L'impiegato: "Scherzando ho spiegato ai mio amico com'era facile la rapina, e lui l'ha fatta davvero"

L'impiegato: "Scherzando ho spiegato ai mio amico com'era facile la rapina, e lui l'ha fatta davvero" Il colpo all'aeroporto di Caselle: la stima dei brillanti salita a 1 miliardo L'impiegato: "Scherzando ho spiegato ai mio amico com'era facile la rapina, e lui l'ha fatta davvero" Così si difende Claudio Olette - Gli hanno domandato: "Perché non hai detto subito che conoscevi il bandito?" - Risposta: "Avevo paura" - Il Richieri è ricercato in città - Arrestata una coppia di suoi amici: in un alloggio pieno di gioielli tenevano anche della droga Non è più un mistero 11 nome del bandito che ha fatto il colpo dei diamanti al deposito merci dell'aeroporto di Caselle. Lo ha rivelato Claudio Olette, l'Impiegato che da mercoledì sera era indiziato di concorso nella rapina. GII occhiali con lenti affumicate e 11 passamontagna di spessa lana belge nascondevano — secondo le sue ammissioni — il volto affilato di Giuseppe Richieri, 29 anni, abitante in corso Turati 23, con la moglie Cecilia, 19 anni, e un Aglio di due anni. Ordini di cattura per concorso In rapina sono stati firmati ieri dal sostituto procuratore, dott. Mardante, dopo 11 lungo Interrogatorio cui aveva sottoposto Olette: secondo l'accusa costui e Richieri hanno organizzato ed eseguito Insieme 11 colpo. Giuseppe Richieri non era sconosciuto alla polizia, da lunedi mattina nessuno lo ha visto. Si sa che conduceva vita balorda, la sua professione è incerta, anche se ostenta i segni più vistosi del benessere tra cui un'Alfa Romeo Montreal color arancio, il cui prezzo supera 1 sette milioni e mezzo. Secondo gli inquirenti è la macchina vista un'ora e mezzo prima del colpo dall'aviere di guardia alla palazzina dell'aeronautica militare. L'Alfa si era fermata a lungo sulla strada di Caselle e poi era ripartita: benché incerta, costituiva l'unica traccia del bandito mascherato. L'auto è stata rintracciata in mattinata dal mar. Pisacreta della Criminalpol nell'autorimessa Orsa Maggiore, in via Millefontl 51/A: ce l'aveva portata, lunedì pomeriggio, fra le 19 e le 20, Piero Canedda, cognato del Richieri. Di ottima famiglia Giuseppe Richieri aveva fin da giovane imboccato la strada sbagliata. A diciannove anni, in carcere a Marassi, condannato per furto d'auto, aveva tentato il suicidio gettandosi da una finestra al se- condo piano ed era rimasto in ospedale oltre sei mesi. Più tardi, a Torino, era stato coinvolto in una storia affatto chiara: colpi di pistola erano stati uditi nella sua casa e quando arrivarono gli agenti trovarono il giovane con un amico trentenne, Nicola Di Bartolo, detto « Dalidà ». Nell'alloggio ai corso Turati venne trovata un'intera colle- zione di armi antiche e, sotto un tavolo, una pistola 6,35. Richieri tornò in carcere per porto abusivo d'arma. Quali siano i suoi rapporti con Claudio Olette non è molto chiaro. Si conoscevano, comunque, da anni, e l'impiegato ora dice di avergli parlato una volta della possibilità di compiere un colpo all'interno dell'aerostazione, ma che l'altro avrebbe rifiutato dopo, però, essersi informato sull'organizzazione all'interno del magazzino. Ma, gli è stato contestato, perché queste cose non le ha dette subito? Perché non ha immediatamente rivelato di aver riconosciuto il « rapinatore solitario »? — Avevo paura. Ho moglie e tre figli: temevo una rappresaglia contro di loro. — Quando ha visto il volto del rapinatore? — Appena entrato: aveva il passamontagna alzato e quando ha spalancato la porta se lo è calato sul voto. — Perché Richieri non aveva accettato la proposta di fare il colpo assieme? — Non lo so. Io comunque, non ci pensavo più. Secondo gli Inquirenti, però, Olette già due volte, in precedenza, aveva tentato di mettersi d'accordo con pregiudicati per fare una rapina all'aeroporto. — Chi ha dato 11 pacchetto col diamante da sedici milioni al bandito? — Io, quando mi ha minacciato con la pistola: l'ho fatto nel¬ lagmtevtsrpdfdnatvMtcumntrsrsqainndsItb la speranza che si accontentasse. — Poi cos'è successo? — Non so altro, perché avevo gli occhi coperti dal maglione che mi aveva alzato fin sul capo. Inoltre mi erano caduti gli occhiali, e senza non ci vedo neppure da vicino. — Dunque il rapinatore ha fatto tutto da solo? — Per quanto ne posso sapere, sì. Secondo l'accusa, invece, sarebbe stato lo stesso Olette a prendere la chiave fra il mazzo di quindici, ad aprire la cassaforte e ad arraffare i pacchetti dei diamanti. Solo cosi, sottolineano gli inquirenti, il bandito avrebbe avuto il tempo di controllare e rincuorare, per cinque volte l'altro impiegato, Roberto Meneghini, chiuso e legato nella toilette. Olette nega, con decisione e calma. Ha fatto il suo racconto una ventina di volte, prima come « testimone utile alle Indagini », poi come « indiziato di reato », infine come accusato della rapina. Ha per la verità sempre seguito una sola traccia, ma i racconti non tutte le volte sono stati identici. « Zone d'ombra, qualche minima contraddizione, alcune inesattezze », che hanno insospettito il capo della Criminalpol, dott. Montesano, e il capo della Mobile, dott. Ioele. Si fruga nel passato di Olette, sì controllano le sue conoscenze. In un primo momento l'impiegato nega di ricordare il nome del bandito, poi ne fornisce alcuni inesatti: Beppe Maugeri, Barattieri, Ciglieri; quando gli viene mostrata la foto di Giuseppe Richieri, gli torna la memoria. Fra le amicizie di Richieri c'è anche Ugo Meinardi, 33 anni, barista; aiuta la moglie, Caterina Fornello, 29 anni, nel bar che la donna ge. stisce In piazza Bonchl 2. Gli uomini della mobile, col mar. Mari e i brig. Vergari e Robusto in piena notte fanno irruzione nel locale e perquisiscono l'alloggio che è nel retro. In un armadio viene trovato il fornito guardaroba di Caterina Fornello: fra l'altro una decina di pellicce nuove; in un cassetto del comò una stretta e lunga scatola d'argento, piena di gioie: brillanti, pietre lavorate, spille barocche con rubini e brillanti. Secondo una prima valutazione il valore si aggirerebbe sui cento milioni. In un'altra stanza numerosi pezzi d'argenteria: candelabri, vasellame, posate. Nascoste in fondo a un cassetto una quindicina fra carte d'identità e patenti falsificate: sopra nomi e fo. to di pregiudicati che la polizia sta ora cercando di rintracciare. Nello stesso cassetto un flacone con una cinquantina di pastiglie bianche: dal laboratorio, dove sono state subito inviate, si è saputo che contengono acido liser- gico, cioè Lsd. Esperti della polizia esaminano i gioielli per stabilire se sono di provenienza furtiva e se alcuni di questi non provengano dalla rapina di Caselle. Il colpo, secondo alcune voci, avrebbe fruttato « almeno un miliardo »: sarebbe questo il reale valore dei diamanti finiti nella cartella dell'uomo incappucciato. Ugo Meinardi e Caterina Fornello sono finiti in carcere sotto l'accusa di detenzione di stupefacenti. Secondo la polizia il piccolo bar del Meinardi potrebbe essere il luogo di ritrovo di una grossa banda di ricettatori, ladri e rapinatori. In questo giro di malavita Claudio Olette, che è difeso dall'avv. Armando Demarchi e dall'avv. Lageard, è un personaggio fuori posto: si è sposato dodici anni fa, ha tre figli, alle spalle una vita, non sempre fortunata, di lavoro. Ora, quando l'accusano, dice: «Mi hanno giocato, io non ho fatto niente ». La moglie conferma: « Non abbiamo debiti, le nostre esigenze sono modeste. Claudio in passato ha anche avuto in società con un altro, un magazzino di cosmetici, ma non aveva il pallino per gli affari ». E' stato dunque quest'uomo tutto casa e lavoro ad aver ideato il colpo « troppo perfetto » o veramente lo hanno giocato? Vincenzo Tessandorì Ezio Mascarino Piange sconvolta Cecilia Richieri, moglie del ricercato L'impiegato Claudio Olette - Giuseppe Richieri è ricercato - Gli arrestati: il barista Ugo Meinardi e sua moglie, Caterina, che è svenuta in questura

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