Le 150 "mogli" di Ribot di Paolo Bertoldi

Le 150 "mogli" di Ribot Inchiesta sull'ippica: come nascono i campioni Le 150 "mogli" di Ribot L'asso del galoppo, dopo la magnifica carriera in pista, ha girato il mondo come stallone prima di morire - L'antica tradizione della Donneilo Olgiata: le fattrici attendono il parto presso Arona, i puledri si esercitano a Roma - Nella quiete di Bolgheri gli allenamenti per le gare - Da Tesio al marchese Incisa La grande Ippica del galoppo è nata in Inghilterra, dove Enrico Vili seguiva con tanto Interesse gli allevamenti da stabilire una multa di 20 sterline qualora « i laici, le cui mogli portino cappello o altrimenti berretta di velluto, non posseggano almeno un cavallo ». Ancora oggi la tradizione inglese domina nel mondo dei cavalli da corsa — trotto escluso —. Le grandi classiche, The Oaks per femmine, il Derby, l'istituzione del Jockey Club per fantini, l'uso di assegnare tre premi sorge oltre Manica. Curiosa l'origine dei tre piazzamenti. Nel 1609 il Lord Mayor di Chester, un perfezionista dai gusti raffinati, fece rifare per ben tre volte la campanella d'argento destinata per consuetudine al cavallo vincitore. Trovandosi con una serie di premi in ordine di decrescente bellezza, stabilì di onorare non solo il vincitore, ma anche il secondo ed II terzo piazzato. Nella tenuta di San Guido di Bolgheri, il marchese Incisa della Rocchetta prende lo spunto dal cenni storici per parlare del galoppo moderno e di quello Italiano. E' un piemontese di origine alessandrina. Dal '32 è sfato socio del torinese Federico Tesio, il re dell'ippica. « Fu un'alleanza fondata sulla parola. Per venti anni non abbiamo firmato neppure un documento; solo negli ultimi tempi le leggi Imposero una regolamentazione scritta. Tra noi è sempre bastata una stretta di mano ». La razza Dormello-Olgiata (ex scuderia Tesio-lnclsa] ha una sede sistemata in un parco naturale, dove rivive l'atmosfera di vecchi tempi. Passeggiando lungo le piste di allenamento, non è difficile scorgere fagiani, lepri, conigli selvatici. » E talvolta arrivano, dalle colline, anche I cinghiali » racconta il marchese Incisa che da trent'anni difende la natura e la terra toscana con una lungimiranza che ha anticipato perfino il termine di ecologia. La tenuta di San Guido di Bolgheri è una delle tre sedi della più famosa scuderia Italiana. A Dormello, presso Arona, vi è II centro di riproduzione che vede un numero vario di elementi, poiché le fattrici, quando sono gravide, vanno a partorire anche In località lontane e straniere, dove risiedono gli stalloni. Devono essere pronte a sostenere un nuovo accoppiamento otto giorni dopo il parto. AH'Olgiata, sulla via Cassia (Roma), ci si dedica soprat- tutto ai puledri di un anno. Bolgheri serve agli allenamenti invernali. Consiste In un grande edificio del tardo '700, dove sono sistemati gli uffici direttivi. Poco distante sorge una vecchia fattoria, cui si sono aggiunte, in tempi successivi, quattro ali che non disturbano lo stile e le proporzioni dell'insieme. Qui vivono attualmente 32 cavalli in box della massima misura, metri quattro per quattro, lungo i quali si snodano corridoi Interni, scrupolosamente puliti, come in un albergo di lusso. L'allenatore, dopo la morte di Ugo Penco, perito In un incidente stradale, è l'inglese Anthony Hyde, fratello di un lamoso fantino. Alle sue dipendenze, una quindicina di artieri, quasi tutti sardi, molti giovanissimi e soprattutto magri e piccoli. Vengono, attirati dal sogno di seguire la carriera dei Piggot, dei Ca¬ mici anche se sanno che soltanto l'uno per cento di essi riuscirà a diventare un bravo fantino. Lo spazio dedicato esclusivamente all'ippica è di 240 ettari, con quattro piste di erba per il galoppo, un rettilineo di EOO metri, sentieri in terra battuta per la passeggiata. Il tutto in un silenzio da favola. Si arriva alla sede degli ulfici lungo il duplice filare dei cipressi che portano a Bolgheri « alti e schietti ». Tra questi alberi di ossessiva memoria carducciana, si notano. Intervallati, cartelli stradali. Un triangolo rosso con la sagoma di un cavallo nero in campo bianco. « Gli amici mi ringraziano perché li avverto del rischio di essere investiti da un cavallo » osserva il marchese, « In realtà i segnali servono a proteggere i purosangue dalle automobili ». Chissà che qualcuno dei 32 eie- menti ora affidati