Versati 850 milioni per la liberazione del giovane commerciante rapito a Lodi

Versati 850 milioni per la liberazione del giovane commerciante rapito a Lodi I banditi l'hanno rilasciato mercoledì sera dopo tredici giorni di prigionia Versati 850 milioni per la liberazione del giovane commerciante rapito a Lodi In un primo momento i banditi avevano chiesto due miliardi - "Mi hanno sempre tenuto incatenato alla gamba del letto, in una stanza poco più grande d'una cabina telefonica" ha detto alla polizia • Momento per momento le fasi della liberazione (Dal nostro inviato speciale) Lodi, 14 marzo. Per Emilio Baroni e i suoi familiari l'incubo è finito: un incubo che è durato tredici angosciosi giorni e che si è concluso ieri sera a San Donato Milanese. La libertà del Baroni ha avuto un prezzo molto alto: 850 milioni in banconote da 50 e 100 mila lire. In un primo momento i banditi avevano chiesto due miliardi, ma poi la cifra è stata più che dimezzata. Emilio Baroni è stato scaricato da un'auto dietro gli uffici dell'Eni di San Donato. Erano le 21,45 esatte. Tutta la zona era avvolta dalla nebbia, le strade deserte; in lontananza si intravedevano le luci della tangenziale e, sulla destra, la sagoma confusa del palazzo che ospita la direzione dell'Anic. Si è diretto verso la costruzione, ha attraversato un prato e ha spinto la porta a vetri dell'entrata dove dietro c'era il custode della notte, Michele Cropo, 36 anni, residente a Corsico. Questi racconta: «In un primo momento ho creduto che fosse uno degli impiegati, ma quando mi è stato vicino mi sono accorto che non l'avevo mai visto. Aveva le mani affondate nelle tasche del cappotto e il bavero tirato sul collo. Il suo viso era sofferente, aveva due dita di barba e gli occhi spiritati. Mi ha chiesto se gli potevo chiamare un taxi. Io gli ho risposto chi era e lui mi ha detto, "Sono Baroni, quello rapito a Lodi", ma forse si è reso conto che la sua risposta non mi aveva affatto emozionato e ha aggiunto: "Ma lei non ha letto i giornali?". Solo allora mi è venuta in mente tutta la vicenda, senza però mettere a fuoco i particolari. Comunque ho telefonato a un'autopubblica di piazza Corvetto, a Milano, che è arrivata nel giro di pochi minuti. Durante l'attesa il Baroni ha fumato una sigaretta e intanto si strappava l'ovatta che usciva da un buco del cappotto. Quando è arrivato il taxi è salito e se ne è andato». Il Cropo si abbottona la giacca, stira le patte delle tasche e continua: «Qualche momento dopo ho telefonato ai carabinieri di San Donato e ho detto al piantone che il Baroni era stato qui da me per chiamare un taxi. Non l'avessi mai fatto! Nel giro di qualche minuto sono arrivati brigadieri, marescialli, ufficiali. Tutti mi interrogavano e facevano domande. Un finimondo. Un maresciallo ha recuperato dal posacenere il mozzicone di sigaretta lasciato dal Baroni e un batuffolo d'ovatta. "Anche questo può servire per l'indagine", ha detto, e s'è messo tutto in tasca». Intanto il Baroni aveva raggiunto la villa di corso Mazzini, non si è neppure fermato a parlare con l'equipaggio di una gazzella di carabinieri ferma davanti alla casa: ha aperto il cancelletto del giardino, ha attraversato di corsa il cortile e si è infilato nell'alloggio. Un attimo dopo tutte le luci della palazzina si sono accese, dall'interno arrivava-1 no grida e pianti, ma di gioia questa volta. Da quel momen- i to non ha più voluto vedere ! nessuno fino a oggi, alle 17, quando è arrivato il sostituto | procuratore di Milano, dottor De Liguori, quello di Lodi, '■ dottor Novello, il capo della