Il vertice arabo sul petrolio s'apre oggi a Tripoli, in Libia di Igor Man

Il vertice arabo sul petrolio s'apre oggi a Tripoli, in Libia Dopo molti contrasti, rinvìi e incertezze Il vertice arabo sul petrolio s'apre oggi a Tripoli, in Libia Due tesi opposte, l'Egitto vuole abrogare l'embargo agli Stati Uniti, l'Algeria intende mantenerlo per premere nei confronti d'Israele - Un messaggio di re Feisal ad Assad (Dal nostro inviato speciale) Il Cairo, 12 marzo. Nella sua « rest house » del deserto occidentale, il presidente Sadat ha ieri riunito i ministri del petrolio dei sei Paesi convenuti al Cairo per una conferenza che, secondo la propaganda egiziana, avrebbe dovuto decidere la fine dell'« embargo » decretato contro gli Stati Uniti il 17 ottobre 1973, Come si sa la conferenza è fallita. I ministri del petrolio della Libia, dell'Algeria, dell'Iraq e della Siria si sono rifiutati di venire al Cairo perché consideravano l'ordine del giorno proposto dagli egiziani « inattuale ». Fino all'ultimo momento s'è tentato di salvare la conferenza: c'è stato un susseguirsi frenetico di telefonate tra II Cairo, Tripoli, Damasco e soprattutto Algeri per cercar di convincere i rispettivi capi di Stato a tornar sulla loro decisione. Re Feisal ha inviato un messaggio personale ad Assad, l'ambasciatore egiziano a Tripoli ha avuto un lungo colloquio col primo ministro Jallud. Ma tutto è stato vano. Gheddafi, poi, ha tagliato corto facendo sapere a Sadat che la conferenza, come già previsto, si sarebbe svolta nella capitale libica: l'alternativa del Cairo doveva considerarsi caduta. Era stata avanzata dagli egiziani, ed accettata in un primo momento, perché tenendosi in questi giorni a Tripoli la fiera internazionale sembrava non si sapesse come e dove alloggiare i ministri del petrolio. Tuttavia, all'ultimo momento, il problema logistico era stato risolto, faceva sapere Gheddafi. Questa, almeno, è la spiegazione ufficiale che ha dato il portavoce del ministro egiziano del petrolio ai giornalisti. Oggi i giornali cairoti evitano pudicamente di soffermarsi troppo sulla conferenza. Si limitano a pubblicare brevi trafiletti: «Il vertice del petrolio si aprirà domani a Tripoli. All'ordine del giorno figura l'esame della situazione sulla fornitura del greggio ai paesi industrializzati nel contesto degli ultimi sviluppi della crisi mediorientale. Alla riunione prenderanno parte ì ministri del petrolio dell'Arabia Saudita, dell'Egitto, del Kuwait, del Katar, di Bahrein, dello Stato degli emirati arabi, della Libia, d'Algeria e della Siria, i ministri del petrolio dei paesi che han preso parte al "vertice ridotto" di Algeri (Arabia Saudita, Egitto, Siria e Algeria) e quelli dei paesi del Golfo sono concordi sulla linea da seguire». Quale linea? Quella del «rifiuto» ovvero quella di un impiego più flessibile dell'arma del petrolio? Al Ahram apre la prima pagina con un titolo che dice come il presidente Sadat abbia fatto un dettagliato esposto ai ministri del petrolio da lui convocati «sulla situazione politica e militare». Sottotitolo: totale identità di vedute tra il Presidente e i ministri. La titolazione è robusta ma il testo piuttosto scarno. Vi si legge in sostanza che Sadat ha sottolineato l'utilità di adoperare l'arma del petrolio, «come finora s'è fatto», vale a dire con «intelligenza e flessibilità». Insomma per Sadat sarebbe un errore, nella attuale congiuntura, col disimpegno sul Golan in piedi, non incoraggiare l'azione svolta da Kissinger. Di parere opposto è l'Algeria, capofila del fronte del rifiuto. El Moudjahid scrive oggi che i Paesi produttori di petrolio non trovano alcun elemento «che possa spingerci a compiere un gesto in favore di Paesi, come gli S. U. e l'Olanda, i quali si accaniscono ad appoggiare l'espansionismo di Israele; si vuol forse chiedere agli arabi di incoraggiare questo espansionismo? L'arroganza di Golda Meir fa apparire gli sforzi di Kissinger vani, inutili. Nulla lascia indicare che ci si avvìi verso una giusta soluzione della crisi. Il Dipartimento di Stato americano deve profondamente riflettere su tutto ciò prima di sperare che gli arabi possano considerare di metter fine all'embargo». Il kuwaitiano Al Watan lancia un appello a proseguire la guerra del petrolio «per non abbandonare la Siria» e propone in aggiunta all'embargo il boicottaggio economico degli Usa e dell'Olanda. Il libanese Al Chaab (prò siriano) scrive che la riunione di Tripoli sarà la prova decisiva per la nazione araba: «E' l'ultima occasione che abbiamo per dimostrarci solidali e uniti». La formidabile arma del petrolio rischia di trasformarsi nell'arma della discordia? Un elemento di coesione, tuttavia, potrebbe essere il «riscaldamento» del fronte del Golan. Ne esistono le premesse: stasera siriani e israeliani hanno ingaggiato un duello di artiglieria, il più violento dalla fine della guerra. Igor Man