Tra i Romani i nostri padri di Luigi Salvatorelli

Tra i Romani i nostri padri LA STORIA D'ITALIA Tra i Romani i nostri padri Una quarantina d'anni fa si dibatté nel campo della storiografia italiana la questione degli inizi, limiti ed elementi della storia d'Italia. L'idea fondamentale da me sostenuta fu quella della « unità della storia d'Italia ». Io affermavo che dovesse considerarsi come età del pieno sviluppo della coscienza nazionale unitaria il secolo duodecimo, ma rimontando per i suoi inizi al tardo periodo romano. Intervenne ripetutamente nella disputa il Croce, il quale dapprima accettò in massima la tesi (da altri sostenuta) che la storia organica, pienamente sviluppata della nazione italiana, coincidesse con la creazione dello Stato unitario nel 1861; ma con preparazione, avviamenti, evoluzione intellettuale dal tardo Seicento attraverso l'illuminismo, il razionalismo, il romanticismo, e la graduale realizzazione attraverso le cospirazioni, rivoluzioni, guerre del Risorgimento. ★ * In un secondo tempo, invece, Croce negò ragion d'essere alla questione, dicendo che essa rispondeva a un concetto estrinseco di unità: non c'era altra unità all'infuori del problema critico e della sua soluzione. Al che io opposi (senza avere dal Croce risposta) che si trattava per me precisamente di un problema critico: che cosa fosse a conferire alla nostra storia una personalità unitaria, distinta da quella degli altri grandi Paesi europei. Un po' più tardi, nella introduzione bibliografica alla prima edizione del mio Sommario della storia d'Italia, precisai e ribattei la mia soluzione. «Rebus sic stantibus», è stata per me una gradita sorpresa il trovare nel primo tomo del quinto volume (Documenti) della grande e novissima Storia d'Italia Einaudi un ampio studio — di Lellia Cracco Ruggini e Giorgio Cracco —, L'eredità di Roma, con in testa un'ottima riproduzione di un bellissimo denario romano del primo secolo avanti Cristo rappresentante l'Italia con la cornucopia di fronte a Roma diademata che le tende la mano. Tutto il testo di questo studio (45 pp.) è una illustrazione della ben nota estensione, al tempo e per opera di Giulio Cesare, della cittadinanza romana alla Gallia Cisalpina, e dell'assorbimento di questa nell'organizzazione unitaria italiana, e del millenario risultato di un binomio « Roma-Italia » che dagli inizi dell'impero si prolunga fino addentro il Medio Evo. E' la luminosa conferma della giustezza della mia tesi unitaria, rievocata da quello studio ampiamente nella nota, con sostanziale consenso; ed è altresì la messa in pieno valore politico-etico delle tante evocazioni di Dante, Petrarca, e di autori ben più modesti, ma per ciò tanto più significativi, come Bindo di Cione, o chi altro sia, i cui versi: « Canzon mia, cerca il talian gi.irdino » sono posti nello studio accanto alla riproduzione del denario romano. Il testo e le note dello studio sono tessuti di citazioni di scrittori dell'età imperiale (Varrone, Plinio, Velleio Patercolo) che ripetono ed esal tano codeste associazioni di Roma e dell'Italia. Succedono testi del primo medioevo e della età comunale, in cui la presentazione e rivendicazione della personalità di Roma e dell'Italia associate è ripetuta. Secoli prima di Dante e di Petrarca abbiamo — al tempo longobardo — la « Causa Italiae » di Gregorio Magno, e Yexercitus italicus, che via via si specifica in esercito romano, ravennate, napoletano, e si arricchisce delle antichissime tradizioni preromane: abbiamo la invocazione alle scolte di Modena — al tempo delle invasioni saracene — che « dum vigil Hector extitit in Troia Non coepit eam fraudolenta Graecia ». Le rievocazioni e citazioni si chiudono con Benvenuto da Imola: « Italia est pulcrior domus mundi, cuius arx sive caput est Roma », e con Cola di Rienzo, per cu: tutte le città italiane erano « sorelle » di Roma, e i loro cittadini cittadini di Roma. E ancora agli inizi dell'età moderna si rievoca come « l'interesse per Roma nella storia d'Italia cedesse una volta tanto all'interesse per l'Italia nella storia di Roma »: e si ricorda il Machiavelli. * * Il volume quinto della storia einaudiana ha un ben preciso carattere di storia sistematica, organica: basta citare i titoli di talune altre trattazioni per intendere chiaramente il significato di codesto termine « sistematico »: Feudo e castello; La cultura della città prima dell'unità d'Italia; La popolazione italiana dall'inizio dell'era volgare ai giorni nostri; Arti e corporazioni. Dello stesso carattere, e anche più spiccato, è tutto il volume primo, che ha per titolo I caratteri originali. Citiamo anche per questo qualche titolo particolare: Agricoltura e mondo rurale; Diritto e società; Le forme del potere, classi e gerarchie sociali. Le trattazioni dei singoli temi fondamentali sono suddivise in una serie di capitoli che si succedono secondo un ordine sistematico-cronologico. L'insieme dei capitoli copre tutti gli elementi della vita nazionale, secondo le indicazioni unitarie date sopra. In qualche caso eccezionale si parte dalla preistoria. Insomma, abbiamo qui il tentativo grandioso di una analisi e sintesi di tutti gli elementi della nostra struttura e vita storica. Non potrei dire che la difficile impresa sia riuscita di un colpo alla perfezione: ma, pensando alla sua novità — si possono ricordare le Antiquitates italicae muratoriane — dobbiamo dire che si tratta di una realizzazione imponente. Avrei forse messo questo quinto volume col primo. S'intende che i controlli fra questa opera e le comuni esposizioni « evenemenziali » sono continui, gli intrecci e le doppie trattazioni inevitabili; ma non sono, al trar dei conti, pregiudizievoli. Spetta agli studiosi professionali, e a tutte le persone colte e nazionalmente coscienti, sostenere l'impresa con la propria comprensione e il proprio concreto favore. Luigi Salvatorelli

Persone citate: Cione, Feudo, Gallia, Giorgio Cracco, Gregorio Magno, Italia Einaudi, Machiavelli, Petrarca, Varrone