Diamanti: colpo da mezzo miliardo nella notte in un magazzino di dogana dentro l'aeroporto

Diamanti: colpo da mezzo miliardo nella notte in un magazzino di dogana dentro l'aeroporto Clamorosa rapina, compiuta da un uomo solo, nello scalo ''Città di Torino,, a Caselle Diamanti: colpo da mezzo miliardo nella notte in un magazzino di dogana dentro l'aeroporto Ore 3,20 - Uno sconosciuto entra nell'hangar con la faccia nascosta da un passamontagna - Spiana la rivoltella su due dipendenti Sagat; ne costringe uno ad immobilizzare l'altro con manette e cerotto - Poi si fa consegnare le chiavi di un armadio blindato, s'impadronisce di una scatola con un brillante - Reso inoffensivo il secondo impiegato, apre un'altra cassaforte, completa la razzia e fugge - Interrogate quattro persone fino a sera Mezzo miliardo di diamanti, un piccolo tesoro, è stato rapinato all'aeroporto di Caselle. Un colpo perfetto, condotto con estrema precisione da un bandito solitario, calmo, efficiente, esperto. Ma soprattutto, informato alla perfezione su come e dove cercare. I preziosi, brillanti per oreficeria e diamanti industriali, erano nella cassaforte del magazzino della società Sagat, in attesa di essere sdoganati: giunti una decina di giorni prima da Amsterdam, via Francoforte, erano destinati a gioiellieri di Valenza, Alessandria e Asti. Il valore della merce rapinata, denunciato alla dogana, è di 491 milioni. Le indagini seguono varie tracce: si fruga fra 1 ricettatori torinesi, ma gli inquirenti non escludono che l'impresa sia stata progettata da una banda internazionale con «corrispondenti» nel nostro Paese. Non è escluso che 1 diamanti abbiano già varcato la frontiera e che vengano offerti in mercati meno «chiusi» di quello italiano dove l'offerta dei compratori senza scrupoli non supera mai il 30 per cento del valore. Il colpo in piena notte, alle 3,20. Nell'ufficio della Sagat, separato dal resto del magazzino da una parete e da una porta chiusa a chiave, vi sono due dipendenti: Roberto Meneghini, 25 anni, Caselle, via Gibellinl 21, da cinque anni impiegato nella società che gestisce l'aeroporto, e Claudio Oletta, 33 anni, abitante a Torino via Pigafetta 40, alla Sagat da sei anni. Meneghini, dietro una scrivania, controlla alcune bollette; 11 suo collega è sdraiato su una branda. Fuori cade neve fitta e soffia un vento gelido. Nel grande magazzino davanti all'ufficio, dietro cataste di casse e scatoloni lavorano altri due addetti: Enzo Zauri, 26 anni, di Pescina (L'Aquila), abitante a Lanzo, via Torino 20, e Giacomo Perino, 30 anni, di Ceresole, Caselle strada Ciriè 29. Dall'altro lato del magazzino, a 120 metri circa di distanza, c'è un box dove, anche di notte, rimane una guardia di finanza. La porta che dà sull'esterno si spalanca: nel vano un uomo col volto nascosto da un passamontagna grigio, sugli occhi lenti affumicate, semicoperto di neve. 1 due impiegati pensano che si tratti di un collega, gli gettano uno sguardo distratto. Non si accorgono subito della grossa rivoltella che lo sconosciuto stringe nella destra e della borsa di cuoio nell'altra mano. Lo sconosciuto è alto circa un metro e settanta, indossa soprabito belge e calza guanti di pelle chiara. Guarda i due, poi intima: «Alzate le mani: è una rapina». Parla senza inflessioni particolari. Quando gli impiegati tornano a guardarlo, sbalorditi, estrae dalla borsa due pala di manette a scatto, di «tipo americano», ma costruite in Spagna e in vendita anche a Torino a poco più di 5 mila lire il paio. Il bandito si avvicina a Oletta e gli ordina: «Mettile al tuo collega, con le braccia dietro la schiena». Po' fa cenno ai due di seguirlo fino al gabinetto la cui porta si apre prima di giungere al magazzino. Porge a Oletta un rotolo di nastro isolante largo: «Fermagli le gambe e chiudigli occhi e bocca». La tensione tende a salire pericolosamente. Di quegli istanti Claudio Oletta ricorda: «Le mani mi