La strage di Monte Lungo

La strage di Monte Lungo IL MOSAICO DELLE NOTIZIE SUL TRAGICO 1943 La strage di Monte Lungo A proposito dell'artìcolo « La strage di Monte Lungo » alcuni lettori hanno inviato al giornale minuziose descrizioni degli errori commessi dagli americani nella drammatica battaglia dell'8 dicembre 1943, criticando che nell'articolo citato tali descrizioni siano state omesse. Il « pezzo » pubblicato da questo giornale portava l'occhiello « Testimonianze inedite sul governo di Brindisi» e appunto suU'originalità e le implicazioni politiche di tali testimonianze ho basato la mia ricostruzione. Affermazioni quali quella del col. Moiso, testimone autorizzato dallo S. M. dell'esercito — per il quale l'esito negativo dello scontro dell'8 dicembre fu dovuto soltanto a questioni di carattere organizzativo —, e quella del col. Von Heiking/il comandante della guarnigione tedesca a difesa del Monte Lungo — che ancora oggi declina ogni merito di gloria e onestamente ammette di essere stato favorito dalla mancanza di collaborazione tra' italiani e americani — sono sufficientemente drammatiche, specie per chi intenda approfondirne i significati sotterranei. E' superfluo aggiungere, a questo punto, che l'obiettivo dell'articolo è la ricerca delle cause politiche di quella « mancanza di collaborazione ». Il dott. Carlo Nespolo di Ovada (che si qualifica co¬ a 8 o . e a — i e e ' e a i ¬ mandante di pattuglia osservazione tiro e collegamento, a Monte Lungo), in una lunga lettera — al termine della quale mi accusa di volere minimizzare il valore e la portata dell'episodio storico (ma non Le sembra, dott. Nespolo, di essere Lei a minimizzare quando preferisce definire « insuccesso temporaneo » anziché chiaramente strage la morte di 500 uomini in un paio d'ore?) — ironizza sul fatto che una semplice cittadina di Mignano possa azzardare testimonianze attendibili su un episodio di vita vissuta e scrive: «Terzo protagonista piii attendibile di tutti una... donna che detta la storia mentre prepara alcuni caffè dietro il banco del suo bar (sic!) ». Questo lettore forse ignorava che qualche centinaio di metri più a sud della pattuglia da lui comandata, nelle grotte intorno a Mignano, i vecchi, le donne e i bambini — fatti sfollare — furono tra i primi a soccorrere i soldati laceri, sanguinanti, imprecanti, in ritirata dalla trappola mortale delle pendici di Monte Lungo. Molti di questi soldati morirono tra le braccia dei civili e il ricordo di quella drammatica giornata è ancora vivo nella mente delle donne e dei ragazzi, oggi uomini, come se si trattasse di fatti accaduti ieri. I soldati, allora, maledivano i tiri degli americani perché ritenevano di essere sta- che americani. ti colpiti da proiettili americani. Oggi noi dobbiamo chiederci che cosa possa esservi di vero in affermazioni apparentemente tanto incredibili. Le ipotesi avanzateli sono due (e qui rispondo anche al collega Fulvio Cinti). La prima: ai soldati italiani era stato assicurato che Monte Maggiore (alla sinistra di Monte Lungo) sarebbe stato totalmente occupato dagli americani. La seconda: gli americani che occupavano la posizione di Monte Maggiore furono essi stessi sorpresi dalla fulminea avanzata italiana, che aveva travolto in poco tempo le prime linee tedesche, sicché nella loro azione di appoggio contro le postazioni tedesche avrebbero colpito (a causa della^ visibilità nulla) i fanti italiani. In ambedue i casi — pur restando valide le supposizioni fatte sul momento dai soldati italiani ingabbiati in una ridda di tiri frontali e incrociati — la realtà era che sulle pendici del Monte Maggiore i tedeschi mantenevano ancora in parte le loro posizioni. Sul Monte Maggiore quindi si trovavano sia tedeschi a e i - Quanto al « fare bella figura » ( questa umanissima e tradizionale forma di incitamento nostrana) non ho certo inteso offendere l'intelligenza dei soldati italiani (e mi riferisco ancora al dott. Nespolo), ma mettere in evidenza una situazione di fatto, che gravò come un incubo su governo e Stato Maggiore italiani. Churchill chiedeva contributi reali alla guerra e non, vampirescamente, il sangue di giovani italiani. Sulle pratiche riguardanti l'Italia (specie in quelle per l'invio di tonnellate e tonnellate' di derrate alimentari) il primo ministro inglese scriveva di proprio pugno, a caratteri cubitali: « Ma i fatti dove sono? ». Gli americani leggevano le secche annotazioni di Churchill, elargivano agli italiani riconoscimenti e incoraggiar menti pubblici, ma continuavano a restare sostanzialmente scettici sui reali contributi. Ancora oggi Robert Murphy (allora delegato politico di Roosevelt in Italia) dichiara: « Venendo in Italia noi non ricevemmo nulla, ma fummo immediatamente ob bligati a spendere sempre più denaro ». Tutto ciò non toglie nulla all'onore dei fanti italiani, anzi lo accresce e vi aggiunge un'impronta di purezza e di fede entusiasta, quelle stesse virtù che hanno caratterizzato altre imprese di guerra dei soldati italiani. A maggior ragione sorprende oggi la constatazione che in luogo di una volontà concreta di far luce sul passato perduri nei più la preferenza ad abbandonarsi alla facile caccia di streghe inesistenti. Massimo Sani

Luoghi citati: Brindisi, Italia