Più cara la carta

Più cara la carta I giornali in difficoltà Più cara la carta I produttori chiedono un altro aumento In un anno il costo è già raddoppiato Milano, 15 marzo. Si è svolta a Milano lina riunione fra una delegazione di editori di giornali quotidiani e una delegazione di produttori di carta per esaminare la situazione del settore. Erano presenti anche i rappresentanti dell'ente nazionale per la cellulosa e la carta. Nel corso dell'incontro la delegazione dei cartai ha sollevato l'urgente necessità di un ulteriore aggiornamento dei prezzi, in misura tale che non resta che raddoppiare quelli che erano i prezzi del mercato della carta per quotidiano nel maggio del 1973, vale a dire meno di un anno fa. Ma oltre a questo, i rappresentanti delle cartiere hanno fin d'ora indicato (sulla scorta dell'andamento dei costi delle materie prime) come assai probabili e fin d'ora prevedibili ulteriori incrementi di prezzo per i prossimi mesi. Vale la pena di ricordare che già dal gennaio di quest'anno i giornali quotidiani avevano subito un maggior onere di 56,50 lire per ogni chilogrammo di carta, mentre già dal primo febbraio l'ente cellulosa e carta era dovuto intervenire con un aggiuntivo intervento straordinario, di carattere eccezionale e temporaneo, per altre 30 lire al chilo. E' anche in base a questi aggravi, non più sostenibili dagli editori, che fu chiesto l'aumento del quotidiano a 150 lire. Tale atto prevedeva l'immediata convocazione della commissione della carta, per il parere da fornire al comitato per i prezzi sulla validità dell'adeguamento. Mentre, da un lato, gli editori, nella riunione di Milano, hanno dovuto una volta di più constatare la continuata carenza di ogni risposta effettiva da parte degli organi pubblici tenuti a questi adempimenti di fronte all'urgenza della loro domanda, essi non sono stati in grado di poter fornire assicurazioni ai produttori di carta circa l'attuale possibilità di sopportare aggravi ulteriori. (Ansa) viari, le tariffe elettriche, forse il pane e gualche altro genere di largo consumo. Né i giornali vogliono un prezzo politico, perché nel loro caso quell'aggettivo conterrebbe un possibile condizionamento ed avrebbe un significato spiacevole. Altra cosa può essere, ed è , quel pìccolo contributo statale per una certa quantità di carta, che risale ai tempi del «protezionismo» per le cartiere nazionali, quando in pratica i giornali dovevano rifornirsi dì carta italiana, che allora aveva prezzi superiori a quelli di mercato. L'unica spiegazione, non giustificazione, che possiamo intravedere in questa condanna dei giornali ad una lenta agonia è che il «governo» sia fautore del detto «il silenzio è d'oro» e che preferisca, appunto, veder morire i giornali che essere disturbato dalle loro voci. Tanto più che, anche se i giornali muoiono, il popolo non rimarrà senza notizie: ci sono sempre la radio e la televisione. Vuol dire che queste, oltre ad avere il monopolio dell'etere, avranno anche quello dell'informazione. m, s.

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