tremavano, il rotolo del cerotto mi scappava da ogni lato». Pei prevenire una crisi 11 bandito dice con voce gentile, quasi accomodante: «State calmi. So che siete solo degli impiegati, non c'entrate per niente in questa faccenda». Poi chiude la porta e spingendo avanti Oletta, torna nell'ufficio. Al giovane intima di aprire il forziere, un Fichet-Bauche blindato profondo un metro. All'interno c'è uno scatolino che contiene un brillante del valore di 16 milioni, e le chiavi degli altri due armadi blindati che sono nel magazzino. Il bandito si fa consegnare il pacchetto, lo ripone nella borsa e sceglie la chiave della cassaforte « giusta », quella con i diamanti. Quindi decide di fare a meno anche del¬ l'involontaria collaborazione di I gClaudio Oletta: con le manette I ggli blocca le braccia dietro la | dschiena, gli siglila la bocca col | gnastro isolante e gli tira il ma. , I glione fin sugli occhi. Poi si diri I ge alla scrivania dov'è la chiave | della porta che immette nel ma | gazzino vero e proprio, , Oltre alla serratura c'è an¬ che un filo di ferro chiuso da un piombino che serve per controllo. Nel cassetto. In mezzo a quattordici chiavi, 11 bandito non ha difficoltà a trovare quel- la voluta. Oltre alla serratura a chiave c'è anche la combinazione, ma da un mese, per comodità non viene usata. Pochi secondi e anche 11 secondo for Inmndi tozlcre è aperto. Ventiquattro pac- i „l,„((l r.nr, ritornanti flnlcnnn I Uchettl con diamanti finiscono I nella borsa, altri 14 vengono Invece trascurati. Ogni scatola pesa 500 grammi, Il bandito se ne va con una borsa preziosa che pesa 12 chili e mezzo. Quando si allontana nessuno lo ! vede, s'ignora se all'esterno avesse un complice. Unica traccia il racconto di un aviere, Carlo I Perti Carrà, 20 anni, di guardia I alla palazzina del settore militare. Ha detto: « Alle 2,30 ho visto un'auto provenire da Caselle. Era una grossa sportiva, forse un'Alta Romeo Montreal, o una Matra 0 una Dino. Si è fermata una | ventina di minuti e poi è ripartita. Ho pensato a una coppiette ». Nessuna indicazione può for- \ nire la guardia di finanza a cui tutta la scena è rimasta nascosta da cumuli di casse. Il bandito ha mezz'ora di tempo per allontanarsi indisturbato. 1 due impiegati, malgrado gli sforzi, non riescono a liberarsi, poi finalmente Meneghini strappa faticosamente il nastro Isolante dalla bocca di Oletta. Finalmente i due tornano nell'ufficio e con la radio ricetrasmittente danno l'allarme all'ufficio di polizia dell'aeroporto. Accorrono gli uomini di servi, zio dell'aeroporto, da Torino il questore dott. Santino, il capo della Mobile. Ioele, il capo della Criminalpol, Montesano, che accompagna sul posto il dott. Allitto Bonanno, ispettore per gli aeroporti dell'Italia settentrionale. Inoltre i funzionari Fersini. Vinci, Baranello. Da Venaria giungono il capitano Lo Grano dei carabinieri. Tra i primi gli uomini del Nucleo investigativo, alcuni ufficiali della guardia di finanza. Iniziano le indagini, in questura vengono sentiti Oletta e Meneghini e, nel pomeriggio, anche 1 due dipendenti che lavorano nel magazzino, oltre le cataste di merce. I colloqui si prolungano fino a tarda sera. Stupisce soprattutto che un uomo solo abbia rischiato di affrontarne due, ad detti a tre casseforti. Unica spiegazione plausibile, secondo gli inquirenti: sapeva che gli impiegati non erano armati. I soli telarpinpdafddsgprgapnrtgcsaapLnmrmiF«tgslFmclllllltllI.IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIlllIllltllllllllllll Indizi sui quali possono per il momento lavorare sono: le manette, una pila tascabile, un paio di guanti. Nient'altro. Non mol to per scoprire l'autore di un .„ n sembra « tr0DD0 r>er- UUi«,U SBUlOrB « iroppU pBf- tetto ». Claudio Oletta e Roberto Meneghini, sono stati immobilizzati con le manette - Enzo Zauri e Giacomo Perino Ceresole - Il capo della Criminalpol Montesano e l'ispettore Allitto nCc