Garibaldi deputato di Alfredo Venturi

Garibaldi deputato Garibaldi deputato Alfredo Venturi: «Garibaldi in Parlamento ». Ed. Longanesi, 192 pag. 3200 lire. La lettura di questo libro fresco, vivo, scritto con una passione appena mascherata da un riserbo britannico, induce a pensare che non la curiosità erudita, ma un interesse politico strettamente legato a problemi d'attunlità abbia indotto l'autore ad occuparsi di Garibaldi deputato. C'è indubbiamente, come primo impulso alla ricerca, l'ammirazione per l'Eroe: che visto nella verità dei fatti, fuori delle deformazioni agiografiche o rettoriche (il Venturi è giustamente severo contro la trasfigurazione dannunziana), rimane pur sempre il « cavaliere del genere umano » celebrato dal Carducci. E c'è l'interesse del giornalistastorico per le vicende inconsuete dell'on. Garibaldi, personaggio anomalo in qualunque assemblea legislativa. Ma l'autore sembra porsi anzitutto il problema sempre attuale dei rapporti « tra un eroe istintivo ed il meccanismo delle istituzioni », tra rivoluzione e Stato, e del carattere rappresentativo degl'istituti democratici in una epoca di grandi trasformazioni: ha il merito d'affrontarlo senza tesi preconcette, né rigidezza dogmatica. Garibaldi fu per oltre trenl'anni un deputato « riluttante e svogliato »; ma non soltanto fu rieletto, spesso in più collegi, dall'Unità fino alla morte: appartenne a ben quattro assemblee legislative, pur partecipando assai poco — per scella libera o per la forza delle cose — ai lavori di tutte e quattro. Esordì nel 1849 quale membro della Costituente nella Repubblica romana. Intervenne due volte soltanto: all'inizio, per esortare i colleghi a prodamare subito il regime repubblicano senza perdersi in sottigliezze procedurali; alla fine, per dichiarare che una resistenza disperata ai francesi sarebbe stata un suicidio. Deputato del Regno di Sardegna, ebbe un unico scontro memorabile con Cavour per la cessione di Nizza. Deputato nella Camera italiana, si scontrò ancora con il governo in difesa dei Mille; dopo un intervallo di quattordici anni, andò a Montecitorio solo per votare sulla legge di pubblica sicurezza e sulla marina da guerra e per proporre un piano di risanamento del Tevere. Eletto da sette collegi francesi dopo la disfatta di Napoleone III, nell'assemblea di Bordeaux non potè neppure prendere la parola: la maggioranza conservatrice costrinse al silenzio l'unico generale, straniero e volontario, che avesse resistito con successo ai prussiani. Le esperienze d'una simile carriera di deputato non erano fatte per attenuare la diffidenza istintiva di Garibaldi verso le assemblee parlamentari, la sua impazienza per i riti e le chiacchiere dei « cinquecento dottori », la sua profonda convinzione che, in tempi rivoluzionari, quelle Camere non rappresentassero il Paese e non potessero curarne gl'interessi. C'era, tra Garibaldi e il Parlamento, una reciproca incompatibilità: i deputati (anche trascurando l'ignobile episodio di Bordeaux) diffidavano del Generale che portava nell'aula lo spirito della guerriglia, il Generale diffidava dei meccanismi co- stituzionali lenti ed a fondo conservatore. Per l'Italia, come per le altre nazioni cattoliche, Francia e Spagna, egli auspicava « una dittatura onesta e temporaria » che educasse gli uomini a libertà e preparasse una repubblica di popolo, non di notabili. Tre critiche sono state fatte a questo pensiero politico: d'essere più istintivo che meditato, d'essere qualunquistico, di contenere pericolose minacce totalitarie. La storia ha dato ragione alla via lunga, ma costituzionalmente corretta, di Cavour contro le impazienze rivoluzionarie di Garibaldi: anche Alfredo Venturi lo ammette, pur non nascondendo una certa solidarietà con l'Eroe. Con dati molto persuasivi, egli confuta invece l'accusa di qualunquismo: nella polemica contro il Parlamento, Garibaldi è mosso da una generosità candida che è l'opposto del qualunquismo. Quanto alla semplicità o ingenuità delle sue idee politiche, il Venturi con molto equilibrio distingue tra gli aspetti utopistici o quasi infantili (fondere le campane e far lavorare i preti) e i punti programmatici in anticipo sui tempi: suffragio universale, abolizione della pena di morte, leggi speciali per la Sardegna, salario minimo... Sembrano dissonanze strane; ma sono coerenti in quel personaggio anomalo che fu Garibaldi, e contribuiscono al suo fascino: gran combattente e pacifista, repubblicano che regala corone ai re, sabreur umanitario, Cincinnato populista, e candido galantuomo che reazionari e clericali scambiavano per il Diavolo. Carlo Casalegno Giuseppe Garibaldi

Persone citate: Alfredo Venturi, Carducci, Carlo Casalegno, Cavour, Giuseppe Garibaldi, Longanesi, Napoleone Iii, Venturi

Luoghi citati: Bordeaux, Francia, Italia, Nizza, Sardegna, Spagna