ad Anthony Hyde non sia un futuro Apelle o Cavaliere d'ArpIno o qualche altro grande nome degli allevamenti Tesio. Ai paragoni con Nearco 0 Ribot non si accenna per scaramanzia. Negli uffici della direzione, cui da trentacinque anni presiede Giuliano Gabellini, vi sono molte fotografie di campioni montati da fantini in giubba bianca con la caratteristica croce di Sant'Andrea in rosso, ma nessuna dei due • cavalli del secolo », creati dagli allevamenti Tesio. Nearco, prima della guerra, oscurò la fama del leggendario St. Simon. Disputò quattordici corse, tutte senza sconfitte ed era un'epoca di trasferte lunghe. Famoso il suo trionfo nel G.P. Milano, ripetuto sette giorni dopo nel Grand Prix de Paris che nel 1938 contava quanto l'Are de Triomphe. Erano stati battuti a Longchamp i vincitori dei derby francese ed inglese. Ed in mezzo c'era stato un viaggio di tre giorni — partenza al lunedì, arrivo al mercoledì in treno — allora per 1 cavalli non si usava l'aereo. Dopo il successo francese, imbattuto, Nearco venne venduto ad un sindacato britannico per 60.000 sterline, una cifra record per l'epoca. A Bech House, presso Newmarket, negli anni della guerra, gli costruirono perfino un rifugio antiaereo. Ebbe 508 figli. Negli ultimi tempi era diventato • cattivo », eppure quando, tornata la pace, Marcello, l'uomo di scuderia che lo aveva sempre curato in Italia, gli si avvicinò malgrado le ammonizioni di prudenza da parte degli inglesi e gli ripete la frase abituale - Nearco dov'è il tuo posto? », il nevrotico stallone abbassò la testa per posarla nell'incavo del braccio di Marcello, come sempre aveva latto in passato. Nearco fu abbattuto nel '57 per evitargli le sofferenze di un male Incurabile. Aveva 22 anni. Ancor più grande del figlio di Pharos e Nogara è stato Ribot, che Tesio non ebbe la soddisfazione di veder correre. Il grande vecchio dell'ippica italiana era morto ottantacinquenne, poco prima del debutto, vittorioso naturalmente, di Ribot a San Siro. Nei suoi tre anni di carriera, il potente purosangue vinse due volte l'Are de Triomphe (la seconda con 15 lunghezze di vantaggio), le King George di Ascot e tutti I grandi premi italiani. Gli mancò solo il derby, poiché non era stato iscritto, mentre era ancora nel grembo di Romanella, come voleva II regolamento. Testo forse non sperava tanto in lui e del resto si dice che Camici, uno del più grandi assi tra I fantini, all'Inizio lo considerasse Inferiore a Dotticela. Poi disse invece: « Quando galoppa Ribot pare di stare in poltrona ». Dopo sedici primi posti in sedici corse (e 165 milioni del 1956 aggiudicati) Ribot diede l'ultima dimostrazione di essere nato per gareggiare e dominare. A Roma, prima ancora del ritiro definitivo, gli venne organizzata una esibizione di addio, In compagnia di Maglstrls, il cavallo-gregario che Ribot amava avere sempre accanto a sé. Non sollecitato dall'atmosfera di corsa, Ribot si innervosì. Alla fine della galoppata sbalzò di sella Camici. Il purosangue dalla cassa toracica così ampia da richiedere cinghie di misura speciale per la sua sella, passò alla riproduzione. Un suo figlio, Molvedo, vincerà l'Are de Triomphe nel '61. Ribot resta all'Olgiata per un breve periodo; poi viene richiesto In America. Non è In vendita; lo si affitta con contratto di cinque anni per la cifra sbalorditiva di un miliardo: 150 mogli vengono alla Darby Dan Farm nel Kentucky a ricevere le sue preziose attenzioni. Al termine del contratto, sempre per un miliardo, Ribot resta in America, affittato per altri tre anni. E' morto ventenne, un'età relativamente giovane, per cause naturali. Nelle splendide scuderie dì riposo ed allenamento invernale di Bolgheri, grandi cartelli recano I nomi dei cavalli e dei loro celebri genitori. Si legge: Bianche Hardy, figlia di Ribot; Phelps, da Ribot e Peggy Bacon; Mina Rambal, nipote di Ribot. Il marchese Incisa passa ogni giorno lungo le quattro ali dell'allevamento. Osserva I nomi, tutti e nessuno in particolare. L'ippica resta anche per I più rttenti intenditori un affascinante e misterioso gioco. « Il purosangue — scrisse Tesio — è un gran bastardo grandemente selezionato non sui caratteri mendelliani, ma sulla perfezione e resistenza del materiale ». Solo le corse possono dire se le selezioni sono state giuste. Paolo Bertoldi Ribot, il più grande crach italiano, in allenamento con in sella Camici