Realtà, sogni e protesta nel cinema peruviano di Stefano Reggiani

Realtà, sogni e protesta nel cinema peruviano Un bel film d'autore a Sanremo Realtà, sogni e protesta nel cinema peruviano (Dal nostro inviato speciale) Sanremo, 15 marzo. La cultura sudamericana ha ormai il suo pubblico, da noi. Anche i renitenti alle riflessioni sociologiche vi trovano una seduzione ambigua e precipitosa, una prepotenza che li lascia disarmati. La vendetta con, ro la realtà attraverso il barocco e la metafora costituiscono esempi che muovono un antico e dimenticato bisogno nei lettori e spettatori europei. Per affinità di gusto gli estimatori del romanziere Garcia Marquez andranno subito a vedere (se mai uscirà in sala pubblica) il film «Miraggio» («Espejismo») di Armando Robles Godoy, presentato al Festival del film d'autore di Sanremo. Il regista peruviano è tra i migliori ingegni cinematografici dell'America Latina, si presenta con numerosi premi e già solida fama. E' fin troppo bravo, ha capito il cinema con tanta acutezza che talvolta ne forza i tempi fino al modello letterario, talailtra sì sperde nei simboli e tra 1 piani narrativi. E' anche lui un ragazzo, come il protagonista di « Miraggio » che corre tra le distese sabbiose intorno al suo borgo trovando e provocando visioni. Tutti i fatti e tutte le immaginazioni avvengono in un solo giorno, il Giovedì santo del '66, prima della processione di Nostro Signore di Luren. La famiglia di Hernan, il ragazzo, si prepara a partire per Lima. Vanno alla ricerca di lavoro e speranza in città, hanno caricato tutte masserizie su un vecchio automezzo, viaggeranno la notte con il fresco. Ad Hernan resta il tempo per una ricognizione sui luoghi e tra gli amici dell'infanzia. Accanto alla realtà si aprono per Hernan i confini della fantasia e dei desideri. Un suo compagno, José, abita in una fattoria abbandonata, dove le immagini sacre e le armature si animano per interpretare le inquietudini dell'adolescenza e la storia del paese. E" la madre di José la bellissima donna che si muove dietro i tendaggi? E' la sua storia d'amore che s'intravede per dense immagini? E' il suo amante l'uomo che corre sulla sabbia, trascinato per punizione da tre cavalieri? L'ammucchiata rischiosa di luoghi poetici non grava sul film, ma lo intesse strettamente, ponendo in rilievo la sopraffazione e la stanchezza che sovrintendono in ugual misura alla realtà e ai sogni. In un episodio, i braccianti assoldati per la vendemmia dal padrone della Hacienda devono fischiare mentre lavorano. « Vi piace la musica, padrone? », chiedono « No, risponde lui, ma non voglio che mangiate la mia uva ». Tra le viti tutti fischiano per ore, al limite del fiato; fino a che un bracciante non intona l'Internazionale trascinando su quell'onda gli altri fischiatori. E' un coro assordante di fischi ideologici: adesso è il padrone che ordina di smettere. A sera Hernan e i suoi partiranno, lasciandosi dietro la grande processione, a bordo del loro autocarro sgangherato, nel deserto. Tra gli altri film del Festival citeremo per solidarietà di bandiera l'italiano « Domani » di Mimmo Rafele, pieno di buone intenzioni ma goffo nei risultati (lo si vedrà in televisione tra le pellicole sperimentali) e ci fermeremo un poco incuriositi su « Bousman e Lena » di Rosa Devenish, presentato con l'etichetta del Sud Africa. Tratto da una « pièce » di Athol Fugard, il film è una produzione inglese che affronta, con qualche ambizione psicologica e morale, il problema dell'Apartheid. Una coppia di mulatti viene scacciata da una bidonville, che sarà abbattuta per far posto ad un cantiere. I due vagano tra paludi e campagna, ricostruendo in scontri verbali e silenzi la loro condizione di emarginati. La presenza di un negro, un cafro, scatena il razzismo, i rancori del mulatto, mette in luce la pietà e l'« ottimismo » della donna. Basta come esame di coscienza? Bisognerebbe saperne di più sul film e sul suo autore, sul pubblico cui l'opera è rivolta. Pare che per girare « L'orario del mattino», il regista giapponese Susumu Hani abbia affidato una cinepresa da otto millimetri a due ragazze incaricandole di riprendere le scene di una loro va¬ canza. Poi ha inserito il film delle ragazze nella sua pellicola « adulta », vi ha stretto intorno un nodo giallo ed una inclinazione al ritratto psicologico. Questa furbizia isnaìve» può anche non piacere e destare fortemente sospetto, ma dall'opera un poco disordinata è uscito un tutto apprezzabile. La figura di una delle ragazze è colta con una sincerità superiore ad ogni impazienza del critico e del pubblico. Stefano Reggiani

Persone citate: Armando Robles Godoy, Bousman, Fugard, Garcia Marquez, Hani, Mimmo Rafele

Luoghi citati: America Latina, Lima, Sanremo, Sud Africa