Criminalpol di Milano dottor Sgarra e altri funzionari. Il suo racconto è stato molto breve, drammatico. Ha suDito cominciato a parlare del ! suo rapimento nel giardino di casa. «Me li sono sentiti ] piombare addosso, ho tentato ; di difendermi ma mi hanno j gettato a terra dopo avermi colpito con qualcosa qui alla \ fronte» e si passa le dita sulla cicatrice, proprio sopra l'occhio sinistro. «Non li ho neppure visti in faccia, ero intontito, non so dove mi abbiano portato né per quanto tempo ho viaggiato sul furgone». E' stato tenuto prigioniero in una stanzina poco più grossa di una cabina telefonica, un metro per due, completamente buia. «Mi hanno sempre tenuto legato con una catena al piede fissata alla gamba del letto. Era abbastanza lunga perché io potessi arrivare a uno sgabuzzino attiguo dove c'erano i servizi. Ogni volta che avevo bisogno di qualcosa battevo due colpi contro il muro e quelli arrivavano: mi portavano da bere e da mangiare, roba in scatola e pollo lesso. Sono convinto che nel cibo ci doveva essere una sostanza che mi intontiva, mi rendeva senza forze. Forse era droga. Non ricordo di aver sentito un rumore esterno, niente che mi poteva far capire dove mi trovavo. La catena, come ho detto, era abbastanza lunga perché io potessi muovermi sia pure in uno spazio limitato. Il primo giorno che l'avevano fissata alla gamba mi avevano detto che se non stavo tranquillo mi avrebbero anche legato le mani. Quante volte ho pensato al sole, immaginato di veder la stanza che si colorava, di sentire il profumo delle rose! Ho passato dei momenti drammatici, da incubo». Intanto questi rapitori si erano messi in contatto con la famiglia e avevano dato direttive per pagare il riscatto. Dell'operazione si sono occupati il dottor Carlo Cantamessi, il commercialista della ditta Baroni, e l'avvocato Costantino Ercoli. Alla prima telefonata fatta il giorno dopo il rapimento ne sono seguite altre. Come segno di riconoscimento, i rapitori usavano la parola d'ordine «Capri». Quando i banditi hanno fissato la cifra, i genitori del Baroni hanno voluto una garanzia che il loro congiunto fosse vivo. Giovedì della scorsa settimana il dottor Cantamessi ha ricevuto una lettera, che era stata spedita il giorno prima da Milano, scritta di pugno dal Baroni. Cinque giorni dopo, martedì, il commercialista e l'avvocato si sono messi in viaggio per depositare due valigie con gli 850 milioni richiesti. Hanno imboccato l'Autostrada del Sole e l'hanno percorsa fino al km 192, poco prima di Firenze. Subito dopo un ponticello hanno trovato una palina di segnalazione stradale e sotto c'era un biglietto con altre istruzioni. Hanno dovuto imboccare la Firenze Mare, viaggiare per alcuni chilometri alla velocità di 60 l'ora e fermarsi quando hanno visto sul ciglio della strada un uomo che faceva segnali con una pila. Erano arrivati. Hanno consegnato le due valigie col denaro, sono risaliti in macchina e usciti dal casello di Chiesina Uzzanese, tre chilometri dopo. Il dottor Cantamessi ha detto che i banditi erano due: uno piccolo con basette e l'altro molto alto e robusto. Avevano il volto coperto dal collo del maglione e parlavano con un accento sicuramente non settentrionale. Quando hanno avuto le borse col denaro hanno scavalcato la recinzione dell'autostrada e sono saliti su una «Giulia» che si è allontanata per un tratto a fari spenti, seguita da un'altra vettura. a. p. Lodi. Emilio Baroni con la moglie e il figlio Carlo (Foto Moisio)

Persone citate: Anic, Cantamessi, Carlo Cantamessi, Costantino Ercoli, De Liguori, Emilio Baroni, Michele Cropo