strage di piazza Fontana e sulla responsabilità materiale e politica della strategia che pretendeva di portare il Paese ad una svolta reazionaria ed eversiva. Tra gli anarchici di Roma e Milano e i fascisti veneti non vi è nulla in comune. Ancora una volta, la difesa di Valpreda afferma che il dibattimento servirà a chiarire la verità dei fatti e cioè l'innocenza degli anarchici». Guido Guidi