Il bucato dei partiti di Carlo Casalegno
Il bucato dei partiti Il nostro Stato Il bucato dei partiti La raffica di candali che egli ultimi mesi ha invetito la vita pubblica, e sorattutto il seno di vergogna o il riflesso 'autodifesa) provocato dalle magagne messe in luce con l'inhiesta sulle collusioni tra meranti di petrolio e politici, hano fatto scaturire tante iniziave moralizzatrici. Non vorremmo però che questo zelo, sinero o furbesco, si risolvesse in alse riforme oppure aggiungese danno a danno. C'è, più importante di tutte, a proposta di legge per il fianziamento pubblico dei pariti: un istituto che una lunga sperienza straniera dimostra non privo di meriti, e su cui n Italia si discute da vent'anni senza concludere nulla. Premesso che nessuna legge basta a moralizzare la vita pubblica se non è sostenuta da un massiccio rifiuto delle pratiche disoneste, da un clima di seveo rigore, ci sembra che due acune possano rendere inopeanti le attuali proposte: il dietto di controlli, e le opporunità di prendere denaro da benefattori occulti lasciate ai più forti. Il denaro pubblico ha per contropartita la pubblicità dei bilanci e il controllo della gestione. I partiti sono disposti ad accettare la sorveglianza d'una qualche magistratura sui loro conti interni? E 10 Stato, che non riesce nemmeno a conoscere i bilanci degli enti previdenziali, dispone dei mezzi necessari per un controllo serio e tempestivo? Ka anche se questi due problemi fossero risolti, rimane aperto il problema che potremmo definire dell'« eguaglianza d'opportunità ». Siamo onesti. 1 denaro non affluisce soltanto ai partiti, ma anche alle correnti; non proviene soltanto da fonti private, ma anche da imprese pubbliche e addirittura statali; non arriva soltanto alle direzioni nazionali, ma anche agli organismi periferici; consiste di finanziamenti diretti, ma anch' di ragguardevoli aiuti dissimulati con iniziative giornalistiche, culturali, sportive. I partiti di governo sono privilegiati sui partiti d'opposizione; la democrazia cristiana, che manovra innumerevoli leve di potere, è privilegiata sugli alleati; e i gruppi della de che controllano un maggior numero d'imprese pubbliche, di banche, di enti assistenziali, sono privilegiati sulle altre correnti. O si affronta anche questo problema; oppure la legge sul finanziamento dei partiti non fermerà la caccia ai « fondi neri ». Questa gran voglia di pulizia, questo lodevole desiderio d?i politici di presentarsi all'opinione pubblica con una nuova, chiara, onesta faccia, non deve far dimenticare la realtà né tradursi in misure improvvisate. C'è una proposta, in apparenza ragionevole, che abbiamo letto con sgomento: quella d'abolire i voli di preferenza per ridurre le spese elettorali e la proliferazione di baronie locali. Per tre motivi non ci sentiamo di approvarla. Ci si lamenta che le segreterie dei partiti siano più po- tenti del governo e delle Ca- mere: la fine del voto di prc- ferenza rafforzerebbe quest'egemonia, e di fatto renderebbe inutile il Parlamento. Ma non sopprimerebbe le pratiche clientelari: ogni boss le trasferirebbe all'interno dei partito, per conquistarc a sé ed ai suoi amici una posizione di forza nelle liste. E infine i voti di preferenza, pur se troppo spesso — non soltanto nel Mezzogiorno — premiano i padrini più spregiudicati o corrotti, riflettono le tendenze profonde del Paese e designano i leaders più rappresentativi. Lo zelo frettoloso ci fa sempre paura: persino nella proposta di sessanta deputati della maggioranza per imporre ai parlamentari un lavoro filli lime s'annida, a nostro parere, qualche insidia. Ci sono incompatibilità ovvie: non si può dirigere una banca d'interesse pubblico e fare il senatore, è illogico prendere lo stipendio di deputato e quello di primario. Ma non ci sembra assurdo che un parlamentare faccia il giornalista o tenga aperto il suo studio d'avvocato: esagerando nelle incompatibilità, si rischia di riempire le Camere con funzionari di partito e galoppini della politica, esperti soprattutto in pratiche di sottogoverno. Carlo Casalegno
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