Il deficit commerciale 3267 miliardi nel '73 di Giulio Mazzocchi
Il deficit commerciale 3267 miliardi nel '73 Le cifre Istat sull'import-export italiano Il deficit commerciale 3267 miliardi nel '73 Deriva dalla differenza tra 16.226 miliardi spesi per le importazioni e 12.959 ricavati dalle esportazioni - Tenuto conto dei particolari congegni di pagamento, il disavanzo reale scende però a 1400 miliardi di lire (Nostro servizio particolare) Roma, 13 marzo. L'andamento del commercio estero nell'anno scorso è profondamente diverso e meno preoccupante di quanto non mostrino le cifre pubblicate oggi dall'Istituto di statistica, che ha finalmente ripreso l'attività, dopo un lungo sciopero. Le sue cifre sono comunque queste: 1.984 miliardi d'importazione in dicembre, con un aumento del 25 per cento sul precedente record segnato nel settembre; 1.481 miliardi l'esportazione, con un aumento del 12 per cento sul precedente record di luglio; 503 miliardi il deficit mensile, con un aumento del 17 per cento sul precedente record di settembre. L'andamento del dicembre '73 è addirittura astronomico se confrontato con il dicembre '72: l'importazione è cresciuta in valore del 61,8 per cento, l'esportazione del 28,9 per cento, il deficit poi sale addirittura del 600 per cento. Quanto all'intero 1973 ecco le cifre: 16.226 miliardi d'importazione (+44 per cento), 12.959 miliardi l'esportazione (+19,4) e 3.267 miliardi il deficit (+700 per cento). Però le cose mutano di colpo di dimensione se si tiene conto che le importazioni sono valutate al prezzo totale (che comprende le assicurazioni e il costo del viaggio), mentre le esportazioni sono calcolate al netto di tali spese (che sono incassi). Al netto (Cif) dei costi di trasporto, il valore dell'importazione 1973 scende alla pur considerevole cifra di 14.768 miliardi, che sono da confrontare col valore delle esportazioni, e documentano un passivo commerciale che cala a 1.809 miliardi. Ma è già stato avvertito, nella «lettera di intenti» di La Malfa al Fondo monetario, che le nostre partite commerciali 1973 nascondono una fuga di capitali per 600 miliardi (200 dei quali sono da attribuirsi ai giochi sulla valuta turistica e sulle rimesse degU emigranti). Al netto dei 400 miliardi di capitali fuggiti attraverso fatture d'esportazione inferiori al vero e fatture d'importazione superiori, il deficit commerciale reale del 1973 diventa quindi pari a 1.400 miliardi. Quando finalmente, tra circa un mese, la Banca d'Italia fornirà (quali ritardi ormai anche per uusste sue statistiche) i dati sulla bilancia valutaria dell'intero 1973, si potrà conoscere l'andamento verso l'estero di tutto il complesso degli scambi reali (partite correnti), nelle quali si subisce una perdita di 200 miliardi per fughe di capitali mascherate, ma nelle quali i deficit per i trasporti esteri, i redditi da capitale, i servizi vari, dovrebbero risultare più che compensati dagli attivi del turismo, delle rimesse degli emigranti e delle transazioni governative. Allora apparirà in dettaglio che il nostro deficit corrente 1973 con l'estero è pari ai 1300 miliardi indicati già da un mese nella « lettera d'intenti »: una cifra che si vuol ridurre a 800-900 miliardi nel '74 e annullare nel '75. Qui si apre il discorso petrolifero: i nostri « intenti » sono d'eliminare il deficit 1973, entro l'anno venturo, ma non d'eliminare il nuovo deficit petrolifero, che dipende dal rincaro ulteriore verificatosi dallo scorso gennaio. I dati Istat mostrano che nel '72 abbiamo subito un deficit petrolifero di 930 miliardi circa, salito a 1.264 l'anno scorso (1.100 miliardi al netto dei trasporti). Quale ne sarà il peso quest'anno? Nel solo dicembre scorso abbiamo importato petrolio per 383,6 milairdi (compresi oneri di trasporto) e abbiamo esportato petroli raffinati per 97 miliardi (esclusi costi incassati per trasporto). L'uscita mensile di dicembre è da paragonare con un'uscita di appena 118 miliardi in media in ogni mese del '72 e di 145 miliardi in ciascuno dei primi 11 mesi dell'anno '73. Se il deficit petrolifero è il vero fatto enorme che incomoe sul 1974 (non solo nostro, ma di tutti gli altri paesi industriali consumatori di petrolio), i dati che pubblichiamo in tabella mostrano, comunque, che c'è un altro enorme fatto iniquo nel nostro commercio estero. Si tratta del diverso modo — in larga parte fraudolento — in cui sono cresciuti i valori delle importazioni rispetto a quelli delle esportazioni. Un solo esempio: abbiamo aumentato il valore della vendita all'estero di scarpe solo dell'I per cento, mentre abbiamo accresciuto del 71 per cento il valore dei cuoiami importanti. La Banca d'Italia ha appena preso due misure (controlli sulle bollette alle do¬ gane e limite all'esportazione di denaro per i turisti) con le quali frenare l'uscita nascosta di capitali. Ma sono strumenti tecnici, che tra qualche mese saranno aggirati in altro modo. Il vero problema per il riequilibrio dei nostri rapporti valutari con l'estero, è di fare le due vecchissime riforme che valgano a trattenere e far rientrare capitali: Società per azioni e Borse valori. In seguito, come si nota chiaramente dallo specchietto, si avrà anche il riequilibrio finale comprensivo degli oneri petroliferi: basta spingere la chimica, con gli enormi impianti progettati nel Sud che abbiamo sulla carta, e aumentare le nostre produzioni di carne (739,7 milardi d'importazione nel '73, pari a +74 per cento sull'anno avanti). Basta cioè realizzare quegli impegni che si promisero nel luglio scorso. Giulio Mazzocchi
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